Vizzini: cedo il “testimone”. Con il Psi nell’Italia Bene Comune

In un panorama politico siciliano pervaso da trasformismi e “cambi di casacca” non sempre comprensibili, il senatore Carlo Vizzini conferma un impegno di lungo termine del nuovo Psi nel centrosinistra, e spiega il perché di scelte precedenti. Lo fa con un’intervista esclusiva dopo un silenzio che durava ormai dalla chiusura del PdL alla modifica della legge elettorale. Vizzini è stato infatti il presidente della Commissione Affari Costituzionali al Senato che, come tutti sappiamo, non è riuscita a proporre in tempo nuove regole per votare. Di fatto, Vizzini rappresenta un pezzo della storia politica italiana e siciliana: aldilà delle convinzioni politiche dei nostri lettori, le sue opinioni e le sue scelte destano interesse. Siamo partiti con il percorso politico.

Senatore, ci sembra doveroso partire da lontano: dopo molti anni nello schieramento di centro-destra, un paio d’anni fa c’è stata una scelta di campo diversa. Perché? E perché oggi lei sostiene il centrosinistra con il Psi?

Per quanto riguarda la scelta alla fine degli anni ’90 si devono considerare una serie di fatti. Innanzitutto la scelta politica, la radice politica.  C’è un’anomalia tutta italiana; in Europa i partiti di centrodestra sono contrapposti a una politica riformista. Non era così in Italia.  E’ un’anomalia che ha portato il PD ad avere al proprio interno una componente di cattolici democratici. Si deve anche ricordare che negli anni ’90 le “ripicche e i rancori” tra socialisti e ex-comunisti erano ancora forti, e dall’altro lato non c’era ancora il PdL ma c’era Forza Italia che aveva mandato Monti a fare il commissario europeo assieme alla Bonino e che aveva un vicepresidente della camera liberale come Alfredo Biondi. Forza Italia aveva al suo interno una componente laico socialista (i repubblicani, i  liberali) e una serie di intellettuali che andavano da Pera a Colletti che rappresentavano in assoluta libertà l’idea socialista. Va detto anche che tutti esultammo alla caduta del muro di Berlino, ma sotto le macerie rimase anche il Psi.

E oggi? O meglio, da due anni a questa parte?

Dal punto di vista politico i socialisti italiani si sentono portatori di valori europei  che mettono al centro la laicità dello Stato. Il Psi ha constatato  che un rapporto globale all’interno del PD o del centro-sinistra possa rafforzare la componente che si riconosce nei valori del PSE, tra i quali c’è la laicità dello Stato. Mi piacerebbe sentire Bersani che inizi un comizio senza avere l’obbligo di dire “cari amici, care amiche, compagni e compagne” e inizi semplicemente con “compagni e compagne”. Mi piacerebbe sentire l‘inno dell’internazionale socialista. Inoltre, questa decisione ha anche una valutazione che riguarda la legge elettorale: l’aggregazione in una coalizione dove abbiamo la possibilità dei nostri valori pur non essendo più un grande partito.

Pensa quindi che l’aggregazione di diverse anime laiche e politiche sia svolto in maniera convincente dalla coalizione di centrosinistra Italia Bene Comune?

Innanzitutto, penso che quello di Berlusconi si è evoluto sempre più verso un partito personale, perdendo la ricchezza di valori che aveva negli anni Novanta e i primi anni 2000. E la testimonianza della morte di una vera coalizione con diverse anime, compresa quella socialista, è stata la costituzione del PdL. Cosa alla quale non ho resistito . Penso che tra gli eredi di Saragat e gli eredi Almirante la complicazione di militare nello stesso partito era talmente seria che oggi una parte degli eredi di Almirante sono andati via. In seguito, Berlusconi ha dimostrato di non essere un vero politico quando uscì Fini: se si spacca in quel modo una coalizione che ha vinto vanno chiamate le elezioni immediatamente.

Perché non si è candidato? E perché non c’è una lista del Psi in Sicilia?

Perché il mio percorso politico ha avuto finora due fasi: quella dell’impegno di partito e quella dell’impegno istituzionale. Adesso, dopo  ben otto legislature, è giusto entrare in una terza fase: cedere ”il testimone” alle nuove generazioni assistendo con l’esperienza e trasmettendo esperienze e valori.

Perché il Psi non presenta proprie liste in Sicilia?

Innanzitutto, la  scelta di non presentare nostre liste ha una deroga laddove è stato ritenuto utile per la coalizione: in Lazio, Campania e Calabria. La seconda  motivazione della non presentazione delle liste è legata alla legge elettorale che abbiamo al momento. Il Psi, che è un piccolo partito, si sarebbe senz’altro presentato, sempre in coalizione di centrosinistra,  se ci fosse stato il voto di preferenza. Una campagna elettorale in cui sul territorio i candidati hanno poco da fare perché non possono impostare la campagna sul loro nome (se ci mettono il nome e l’elettore lo scrive il voto è nullo) ha bisogno di una grande regia nazionale che costa moltissimo. Perché l’operazione di proporre solo il simbolo, è un’operazione costosa. Se ci fosse stata la scelta del nome io mi sarei presentato, perché penso che il mio contributo avrebbe prodotto un valore aggiunto al Psi e alla coalizione.

