L'omicidio di Nico Radicanu è stato commesso per abusare della compagna, che con lui stava facendo ritorno a casa. La donna è stata stuprata prima a pochi metri dal cadavere, poi condotta lontano. Dopo oltre due ore di violenza di gruppo è stata abbandonata. I colpevoli sono quattro giovani tunisini
Vittoria, bracciante ucciso. L’agguato dopo una festa La moglie portata in un casolare e violentata per ore
Sono stati arrestati gli autori dell‘omicidio di Nico Radicanu, trentottenne bracciante romeno ucciso a sprangate in testa, e della violenza sessuale nei confronti della compagna di 53 anni. La vicenda è avvenuta nella notte tra venerdì e sabato scorso a Costa Esperia, nelle periferiche campagne della frazione marinara di Scoglitti, in provincia di Ragusa.
Sono quattro – Brahim Nizar, Tebra Marouane, Tebra Anwari e Boukhobna Hamdi – tutti giovani tra i 22 e i 26 anni, tunisini, braccianti agricoli e migranti in regola, senza precedenti penali, gli autori dei crimini. Adesso si trovano nel carcere di Ragusa e sono accusati di omicidio colposo con arma, sequestro di persona e violenza di gruppo aggravata.
Le indagini condotte dalla polizia sono durate una settimana; sono state determinanti, sin dall’inizio, le notizie fornite dalla vittima. La donna si era trasferita in provincia di Ragusa un mese prima con il compagno, vivevano nelle campagne della zona, dove lavoravano come braccianti. I due avevano trascorso la sera di venerdì in un locale vicino, comune luogo di ritrovo per i migranti che abitano nella contrada, per festeggiare il compleanno dell’uomo (compiuto pochi giorni prima).
All’uscita dal locale hanno imboccato la strada del ritorno a casa e, dopo alcune centinaia di metri di tragitto, sono stati aggrediti repentinamente e con ferocia. Alcuni colpi con una spranga – staccata da una recinzione dagli assassini – alla testa hanno steso l’uomo sul selciato, altri hanno immobilizzato e ammutolito la donna, per spogliarla e violentarla. Il corpo dell’uomo, privo di sensi, è stato trasportato per alcuni metri e allontanato dalla strada. Nello spostamento, l’assassino ha constatato che era ancora vivo e l’ha colpito più volte, definitivamente, fino ad ucciderlo.
La donna è stata minacciata e violentata già sul luogo dell’omicidio. Dopo i primi abusi, per non venire scoperti immediatamente, gli aggressori l’hanno portata vicino un casolare a quasi quattro chilometri di distanza. La donna ha camminato nuda e scalza nella notte per le campagne deserte. Giunti lì, la violenza di gruppo è continuata per due ore, senza sosta, a turno, sotto la minaccia di essere uccisa. Abbandonata all’alba dagli aggressori, la vittima ha fatto ritorno a casa, si è rivestita ed è arrivata sul luogo dell’omicidio, dove ha trovato le forze dell’ordine (contattate da lavoratori della zona), che le hanno comunicato la morte del compagno.
Le ricerche degli investigatori hanno seguito ogni direzione: dai reperti biologici rilevati dalla polizia scientifica, alla ricerca dell’arma del delitto (mai ritrovata), all’interrogatorio dei frequentatori del locale in cui la coppia aveva trascorso la serata. Dopo aver ascoltato e identificato decine di uomini, la vittima ha riconosciuto la foto di uno degli aguzzini. Il giovane violentatore è stato interrogato per ore, sino a quando non è caduto in contraddizione e, ormai scoperto, ha fornito i nomi dei complici. Le deposizioni incrociate hanno permesso di scoprire che questo era stato anche colui che aveva inflitto il colpo finale a Nico Radicanu.
Le forze di polizia, che hanno comunicato alla stampa stamattina in conferenza la conclusione delle indagini, hanno rimarcato con forza la cruda violenza e l’efferatezza della tragica vicenda. Il clima, nelle campagne del vittoriese, è sempre più ferocemente teso. Nella distesa serricola dell’ipparino, le condizioni dei migranti, forza lavoro bracciantile dell’agricoltura, sono quanto mai rischiose.