Invece di inviare freddi comunicati stampa, i candidati a sindaco e al consiglio comunale - di palermo o di altre città della sicilia - se lo vogliono, possono inviare una lettera scrivendo liberamente le proprie impressioni su incontri, convegni e fatti vari, avendo come limite il buon gusto e il codice penale.
Leoluca Orlando e le 4 sedie vuote
Invece di inviare freddi comunicati stampa, i candidati a sindaco e al Consiglio comunale – di Palermo o di altre città della Sicilia – se lo vogliono, possono inviare una lettera scrivendo liberamente le proprie impressioni su incontri, convegni e fatti vari, avendo come limite il buon gusto e il Codice penale.
Oggi riceviamo e volentieri pubblichiamo questa lettera
di Loris Sanlorenzo
Ho partecipato poche ore fa all’incontro promosso dall’AGESCI di Palermo per offrire al confronto i candidati a Sindaco, come si usa in ogni organizzazione o associazione, rispettose del pluralismo, in occasione di significative competizioni elettorali.
Da capo e quadro dell’Associazione sin dal 1981, sono stato lieto di vedere una folta partecipazione di ben 2 generazioni di educatori scout cresciute e qualificatesi in questi anni e una moltitudine di rovers e scolte appena approdati alla soglia dell’età in cui si comincia ad esercitare il diritto/dovere del voto.
Avrei desiderato a loro beneficio un vero confronto tra idee-forza, tra visioni anche contrapposte del futuro della Città, tra reciproche sfide intellettuali e politiche atte al alzare il livello dell’incontro. Eppure, ancora una volta, intorno a Leoluca Orlando ho visto solo quattro sedie “vuote”.
Sulla prima ho visto seduta un deputato regionale, a lungo vicesindaco di Diego Cammarata, annaspare cercando mettere insieme promesse buone per tutte le stagioni, idee vecchie ed abusate, slogan sentiti altrove.
Sulla seconda ho visto, pur con rispetto, il volto segnato di chi per anni ha lottato contro la mafia, prima da solo, al punto di dover essere costretto all’esilio “per motivi di sicurezza”, incapace però di articolare il benché minimo ragionamento sul futuro della Città, sul suo ruolo nel mondo dela globalizzazione, sulle sue potenzialità di capitale del Mediterraneo uniche vie per sconfiggre quel mostro tanto evocato stasera.
Sulla terza ho visto una bella e generosa intelligenza sprecarsi in slogan dietro i quali altro non vi è che la protesta sterile di un’antipolitica destianata ad essere “usata” in modo più o meno consenziente e, nel frattempo, sideralmente distante da ogni minima manifestazione di cultura di governo.
Sulla quarta sedia ho visto cosa può accadere ad un giovane promettente quando si lascia travolgere, mal consigliato innanzitutto dalla propria coscienza e a seguire da cattivi maestri, dalle lusinghe dell’ambizione e dalle sirene cui è incapace di non dare ascolto, perché gli promettono un futuro che non c’è e a quel futuro finisce con il credere, mentre invece si avvicina all’abisso del discredito politico.
Infine al centro, tra quelle quattro sedie vuote ne ho visto una che sembrava da esse distante miglia e miglia, che si innalzava di diversi palmi dal livello del pavimento.
Ho visto così Leoluca Orlando, su quell’unica sedia occupata, ascoltare pazientemente le affermazioni politicamente schizofreniche di Marianna Caronia, le esternazioni senza speranza di Gioacchino Basile, i velleitarismi di Riccardo Nuti, le parole di Fabrizio Ferrandelli, malamente copiate dal linguaggio del suo antico mentore, ma lontane anni luce nel contenuto e nel comportamento politico e nella percezione di quella soglia etica che ha ormai tragicamente varcato.
