La Festa della donna oggi è simbolo di divertimento e consumismo. Ma non tutti sanno cosa si ricorda in questo giorno
8 marzo: la memoria dimenticata
Otto marzo. Festa della Donna. Migliaia di donne emancipate non hanno che da osservare i vari manifesti appesi nelle strade cittadine per organizzare una serata memorabile all’insegna del divertimento e di qualche trasgressione. C’è da chiedersi, però, se l’emancipazione femminile, celebrata in questo giorno, è da confondersi con il divertimento. L’otto marzo viene vissuto dal gentil sesso come un’occasione per ricevere mimose e passare la serata in qualche locale con promettenti spettacoli con le amiche. E’ vero anche che qualche associazione femminile rivendica il diritto di pari opportunità sia in campo lavorativo sia in campo sociale, oppure ricorda le “sorelle” che vivono in società meno emancipate, in qualche parte dell’Africa o dell’Asia. Ma perché esiste la ricorrenza dell’otto marzo?
La ricorrenza nacque dal desiderio di ricordare la morte di 129 operaie. L’otto marzo del 1908 le lavoratrici dell’industria tessile Cotton (New York) decisero di occupare la fabbrica, dopo giorni di protesta contro le condizioni lavorative disumane. Il proprietario – un certo Johnson – chiuse tutte le porte dello stabilimento, impedendo ogni via d’uscita. Venne appiccato un incendio, che fece ardere vive le occupanti. La tragedia divenne il simbolo della lotta per l’emancipazione femminile. Fu un’attivista socialista, la tedesca Rosa Luxemburg, a proporre, alcuni anni dopo, la data come giorno internazionale a favore delle donne.
Il simbolo della festa è rappresentato dalla mimosa; la scelta di questa acacia risale al 1946, grazie all’Unione donne italiane (Udi) – un’associazione nata dalla Resistenza, che dal 1945 si è battuta per la liberazione e l’emancipazione delle donne.
L’otto marzo, a parte il consueto appuntamento con il divertimento, deve ricordare che esistono, tutt’oggi, nel mondo donne che subiscono violenze sia domestiche sia politico – sociali. Ngawang Sangdrol, monaca tibetana, imprigionata dall’esercito cinese all’età di 13 anni per aver gridato “Tibet libero”. Oggi ha 30 anni. Aung San Suu Kyi – Premio Nobel per la Pace 1991 – si trova agli arresti domiciliari, da diciotto anni, per motivi politici, nonostante il suo partito abbia vinto con netta maggioranza le elezioni in Birmania. Amina Lawal, in Nigeria, scampata alla lapidazione per adulterio. Zahara, in Afghanistan, immolatasi a 18 anni dopo essere stata venduta ad un parente…
Otto marzo, giorno della riflessione.
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