La raccolta del consenso la vedrà comunque impegnata?

Come detto innanzi, per me inizia la fase politica del trasmettere esperienza e  valori. Il Psi è in prima linea nel sostenere la coalizione e il nostro percorso partirà Domenica 10 febbraio all’hotel  delle Palme (ore 10.00 ndr) dove illustrerò personalmente il nostro contributo politico.

E quindi un impegno anche personale.  Scusi se insisto, perché allora non presentare proprie liste anche in Sicilia, e col suo nome?

Devo dire che un’altra delle ragioni per le quali ho voluto fare un passo indietro è la mia amarezza per l’incompiuta sulla legge elettorale e la mancata riduzione del numero dei parlamentari.

Secondo lei chi ha “frenato”?

Il PdL. Presentando, senza negoziarlo, prima un emendamento che ha imbastardito il tutto. E alla fine, ha praticamente “rotto il tavolo” della Commissione. Sulla legge elettorale c’è stato uno scontro tra chi (il PdL) voleva una legge che non portasse né a vincitori né a vinti. E chi, come il PD, comprendendo che erano arrivate le condizioni per governare il Paese voleva un premio di maggioranza abbordabile rispetto allla situazione di frammentazione. Alla  fine nel PdL ha vinto il motto del Gattopardo: “cambiare tutto per non cambiare nulla”. Il PdL propone il testo Malan che prevede che nessuno abbia di fatto premio di maggioranza  e cioè un premio sopra la soglia del 42% che nessuno avrebbe preso. A quel punto il PD tenta di fare un tavolo di contrattazione sulla soglia, e finisce per subire nella permanenza del porcellum. Così almeno ottiene un premio di maggioranza alla Camera con un voto in più e rimedia facendo le primarie Sono stato incoraggiato ad andare avanti lo stesso, a cominciare dal Presidente della Repubblica, ma con il ritorno in campo di Berlusconi (contrario al voto di preferenza) la ricucitura era impossibile. Gli unici che hanno fatto le primarie seriamente, va detto, è stato il PD. E lo dimostrano i “morti e i feriti” che ci sono stati. Le primarie di SEL e Movimento 5 Stelle sono state primarie di facciata: troppo pochi votanti per considerarle un metodo riuscito per scegliere i candidati

Poteva il Psi con una lista in Sicilia contribuire alla politica italiana che guardasse con maggiore attenzione alla nostra Isola?

Lo farà comunque. Partendo da una valutazione positiva di quello che sta facendo Crocetta. Ma affrontando la questione delle questioni: quella del problema del grande “stipendificio” che è stato creato in modo scollegato dal processo di sviluppo. In Sicilia ci sono 200.000 dipendenti pubblici, per cui qualunque servizio pubblico da quelli elementari (rifiuti, etc.) ai trasporti, e le grandi infrastrutture va bene se lo misuriamo nei costi al netto delle retribuzioni . Ma appena ci mettiamo il costo delle retribuzioni abbiamo costi fuori mercato che portano al fallimento. E in una terra che ha 800 mila disoccupati su 5  milioni di persone. Il tema è l’apertura di un tavolo istituzionale che affronti questo tema dell’abnormità del lavoro pubblico che è stata una scelta sbagliata del passato. Lo “stipendificio” nasce perché si crea occupazione senza sviluppo. Per altro, teniamo conto che solo poche migliaia di siciliani soni stati assunti per concorso, passando sui diritti della gente con il rullo compressore.

Cosa condivide nell’intervento di Crocetta un paio di giorni fa al Politeama?

Una delle caratteristiche di Crocetta è saper parlare alla gente. Non ho mai sentito un suo discorso che non mi sia piaciuto e che non sia piaciuto alla platea. Il problema vero è che Crocetta ha ereditato una situazione disastrosa all’amministrazione regionale. Ed è costretto in questa fase ad occuparsi di quello che è un presupposto dell’azione di governo. Una condizione necessaria, ma ahimè, non sufficiente. E cioè il recupero della totale moralità e trasparenza. Accanto a questo, però, ci vuole anche il “progetto” per la Sicilia. La trasparenza è solo la precondizione. Qui è diventato un risultato da raggiungere. Faccio un esempio: ottimo il lavoro di smantellamento della gande clientela della formazione, ma occorre far presto a capire come sarà fatta la formazione in Sicilia una volta ripulito il campo. Continueremo a mantenere migliaia di formatori oppure la facciamo d’intesa con le imprese?

