Acireale, dalle violenze a una nuova vita «Io, vittima del bullismo dei ragazzi arrestati»

Ricordi e paure, ma anche la consapevolezza di essersi lasciato il passato alle spalle. Mario, nome di fantasia, è uno dei tanti che alla notizia degli arresti di Gaetano Lizzio e Cristian Arcidiacono – due dei componenti della piccola banda che per mesi ha imperversato ad Acireale, derubando e picchiando diversi ragazzi – ha tirato un sospiro di sollievo. Anche lui, infatti, è stato vittima in passato delle angherie di uno dei due giovani. Una situazione che, nata per caso, lo costrinse in breve tempo a rinchiudersi in casa, per il timore di imbattersi nella violenza di colui che per un po’ di tempo sembrava addirittura poter diventare un amico.

I fatti risalgono a sette anni fa e si svolgono in pieno centro cittadino: «Ho conosciuto uno dei due arrestati – racconta il giovane -. Era il 2007, all’epoca avevo 17 anni, lui forse qualcuno in meno. Avevo da poco iniziato a frequentare un gruppo di ragazzi che si ritrovava nei pressi di piazza Duomo, tra cui lui. Sembravano persone tranquille». La buona impressione, però, svanisce presto: «Poco tempo dopo – prosegue – le cose sono cambiate, ha iniziato a prendermi di mira senza darmi pace. Le minacce si alternavano agli insulti rivolti a me e alla mia famiglia. Uno stato di continua violenza psicologica».

E dagli attacchi verbali all’aggressione fisica il passo è breve. «Non appena ero da solo, iniziava a spintonarmi, mi tirava per la maglietta fino a sbattermi contro il muro e picchiarmi. Poi mi chiedeva soldi, sempre. Quanti non è importante: a volte un euro, a volte cinque, altre dieci». Tutto questo va avanti per parecchi mesi, in un crescendo di paura che porta Mario a rinunciare pure a uscire di casa. Poi, un giorno, la decisione di denunciare l’accaduto ai carabinieri, la convinzione di potere così ritrovare la tranquillità e mettere la parola fine a quello che, giorno dopo giorno, si era trasformato in un incubo.

Ma le cose non vanno come sperato. «I carabinieri – spiega Mario – mi dissero di non poter accogliere la mia denuncia, perché non c’erano elementi a sufficienza per intervenire. Ciò mi segnò, perché pensavo di trovare giustizia, di poter fare affidamento in un pronto aiuto». Quell’episodio trasforma la vita di Mario in una segregazione volontaria fino al giorno in cui, per altri motivi, decide di lasciare la Sicilia: «Quando sono partito mi sono tranquillizzato – continua -. Aver letto la notizia di quegli arresti non mi ha stupito. Pur avendo perso i contatti, non escludevo che quel ragazzo avesse potuto continuare ad avere quei comportamenti, anche se speravo che crescendo si sarebbe calmato».

Ritornato da qualche tempo in Sicilia, le paure di Mario fanno oramai parte del passato: «Oggi non avrei più paura anche se li rincontrassi – conclude -. L’esperienza fuori mi è servita molto». Anche se il problema bullismo continua ad assillare tanti giovani: «Al di là di quel che accadde a me, bisogna denunciare – conclude Mario – e parlare con i genitori. Queste persone devono essere affrontate senza rinchiudersi in se stessi».

Foto di Al Rino Del Vecchio]


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I fatti risalgono al 2007, quando Mario, nome di fantasia, conobbe uno dei due giovani arrestati negli scorsi giorni con l'accusa di aver seminato il terrore tra gli adolescenti acesi. Una storia fatta di paure e violenze, fino alla decisione di non uscire più di casa, ma anche la voglia di cercare giustizia: «Adesso posso dirlo: bisogna denunciare e parlare con i genitori»

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