La protesta non si ferma. E, contrariamente a quanto pensavano - sbagliando - i nuovi 'filosofi' del pensiero inutile, i siciliani continuano a non capire chi non li capisce. O chi finge di non capire la loro rabbia. Il movimento, oggi, segna un grande passo avanti: la presenza degli studenti accanto a chi si batte per un paese più giusto. Già, paese. Perché ormai - e di questo si sono accorti anche gli osservatori internazionali (oggi pubblichiamo un illuminante articolo scritto da stefano vaccara da new york) - è tutta l'italia che chiede conto e ragione a chi ha condotto l'italia allo sfascio. Una protesta che, partita dalla sicilia, si sta diffondendo in tutto il paese.
Studenti in piazza, “mafiosi” anche loro?
La protesta non si ferma. E, contrariamente a quanto pensavano – sbagliando – i nuovi ‘filosofi’ del pensiero inutile, i siciliani continuano a non capire chi non li capisce. O chi finge di non capire la loro rabbia. Il Movimento, oggi, segna un grande passo avanti: la presenza degli studenti accanto a chi si batte per un Paese più giusto. Già, Paese. Perché ormai – e di questo si sono accorti anche gli osservatori internazionali (oggi pubblichiamo un illuminante articolo scritto da Stefano Vaccara da New York) – è tutta l’Italia che chiede conto e ragione a chi ha condotto l’Italia allo sfascio. Una protesta che, partita dalla Sicilia, si sta diffondendo in tutto il Paese.
Certo, il presidente Monti e i suoi banchieri – banchieri che sono i responsabili della crisi in cui è piombata l’Italia – cercano ancora di farci credere che le responsabilità di quanto è successo e di quanto sta succedendo è del debito pubblico. Peccato che in Italia il debito pubblico – che comunque è un problema serio – ce lo portiamo dietro dalla seconda metà degli anni ’80 del secolo scorso. Se oggi l’Italia è in crisi è perché ci siamo infognati in un’area euro gestita con i piedi dalla BCE e da Germania e Francia, come ha dimostrato, numeri alla mano, la scorsa settinama il nostro preziosissimo Gabriele Bonafede.
In Sicilia la crisi raggiunge livelli ormai intollerabili. Con intere categorie – agricoltori, pescatori e autotrasportatori – ridotte alla fame. Davanti a questa protesta di popolo, i due Emile Durkheim in salsa sicula, al secolo Ivano Lo Bello e Piero Grasso – presidente di Confindustria Sicilia il primo, Procuratore nazionale antimafia il secondo – non hanno trovato di meglio che filosofeggiare su eventuali “infiltrazioni mafiose” tra chi protesta perché a pranzo e a cena non sa che cosa mettere in pentola. ‘Geniali’.
A questi signori – e a chi continua a non capire il senso di questa protesta – la migliore risposta la stanno fornendo i giovani che oggi scendono in piazza a Palermo. Per gridare ai quattro venti che, continuando di questo passo, tra qualche anno, quando proveranno a cercare di lavorare, a loro non resterà che quello che lo scrittore Stefano D’Arrigo, a proposito dei siciliani, chiamava “l’antico futuro di vivi”: l’emigrazione.
Quella dei giovani è una protesta sacrosanta. Dietro c’è la voglia di riprendersi la propria vita. Per sensibilizzare un governo nazionale di ‘ragionieri’. E per provare a svegliare una politica siciliana sorda ad ogni istanza di rinnovamento. Non è un caso che, mentre i giovani siciliani si organizzano, tre ‘vecchi arnesi’ della vecchia politica siciliana – Raffaele Lombardo, presidente della Regione Siciliana, Antonello Cracolici, capogruppo del Pd all’Ars e il parlamentare nazionale del Pd, Giuseppe Lumia – provano in queste ore a organizzare, con sotterfuggi e raggiri, la ‘distruzione’ della candidatura di Rita a Borsellino a sindaco di Palermo. Per riportare la città indietro, invece di farla progredire.