Water, acqua pulita con le nanotecnologie Progetto catanese di respiro europeo

Applicare le nanotecnologie per risolvere il problema della purificazione dell’acqua. Studiando nuovi materiali e dispositivi semplificati che possano filtrare al meglio, riducendo spreco di energia e di tempo, risparmiando sulla spesa e migliorando la qualità dell’acqua soprattutto nei luoghi in cui è più carente. Sono gli obbiettivi ambiziosi di Water, un progetto del Consiglio nazionale delle ricerche di Catania, presentato al pubblico oggi pomeriggio – in occasione proprio della Giornata mondiale dell’acqua – nel dipartimento di Fisica e Astronomia dell’università etnea. Uno degli incontri previsti nel ciclo di conferenze La fisica e il cittadino, organizzate dal Piano lauree scientifiche per «avvicinare gli studenti delle scuole superiori alla scienza».

Water è una ricerca su un tema quasi inedito, coordinata da Vittorio Privitera dell’Istituto di Microelettronica e Microsistemi, che ha preso il via nell’ottobre 2012 e che ha ottenuto l’approvazione – insieme ad un finanziamento di quattro milioni di euro – dalla Commissione europea. Traguardo raggiunto grazie all’attività di ricerca nel campo delle nanotecnologie svolta dal Cnr catanese e che permetterà al gruppo di acquistare nuove attrezzature, assumere giovani ricercatori e portare avanti «molteplici iniziative relative all’accrescimento delle professionalità locali, al rafforzamento dell’impatto economico e sociale del Cnr sul territorio e ad una profonda integrazione europea del gruppo proponente», scrivono gli organizzatori in una nota.

A illustrare al pubblico gli obbiettivi e i risultati di Water è  Lucia Romano, ricercatrice del dipartimento di Fisica e membro del team di ricerca. «Quando pensiamo all’acqua da bere, immaginiamo una bottiglietta di minerale. Ma ci chiediamo che cosa c’è dentro?», chiede. Acqua sicuramente potabile, ma anche «pura, che ci fornisce la natura dalle sorgenti», sottolinea la dottoressa. «Se però volessimo produrre acqua da bere – spiega – per ottenere questa stessa purezza senza ricorrere a procedure troppo costose avremmo bisogno delle nanotecnologie». Come? Attraverso dei filtri che «devono essere di dimensioni tali da bloccare tutte le particelle nocive che si trovano nell’acqua». Dispositivi estremamente piccoli, «costruiti con materiali che sono capaci di filtrare nell’ordine del nanometro».

Ed è qui che interviene la fisica, «che si chiede – spiega Romano – com’è possibile modificare i filtri per bloccare le nanoparticelle». Individuando e studiando le caratteristiche di alcuni materiali come, ad esempio, «il biossido di titanio, che uccide i batteri se illuminato dalla luce, oppure i nanotubi di carbonio e il grafene, che funziona come una membrana». Lo scopo della ricerca è quello di applicare questi materiali innovativi nella purificazione dell’acqua da bere. Migliorando, grazie a loro, «la qualità di filtrazione e risparmiando in termini di consumi di energia, ma anche economici». L’obbiettivo infatti è di «eliminare uno degli step necessari alla depurazione, ovvero l’osmosi inversa, uno tra i procedimenti più lunghi e costosi», spiega la ricercatrice.

Tecnologie utili applicate alla vita di tutti i giorni, ma che potrebbero anche risolvere numerosi problemi di mancanza d’acqua. A breve e lungo termine. «Pensiamo a dei dispositivi portatili con cui purificare e poter bere, ad esempio, l’acqua, poca e spesso sporca, che si trova nelle zone desertiche». Contribuendo anche a combattere «l’emergenza idrica nei paesi del terzo mondo e avere acqua pulita senza ricorrere a depuratori grandi e dispendiosi, ma grazie a questi filtri integrati in piccoli dispositivi».

Ma non solo. Tra gli obiettivi dei ricercatori c’è anche l’intragrazione con il territorio circostante. Per occuparsi non solo di acqua da bere. Tra i partner del progetto Water, infatti, ci sono anche il Comune di Aci Castello e l’Area Marina Protetta Isole Ciclopi. «L’idea – spiega Romano – è di lavorare insieme per sviluppare qualcosa che possa contribuire ad eliminare l’inquinamento dell’acqua marina apportato dalle piccole imbarcazioni e migliorare la qualità del mare».

«Come ogni ambito di ricerca nuovo, è una sfida», sottolinea la ricercatrice. «Vedremo se nel prossimo futuro sarà già possibile sviluppare dei prototipi». Intanto il team sta lavorando per coinvolgere il tessuto industriale locale, collaborando con le aziende che si occupano di depurazione dell’acqua. Portando il gruppo di ricerca in contatto con la realtà europea, contando sul supporto di prestigiosi partner accademici europei come l’Università norvegese di Oslo e britannica di Sheffield, il Centre National de la Recherche Scientifique francese, il Consejo Superior de Investigaciones Scientificas spagnolo e il Versuchs und Lehranstalt für Brauerei tedesco. E diventare «una sorta di incubatore di progetti sempre nuovi».

 [Foto di Water]


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