Ieri sera l'autore del monologo teatrale Librino e giornalista dei Siciliani giovani ha partecipato a una riunione nella sede dell'associazione di via Cordai. Con un obiettivo: elaborare delle proposte operative, da presentare alle istituzioni, per far sì che quello di venerdì scorso al palazzo di cemento resti un episodio isolato. Tra le proposte emerse, da rappresentanti politici, di associazioni, e semplici amici, anche la riproposizione dello spettacolo che lo ha reso famoso. E una esplicita richiesta di Luciano: tornare a fare informazione nel quartiere, ripartendo dall'esperienza, conclusasi un paio d'anni fa, del mensile La Periferica
Luciano Bruno, al Gapa dopo l’aggressione Presto tre proposte operative per Librino
Gli amici, i conoscenti e i «compagni» di Luciano Bruno si sono riuniti ieri sera al Gapa di via Cordai. Con un solo punto all’ordine del giorno: «Da soli non si vince». Lo spunto è quanto accaduto venerdì scorso, in viale Moncada 3, dove Luciano è stato aggredito da sei sconosciuti, perdendo un dente a causa delle percosse. Insieme alla macchina fotografica che portava al collo. Così alla riunione operativa, aperta a tutti, hanno partecipato rappresentanti di molte associazioni ed esponenti politici, a partire da Sel, partito al quale l’attore teatrale e giornalista è iscritto, passando per Catania bene comune e Pd. Insieme tra i tanti, ad alcuni sindacalisti e alla redazione catanese dei Siciliani giovani. Tutti a discutere dell’immediato futuro con Luciano Bruno, che si sarebbe reso colpevole, secondo chi lo ha minacciato con una pistola nel quartiere con il più alto numero di arresti per attività mafiosa a Catania, di voler mostrare con i suoi occhi una realtà degradata e arcinota.
Giovanni Caruso, storico fotografo catanese e fondatore del Gapa nel cuore di San Cristoforo, definisce quelli di Librino come «problemi comuni a tutte le periferie», da affrontare quindi con razionalità e con una azione che «dal centro cittadino, si sposti poi nelle periferie». «Io propongo di realizzare prima di tutto un documento, con tre punti chiave: a Librino c’è un grave problema di sicurezza, è evidente. Poi manca una scuola superiore. E si dovrà discutere del destino del palazzo di cemento», afferma Renato Camarda, referente etneo per Libera. Una proposta che trova subito l’approvazione dell’assemblea. «C’è già un finanziamento da 13 milioni di euro per il recupero del palazzo di cemento – ricorda Giusy Milazzo, segretario del Sunia, sindacato degli inquilini legato alla Cgil – ma ricordiamo che a Libirno operano decine di associazioni: non si parte dal nulla». Perché, è l’opinione diffusa tra i presenti, non si può affrontare il problema Librino come se si stesse partendo da zero. «Si puo spezzare la solitudine, dobbiamo essere come oggi tutti insieme: ci vuole continuità», ricorda Mario, operatore sociale. «Io propongo invece un atto simbolico: andiamo tutti al palazzo di cemento con le fotocamere», propone Marcello Failla di Sel. Ricordando che, poche ore prima, in una riunione analoga sulle cose da fare dopo l’aggressione, nella sede della Cgil Librino di viale Bummacaro, si è fatta avanti una «proposta per tenere un’altra riunione, portando tutti a Librino, alla presenza degli abitanti».
«Non mi piacciono gli atti simbolici: è da vent’anni che Luciano lavora per i Siciliani, e mi piacerebbe più che la solidarietà che le istituzioni dessero un riconoscimento al suo lavoro: mi aspetto quindi che il Comune proponga a Luciano di portare il suo spettacolo in un teatro pubblico», afferma Riccardo Orioles, direttore dei Siciliani giovani. La proposta di ripetere lo spettacolo Librino è subito accolta positivamente da tutti. Compreso lo stesso Luciano Bruno che subito riceve il benestare dal regista dello spettacolo Orazio Condorelli e dallo sceneggiatore Giuseppe Scatà, per rimettere al più presto in scena l’opera teatrale, menzionata nel 2010 dai critici del prestigioso premio Ubu. «L’urgenza non è certo recuperare il mio dente o la mia macchina fotografica, ma fare qualcosa per l’informazione a Catania, a Librino», continua Luciano. Vorrebbe ripartire proprio dal suo quartiere, dove è nato e cresciuto, per fare sistematicamente informazione. Le sue foto andate perdute, del resto, erano un punto di partenza per un lavoro sulle periferie urbane in Italia. «Qualche anno fa dei problemi del quartiere parlava un giornale: La Periferica. Che adesso purtroppo non c’è più. Vorrei che chi come Luciano si impegna da anni avesse uno stipendio invece di dover vivere con un lavoro alla giornata», continua Orioles. Ad ascoltarlo anche Massimiliano Nicosia, fondatore e direttore del mensile edito fino al 2011 nel grande quartiere. Anche lui darà una mano a ricostruire uno dei sogni di Luciano.