Dunque formazione con le imprese, come si fa ad esempio negli Stati Uniti.

Non solo negli Stati Uniti, ma per esempio in Campania. Dove c’è una partecipazione delle imprese che formano i giovani per cui poi vengono trattenuti, laddove produttivo, e si passa dalla fase-formazione all’occupazione. Inoltre, noi diciamo che servono ammortizzatori sociali diversi da quelli che si usano in Lombardia.

E qual è, a grandi linee,  il “progetto Sicilia”, secondo il Psi? C’è un interesse del Psi all’attuazione dell’Articolo 37 e l’abolizione dell’Articolo 36 dello Statuto dell’Autonomia Siciliana?

La Sicilia si deve assumere un ruolo che è quello della sua “specialità”.  La specialità non può essere più quella del 1946: oggi siamo in un’altra era. Dobbiamo partire dall’idea che aldilà di chi riscuote le tasse, una regione povera riscuoterà meno tasse, e quindi prima si deve realizzare un ciclo di sviluppo duraturo. Partendo dal dato che la Sicilia è giacimento di tesori. Non è quindi un problema di risorse finanziarie. Oggi l’Italia ci rimprovera di averle avute e di averle spese male. Credo che la Sicilia deve fare un’operazione di chiarezza, quella che Mattarella aveva chiamato già 30 anni fa: la politica delle carte in regola. Se io dimostro che, avendo autonomia nell’uso delle risorse, ottengo risultati positivi ho diritto di chiedere maggiori risorse e maggiori funzioni. Se oggi dobbiamo avere maggiori funzioni guardando a come abbiamo dissipato, non riusciamo ad essere credibili. Poi il nostro statuto è del 1946, oggi le ragioni della specialità della Sicilia vanno aggiornate al nuovo secolo, alla centralità nel Mediterraneo, ai nuovi scenari che si aprono nei paesi della riva meridionale. L’Europa su questo deve svolgere una funzione, capendo che dalla sua funzione dipende un pezzo importante della pace nel Mediterraneo e nel mondo. Trovo naturale che questa funzione la si faccia meglio dalla Sicilia che non da Bruxelles o da Berlino. Quindi la Sicilia come protagonista con la dignità che seppe trovare quando resistette alle pressioni americane per l’utilizzo delle basi di Sigonella.

Quindi pensa che oggi la Sicilia è, o se non lo è, può diventare protagonista facendo valere le proprie ragioni sulla vicenda MUOS?

Si può chiedere di essere sentinella di pace, senza però mettere a repentaglio vite umane. Per evitare che ci siano i caduti in guerra vogliamo i caduti in pace ?

Il governo Monti e l’attuale ciclo recessivo. Per la Sicilia è ancora sostenibile la politica del rigore?

Il Psi non è solo il Psi ma è soprattutto il PSE. Il sogno socialista è l’Europa dei popoli, che non è l’Europa dei mercanti, dei tecnocrati e dei banchieri. E vorremmo che sia l’Europa degli eletti  e non dei burocrati non eletti. Vorremmo che il commissario europeo sia direttamente eletto dal popolo e non nominato. E che la BCE diventi una vera banca centrale con le funzioni atte ad agire direttamente anche per il controllo.

Non è una centralizzazione eccessiva a scala europea?

No. Però, dobbiamo superare la logica che ci siano poche cancellerie influenti ad avere “diritto di vita e di morte” su interi paesi in difficoltà. Personalmente sono convinto che quello che è stato fatto alla Grecia è un autentico misfatto che poteva essere evitato con  un intervento preventivo. Perché se la si voleva salvare la si salvava facilmente,  avendo, la Grecia,  un PIL uguale a quello della Lombardia. La Grecia ha fatto da esempio: u primu chi pigghiu ci rugnu lignate (il primo che prendo lo riempio di botte ndr). E questo è sbagliato.  Europea dovrebbe essere anche la vigilanza sulle banche. Non cerco responsabilità politiche: i sistemi bancari nazionali devono essere rigidamente controllati. Ci aiuta il fatto che la prevalenza del sistema bancario italiano non è costituito da banche d’affari ma da banche che raccolgono risparmio sul territorio e lo gestiscono tradizionalmente con prudenza. Casomai il problema per la Sicilia è che da tempo le banche raccolgono e non  investono abbastanza nell’Isola.

Crede si auspicabile e possibile per l’Italia o la Sicilia uscire dall’Euro?

Quella dell’Euro non è una pellicola che si può riavvolgere. Chi pensa che si può uscire dall’Euro non tiene conto di meccanismi ed equilibri che vanno aldilà della Sicilia e dell’Italia. Il vero nodo è quello politico: deve essere un’Europa veramente federale. Purtroppo siamo entrati “deboli” nell’euro.  E oggi ne paghiamo le conseguenze.


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