Verso la liberalizzazione della cannabis Nicosia (Ascia): «Abolire la Fini-Giovanardi»

«È qualcosa di straordinario, finora il consumatore di cannabis è stato considerato alla stregua di un malato. Andarne a parlare alla Camera è una grande apertura, vista la situazione italiana». Giuseppe Nicosia è un trentacinquenne siciliano, esperto alimentarista. La sua specializzazione è la canapa, pianta dalle «qualità nutritive eccezionali», ed è uno dei membri del direttivo nazionale dell’Associazione per la sensibilizzazione sulla canapa autoprodotta (Ascia). Lo scorso 12 dicembre, insieme al direttivo dell’associazione, è stato ricevuto alla Camera dei deputati, in commissione Giustizia, per parlare delle tante qualità della cannabis, pianta nota «soprattutto perché se ne ricava la marijuana», afferma. Nicosia, che è anche responsabile della produzione di Sicilcanapa, azienda di Ispica che si occupa della vendita di olio, semi farina e altri prodotti alimentari derivati dalla pianta nell’isola, ha esposto ai deputati le proprietà terapeutiche e «nutraceutiche» della pianta. In un periodo storico nel quale vari Paesi si aprono all’uso della cannabis, compreso quello cosiddetto ludico, dall’Uruguay al Colorado negli Usa, anche nel Parlamento italiano sono in discussione alcune proposte di legge a riguardo. Le prime sono a firma dei deputati Daniele Farina (Sel) e Sandro Gozi (Pd), mentre una terza dovrebbe arrivare a breve dal M5s, particolarmente sensibile al tema già nelle consultazioni online sul blog di Grillo.

Tutte le proposte mirano a «superare i limiti dell’attuale legge in materia, la numero 49 del 2006 detta Fini-Giovanardi – spiega Nicosia – che ha mostrato palesi irrazionalità per aver equiparato il trattamento sanzionatorio per le “ipotesi illecite penalmente rilevanti, a prescindere dalla tipologia dello stupefacente”». In particolare si tratterebbe di modificare gli articoli 73 e 75, quelli che eliminano le distinzioni tra stupefacenti. Una maggiore libertà di uso della pianta consentirebbe di risolvere il «sovraffollamento carcerario, lo spreco di denaro pubblico per reprimere un fenomeno che si può arginare solo con una regolamentazione e, cosa molto importante, togliere alla criminalità organizzata il mercato economicamente più redditizio», sostiene Nicosia. 

Consumatore della pianta per scopi alimentari, in passato ha subito in prima persona le conseguenze della sua passione, proprio a causa della Fini-Giovanardi. Una vera scelta di vita per Nicosia, oltre che interesse scientifico legato agli studi universitari in Scienze naturali, il tutto tramutato in calvario. «Sono stato arrestato nel 2008, accusato di spaccio. Ho passato due mesi in carcere, e dal mio diario di quei giorni è nato un libro, Leone bianco Leone nero – racconta – Altri due anni li ho poi passati agli arresti domiciliari». Secondo l’Ascia la legalizzazione e regolamentazione dell’uso personale della canapa potrebbe essere l’arma vincente nelle politiche legate al narcotraffico. E, a riprova, ci sono i rapporti della Commissione globale sulle droghe, che raccomandano la legalizzazione per avviare la diminuzione del mercato illegale. Un mercato criminale, solo in Italia, dal valore stimato di oltre 60 miliardi di euro. Ad evidenziarlo lo studioso delle Mafie internazionali e blogger Stefano Gurciullo, in un recente lavoro per Quattrogatti.info.

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«In Europa, oltre al Portogallo, diversi Paesi stanno applicando politiche di tolleranza: l’Olanda, che da anni ne ha ricavato anche un notevole business, la Spagna, la Repubblica Ceca – prosegue Nicosia – Tutto il mondo sta cambiando politiche a riguardo, tanto che se ne parla anche all’Onu. In Italia, con la Fini-Giovanardi siamo ancora nel Medioevo», afferma sicuro. Sul caso mediaticamente più in vista, quello dell’Uruguay del presidente Josè Mujica, commenta: «Partono dal presupposto che la cannabis è comunque consumata per strada e, nonostante il proibizionismo, chiunque ne può facilmente fare uso, compresi i minorenni», spiega l’esperto. Con la regolamentazione l’obiettivo del Paese sudamericano è quindi «ricavare soldi per le casse dello stato, garantire ai cittadini un prodotto di qualità a basso costo, limitare il quantitativo consumabile lasciando comunque la libertà di farne tranquillamente uso, stabilire regole precise per non creare danni collaterali ma anzi possibilità di sviluppo». Di cannabis, del resto «non è mai morto nessuno». «Eppure – continua Nicosia – sono legali tabacco e alcool, prime due cause di morte nel mondo. Mentre l’Italia, nonostante la legge, è uno dei Paesi al mondo dove si consuma più marijuana».

Riguardo alle proposte in esame della commissione Giustizia, Giuseppe Nicosia esprime però solo «un piccolo dissenso sulla proposta di legge dell’onorevole Gazi per quel che riguarda l’età della liberalizzazione: la loro proposta di legge prevede il permesso di usare cannabis ai maggiori di 16 anni. Io credo che, al pari di alcol e tabacco, non si dovrebbe usare cannabis prima di aver compiuto i 18 anni», conclude.

[Foto di Emanuele Chinnici]


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