Legalità, il procuratore Nicola Gratteri a Catania: «Epoca del consumismo. Per mafie è più facile comprare invece di uccidere»

«Oggi viviamo in una società all’insegna del consumismo. I valori mettono al centro l’avere e non l’essere. Ormai c’è una omologazione, non c’è più differenza tra destra e sinistra. La cultura occidentale è debole rispetto ad altre. È più facile per le mafie comprare piuttosto che uccidere». Così Nicola Gratteri, procuratore della Repubblica a Catanzaro descrive, in breve, il tempo che stiamo vivendo dal palco dell’incontro, a Catania, dal titolo Legalità, Giustizia, Carità. Tre valori per una società più umana. Appuntamento promosso dall’associazione Giustizia e Pace, a 70 anni di distanza dalla nascita del giudice beato Rosario Livatino, che ha visto partecipi anche il presidente della Conferenza Episcopale Siciliana e vescovo di Acireale, monsignor Antonino Raspanti, la professoressa Daniele Mainenti, dell’Università Uninettuno, e il saggista Antonino Nicaso.

«Un tempo – continua Gratteri – si giocava negli oratori. Adesso i giovani stanno in strada a parlare dell’ultimo modello di telefonino. Tutto è frutto della globalizzazione e di modelli errati che vengono proposti. Noi siamo stati a guardare». Un cambiamento che ha portato ad una crisi d’identità. «Negli ultimi anni – prosegue – i governi non hanno investito nell’istruzione perché vogliono l’ignoranza e manipolare così meglio la popolazione. Si parla tanto di cultura ma qui c’è gente che non conosce le tabelline o fa errori di grammatica della lingua italiana».

Va a fondo, premendo i tasti della fede e del credo cattolico, Raspanti, che analizza il quotidiano contestualizzato con il messaggio cristiano. «Giustizia, legalità e carità – ha detto il religioso- non sono contrastanti. L’uomo di oggi si è ridotto così, ha abbracciato l’inferno. Può redimersi oppure rimanere nelle tenebre». Una crisi di valori che ha travolto l’umanità e con una criminalità che continua ad investire; che vende droga, morte, e rimette in circolazione i capitali nei mercati facendo affari apparentemente leciti ma fondati sull’illegalità. «Siamo come un’auto – ha dichiarato Mainenti – che ha rotto completamente tutte le componenti fondamentali. Se pensiamo che una sentenza debba risolvere problemi complessi, noi ci stiamo affidando ad una estrema ratio. Il punto di arrivo non può essere affidato ad un giudice ma tutta la collettività deve essere chiamata a collaborare preventivamente. I giovani stanno soffrendo queste lacune». Il punto di partenza, per rifondare un nuovo umanesimo, rimane dunque un interrogativo: da che parte si vuole stare? Interrogativo che però vede uno scollamento tra alcune regole e società.


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