Terza settimana di protesta contro la paventata chiusura della raffineria. Gli operai non mollano la presa e rafforzano i presidi, rallentando il traffico e distribuendo volantini per lo sciopero del 28 luglio. Ma cominciano a emerge la stanchezza e la sfiducia. Intanto lEni continua a promettere investimenti, ma salta tutti i tavoli di confronto. A rischiare di più sono i lavoratori dellindotto
Gela, Eni diserta gli incontri con le istituzioni «Se non ci muoviamo, non resterà nulla»
Alla terza settimana di protesta gli operai non credono più alle giornate cruciali per la risoluzione della «vertenza Raffineria di Gela». E la giornata di martedì 22 luglio sembra confermare le cupe previsioni. Da quando lEni, il 2 luglio scorso, ha presentato il nuovo piano industriale che mira, tra le altre cose, ad «un ambizioso programma operativo di riduzione e ottimizzazione dei costi mirato al recupero di profittabilità nella R&M (raffinazione e distribuzione di carburanti e prodotti petroliferi ndr)», la strategia del cane a sei zampe si è subito palesata. Nessun confronto con le istituzioni locali in merito alle 4 raffinerie che rischierebbero di chiudere per trasformarsi in depositi di greggio. Ovvero Livorno, Venezia, Taranto e appunto Gela. Col solo centro di Sannazzaro, in provincia di Pavia, che dovrebbe raccogliere e lavorare le estrazioni petrolifere di tutta Italia.
Le rassicurazioni sui giornali non convincono gli operai in lotta da 20 giorni per difendere il posto di lavoro. A Gela la protesta è particolarmente forte. Coinvolti 3500 tra lavoratori tra diretto e indotto. Allaudizione con la terza commissione all’Assemblea regionale siciliana per le attività produttive erano presenti i sindacati confederali. Mancavano però i protagonisti del dibattito, i vertici Eni. Non lha presa bene il presidente della commissione Bruno Marziano. «Si tratta di uno sgarbo istituzionale ha detto nei confronti di chi si è sempre dimostrato sensibile alle ragioni dellimpresa». In realtà non era lunica assenza di rilievo. Mancava pure Rosario Crocetta, che da presidente della Regione Siciliana nonché ex sindaco della città di Gela ed ex dipendente Eni avrebbe potuto fornire qualche ragguaglio in più.
Intanto i lavoratori in lotta promuovono nuove forme di protesta. Nella giornata di lunedì hanno invaso via Venezia, una delle arterie principali della città, disattendendo le indicazioni di sindacati e forze dellordine. Con un corteo selvaggio che ha provocato disagi e rallentamenti nel traffico. Mentre martedì hanno approfittato del mercato settimanale per distribuire volantini e convincere i cittadini a partecipare allo sciopero proclamato il 28 luglio. Per quella data la Cgil ha emesso un comunicato in cui ha confermato la presenza del segretario nazionale Susanna Camusso. Una manifestazione che precederà di un giorno il corteo nazionale a Roma per chiedere allEni di rivedere le proprie decisioni aziendali. Inoltre sono stati rafforzati i presidi e i blocchi attorno la Raffineria di Gela. Entrano solo i lavoratori indicati dal prefetto di Caltanissetta Carmine Valente che assicurano la sicurezza degli impianti. Non mancano le tensioni, specie al cambio turno. «Ogni giorno assistiamo alla vergogna di nostri colleghi assicura Luigi, uno dei dimostranti che provano ad intrufolarsi tra i precettati indicati dalla prefettura. Vogliono andare a lavorare, non lhanno ancora capito che qui se non ci diamo una mossa non resterà più nulla». Perfino al centro direzionale Enimed i quadri e i dirigenti si dicono daccordo con la protesta. Tanto da accogliere quasi con un sospiro di sollievo il nuovo presidio che sè creato lunedì.
[Foto di Miriam Alè]