Ideato da Clément e Coloco per Manifesta 12, col supporto delle associazioni attive nel quartiere, è in fase di realizzazione da marzo. Mariangela Di Gangi, Laboratorio Zen Insieme: «Sono tutti coinvolti, ognuno sente di averci messo del suo e così sarà più facile tutelarlo»
Zen 2, il progetto per realizzare un giardino collettivo «La prova che ci si può abituare anche alle cose belle»
A Palermo, tolto scetticismo e diffidenza iniziali, ci si può abituare anche alle cose belle, basta realizzarle. E a dimostrarlo è uno dei quartieri che forse più di tutti reclama da tempo rivoluzionari atti di normalissima bellezza: lo Zen 2. È qui, infatti, lungo la via intitolata al pugile Primo Carnera che da giugno sta iniziando a prendere forma un giardino collettivo. Un luogo, cioè, dove ognuno, specie i residenti, possono mettersi in gioco e imparare a prendersi cura di un progetto in cui si impegnano in prima persona. Un giardino progettato da Gilles Clément per Manifesta 12 e Coloco, un collettivo di paesaggisti e architetti francesi, con cui si è riusciti a restituire uno spazio fruibile al quartiere e alla città. Una realizzazione che vede protagonista anche l’associazione Laboratorio Zen Insieme, da 30 anni impegnata nella riqualificazione del quartiere palermitano, La Scuola del Terzo Luogo e Ground Action. Un giardino per coltivare il senso di comunità e trasformare uno spazio da sempre abbandonato in un posto vivo e di cui prendersi cura nel tempo. Un impegno, insomma, ad avere attenzioni e premure costanti.
«Allo Zen non ci sono cose belle perché non sono mai state fatte», spiega Mariangela Di Gangi, presidente di Laboratorio Zen Insieme. «La prova che se ce ne fossero gli abitanti saprebbero amarle e tutelarle è quella del campetto di calcio, realizzato due anni fa e mai deturpato. La stessa cosa accadrà con questo giardino – dice fiduciosa – Quello che siamo abituati a vedere qui, immondizia e degrado, c’è perché nessuno ha mai fatto altro». Ma la musica, finalmente, sembra destinata a cambiare. E non c’ha messo molto, un’idea così, per venire accolta con entusiasmo da chi il quartiere lo vive quotidianamente, nel bene e nel male. «Se ne sente la necessità – spiega -, qui ci sono ancora pochi spazi destinati alla collettività. C’era il timore che fosse l’ennesimo progetto iniziato che poi non avrebbe visto la luce, ma superata la diffidenza iniziale, è andato tutto bene. Insomma, non il solito bluff, il giardino è stato accolto benissimo e viene curato ogni giorno da chi abita qui. Tutti ne annaffiano un pezzetto ciascuno, sotto la supervisione dei tecnici che stanno coordinando l’avvio del progetto, mostrando e insegnando il necessario alla gente. Ma c’è anche chi si cimenta nella realizzazione degli arredi».
Perché il giardino, in realtà, non si presenta ancora nel suo stato finale. I lavori sono partiti a marzo e la realizzazione sta procedendo volutamente a rilento. Ma esiste un motivo preciso che ha portato Clément e Coloco a scegliere questo ritmo dei lavori. «Il processo è lento perché interessa dedicare più tempo al coinvolgimento graduale delle persone, non alla realizzazione in sé. Ma a quello proprio che ci sta in mezzo – sottolinea Di Gangi -, seguiti passo passo da chi si è prestato e si è messo in gioco in questa idea, dai tecnici agli operatori e ai docenti universitari». C’è anche l’Orto Botanico di Palermo, che ha voluto dare una mano, mentre le piante sono state individuate e scelte in base a quali fosse le più adatte per il clima del quartiere insieme al professore Giuseppe Barbera, ex assessore al Verde rimasto negli anni un punto di riferimento per la città. «Il bello di questo progetto sta anche in questo, nell’aver messo in questo modo insieme specialisti del settore, come gli agronomi per esempio, che fanno questo di mestiere e persone che invece hanno acquisito certe competenze per necessità, dalla strada in un certo senso, per arrangiarsi – racconta Di Gangi -, in uno scambio reciproco e continuo».
Ma è il coinvolgimento in prima persona dei residenti che, in questo progetto, fa davvero la differenza. «In questo modo ognuno sente di averci messo del suo, di averci messo un pezzo insomma – ribadisce -, e da un lato così sarà più facile tutelare questo giardino, se ognuno lo sente proprio. Coloco usa il metodo dell’invito all’opera, per coinvolgere le persone nel fare e nel pensare le cose, un metodo che in maniera comprovata aiuta a sentirsene parte». E che nel tempo si è rivelato vincente. Ma un luogo come un giardino ha bisogno di cure costanti, anche quando i riflettori di Manifesta 12 a novembre si saranno spenti. Per questo l’idea di far partecipare questo progetto a un contest online. Presentando un video in cui si racconta quello che si sta realizzando nel quartiere da mesi, per poter ottenere voti a sufficienza da passare lo step iniziale e passare alla fase successiva, quella in cui si dovrà spiegare nel dettaglio come e perché spendere i fondi in palio, diecimila euro.
Il giardino si candida a diventare uno stimolo efficace per proseguire in un percorso da estendere ad altri spazi, coinvolgendo sempre più cittadini e cittadine. A essere una buona prassi attraverso cui mostrare che il rispetto di un’area verde non passa per divieti e obblighi, ma per il coinvolgimento, la partecipazione e l’entusiasmo di chi lo pensa e lo vive. «Queste risorse serviranno per ultimare gli arredi necessari. Puntiamo sullo spirito che contraddistingue il progetto, cioè quello del fare tutto insieme e il video con cui partecipiamo mostra proprio questo, punta a far conoscere il lavoro realizzato insieme a chi vive allo Zen, la condivisione che c’è stata e continua ad esserci». C’è tempo fino a settembre. Intanto, proseguono le proiezioni di film, i workshop, le cene collettive come quella prevista sabato 25 agosto e gli appuntamenti di manutenzione collettiva del giardino di via Primo Carnera. Momenti, questi ultimi in particolare, in cui chiunque può prendersi cura del neonato spazio, un’occasione per incontrarsi, condividere e stare insieme, riappropriandosi non solo di un luogo che appartiene a tutti, ma anche e soprattutto della sua bellezza. Anche quella patrimonio collettivo di cui prendere finalmente possesso.