Orlando avrebbe potuto con poche brevi frasi annichilire ciascuno di essi, avrebbe potuto far emergere la loro inconsistenza politica e amministrativa, avrebbe saputo con poche pennellate disegnare quella Palermo il cui affresco progettuale conserva con attenzione e riserbo per il gran finale di questa campagna elettorale. E ha lasciato così che i suoi competitors affastellassero proposte su proposte, soluzioni parziali e tentativi di captare la benevolenza dell’uditorio. Orlando ha lasciato che ciascuno di essi mostrasse i propri limiti: politici e amministrativi per tutti, culturali per molti, etici per qualcuno.
Ad una platea di oltre duecento persone, in larga parte giovani e giovani adulti, ha mostrato senza esibizioni né narcisismi la sua capacità di far sognare quel cambiamento che Palermo attende ormai da più di un decennio. In sovraimpressione della sua ombra proiettata sulla parete retrostante, sono passate immagini indimenticabili e talmente potenti da disegnare, come con il raggio di un laser, la strada di domani per una città che sembra aver perso anche il suo oggi.
Per pochi attimi si sono viste le immagini dei grandi della Terra, giunti a Palermo negli anni in cui era sindaco per rendere omaggio a una città passata da bene assoluto ad un’ardua ripida salita verso il massimo bene. Per qualche secondo si sono viste scuole riscaldate, funzionanti e con la mensa, aziende municipalizzate risanate che oggi farebbero la ricchezza di Palermo per il solo valore degli assets patrimoniali, spazi dimenticati fiorire di musica, pittura, danza e fotografia, poveri e sbandati andare fieri di essere identificati con la sua figura, imprenditori e professionisti gloriarsi nel mondo dell’averlo come sindaco, il Personale comunale tornare ad essere fiero di lavorare, con o senza straordinario, per collaborare alla costruzione di un sogno possibile e, giorno dopo giorno, visibile e concreto, il Palazzo delle Aquile aperto giorno e notte e scintillante di luci, la marea di palermitani attenderlo all’incrocio dei Quattro Canti per sentirgli gridare a pieni polmoni W Palermo e Santa Rosalia !, amando credere, con la genuità dei più semplici, che la Santuzza lo guidasse per mano, tenendo lantene antiche e nuove pestilenze da Palermo.
Lo si è visto a Berlino e a New York, a Toronto e a Saigon, a Bogotà e a Washington, a Camberra e Lagos promuovere senza sosta la sua città, la nostra Città con l’inesauribile forza di chi sa che “un giorno sarà bellissima” e lavora senza pausa per tale obiettivo, sapendo di dovervi assolvere come ad un debito contratto con Piersanti Mattarella, con Beppe Montana, con Nini Cassarà, con Giovanni Falcone, con Paolo Borsellino, con Padre Puglisi.
Nulla di tutto ciò Leoluca Orlando ha detto ieri sera ai duecento scout presenti. Ma non ce ne è stato bisogno perché molto egli lo ha mostrato direttamente comunicando tra cuore e cuori, tra cervello e cervelli, tra memoria ed emozione. E nulla poteva essere più gradito a chi, cresciuto attraverso i momento magnifici che l’educazione scout propone ad ogni fascia d’età, segnado la vita delle persone, sa bene quanto potente sia l’immaginazione quando sa creare mondi reali a cui si desidera appartenere e di cui si vuole, ad ogni costo essere protagonisti.
Ieri Leoluca Orlando ci ha fatto percepire tre cose molto importanti:
il valore di una Città, come insieme di persone e di comunità, di cultura e di impresa, di sentimento e di razionalità, un’alchimia inspiegabile e pure misurabile dal livello di audacia del progetto che sa darsi e dagli effetti che genera;
la testimonianza di un grande gesto di amore per una Città in nome della quale egli sta rinunziando a molto del suo futuro politico nazionale e internazionale;
l’urgenza di condividere la sua esperienza e il suo innegabile e concreto carisma con il maggior numero possibile di giovani, non perchè lo imitino o ne diventino simulacri sbiaditi,vasi incrinati risuonanti dellincoerenza che ora vi alberga, ma perchè sappiano salire un giorno, con gratitudine ed affetto, sulle sue ampie spalle per guardare più avanti e più lontano.
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