Formazione: Poli formativi o società miste?

Poli formativi o società mista? Una bella domanda. E come dire, privato o pubblico? Il tema è di quelli che non ammettono sottrazioni intellettuali. Di scena, la formazione professionale. Quale futuro l’attende?

La formazione professionale, alla quale questa testata giornalistica dedica almeno un approfondimento al giorno, continua a tenere banco. Un settore sotto l’occhio del ciclone e costantemente chiacchierato. Un budget pubblico di 900 milioni di euro volete che non desti qualche attenzione? Siamo in Sicilia, mica in Piemonte.

Sarà solo curiosità, o c’è dell’altro? Il tema è eccitante. Dare un volto al sistema della formazione professionale siciliana è quello che, tra mille difficoltà, si sforza da oltre due anni di fare l’asse politica Mpa-Pd-Fli. La nuova formazione professionale, quella che viene fuori dalla riforma, come sarà? Di natura privatistica o pubblicistica? Proviamo a ragionarci su.

Si può puntare sui Poli formativi oppure sulla partecipata a maggioranza pubblica. Il concetto di polo formativo è stato fortemente voluto da Mario Centorrino, già assessore regionale all’Istruzione e Formazione professionale (carica oggi ricoperta da Accursio Gallo). L’impostazione trae origine dalla sostanziale modifica dell’impianto normativo regionale che supporta il settore della formazione professionale. Concentrare in pochi agglomerati formativi l’intero monte orario formativo che in Sicilia sfora i 2 milioni di ore. Quindi poche società di capitali a gestire l’intero affare della formazione.

Quindi serviva abrogare le leggi regionali o disapplicarle. Ci ha pensato Ludovico Albert, dirigente generale del dipartimento Istruzione e Formazione professionale, uomo di punta del Pd nazionale e vicinissimo a Pietro Fassino, Sindaco di Torino. Albert, firmando la circolare n.31 del 5 dicembre 2011, ha dato il via libera alle aggregazioni dei poli formativi. Infatti, la nuova procedura consente di trasferire non solo la titolarità di un ente ma tutto, proprio tutto. Dai beni immobili, ai beni mobili, e quindi le attrezzature, i lavoratori informatici, estetici, di ceramica, etc.

Riportiamo un passo della suddetta Circolare: “…si ha cessione di azienda quando i contraenti pattuiscono il trasferimento dei beni organizzati in vista dell’esercizio di un’attività, essendo necessario che il complesso dei beni presenti un’attitudine a tale esercizio: in tal senso, si ammette la sussistenza di una cessione di azienda se risulta che le parti hanno inteso trasferire non una semplice somma di beni, bensì un complesso organico unitariamente considerato”. Quindi il 5 dicembre 2011 rappresenta lo spartiacque tra il passato ed il futuro, tra un assetto pubblicistico ed uno invece privatistico. Infatti, Albert avvia la stagione degli accorpamenti e delle fusioni. Proprio così: autorizza, in buona sostanza, il trasferimento di capitali, immobili, mobili, attrezzature da un Ente formativo ad un altro.

Qualche dubbio ci sovviene. Ma gli enti formativi non operano esclusivamente con fondi pubblici (regionali, nazionali e comunitari)? L’attività erogata non è disciplinata dall’articolo 1 e seguenti della legge regionale n. 24 del 6 marzo 1976? Non sono forse Enti strumentali della Regione siciliana i soggetti titolati allo svolgimento delle attività corsuali in nome e per conto della Regione? E com’è possibile che ciò che è di proprietà della Regione siciliana possa essere oggetto di compravendita tra privati?

La stessa l.r.24/76 all’art. 21 prevede che: “ I beni mobili prodotti dalle esercitazioni pratiche non utilizzabili nei centri o nei corsi sono assegnati gratuitamente, con decreto dell’ Assessore regionale per il lavoro e la cooperazione, ai comuni o ad enti pubblici di assistenza e beneficenza”. Quindi con l’emanazione della circolare n.31/2011 Albert pone il sistema formativo fuori dal quadro normativo regionale. E lo fa con norma amministrativa e non attraverso un percorso legislativo.

Tutto ciò ha innestato un vero e proprio mercato “delle vacche grasse”. Gli enti formativi si stanno preoccupando di chiudere i propri bilanci in attivo, e quindi in utile. Ciò per rendere appetibile la proposta di vendita dell’ente. Ma gli enti formativi che dovrebbero mantenere un assetto di soggetto senza finalità di lucro, stante alla previsione dell’art.1 della lr.24/76, come possono lucrare? Probabilmente allungando il periodo di Cassa integrazione per parte del personale, pur in presenza di un finanziamento già assegnato dall’Avviso 20/2011. Oppure potrebbe darsi che riescano a lucrare sui 129 euro di costo unitario ora/allievo destinato per le spese generali.

Si tratta di sole ipotesi. Se fosse vero, questo potrebbe in parte spiegare il perché certi Enti abbiano già modificato il proprio assetto societario. E’ il caso dello Ial Cisl che si trasforma in Spa. Oppure come l’Enfap Uil che si appresta ad indossare la casacca di società di capitali. Qualcuno addirittura si è spinto oltre immaginando un approccio simile anche al Cefop. Ente gestito atipicamente per via della presenza di commissari ministeriale nominati per gestire lo stato di insolvenza. Secondo alcuni, ma non ne siamo convinti, il Cefop si appresterebbe a ridurre il proprio personale per sanare il bilancio. Questo consentirebbe di procedere alla cessione dei rami d’azienda. Procedura che, per la verità, è tra quelle contemplate dal Decreto Legislativo n. 270 dell’8 luglio 1999.

Sono considerazioni ovviamente opinabili. La verità la conosceremo nei prossimi mesi. Ma se sono aziende che hanno erogato un servizio formativo come possono assumere una veste societaria difforme dall’art.1 della lr 24/76? Moltiplicare il denaro pubblico è una nuova moda? Lo si può fare? Parrebbe proprio di sì.

Poi l’altro scenario. La creazione di una società partecipata a prevalente capitale pubblico. In tal caso si è già dentro il quadro normativo regionale. Quindi, un percorso avviato anche da proposte parlamentari per la creazione di una società al 51 per cento della Regione siciliana ed al 49 per cento degli enti formativi. Enti formativi operanti secondo il regime della lr 24/76 e successive modifiche e d integrazioni, in possesso di personale assunto a tempo indeterminato entro il 31 dicembre 2008.

In tal modo, il personale in esubero, secondo quanto previsto dall’art.14 della lr 24/76, potrebbe essere collocato anche fuori dal sistema formativo dalla stessa società partecipata. Quindi la società mista non solo si occuperebbe di coordinare e vigilare sulle attività formative, ma attuerebbe anche percorsi di politica attiva sul lavoro attraverso il ricollocamento del personale garantito dall legge regionale n.25 del 1° settembre 1993.

Due filosofie diverse. Due approcci opposti. Uno di natura privatistica e l’altro legato alla sfera pubblicistica. Entrambi hanno però un elemento in comune: il denaro di fonte pubblica. Sia nel primo che nel secondo caso appare scontato che chiarezza e trasparenza dovrebbero costituire gli assi di riferimento in chi ha il ruolo di sintesi. La difesa del generale interesse all’accesso ai percorsi formativi oltre che alla garanzia del posto di lavoro sono gli obiettivi prioritari. Ed a questi ci ispiriamo nel commentare o proporre spunti di confronto sul futuro del settore.

Sono 9.300 circa i lavoratori e l’attuale investimento finanziario è intorno al miliardo di euro. Cifre da capogiro, altro che crisi.


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