«Durante l'ultimo caso di emergenza maltempo diverse richieste d'intervento, anche con persone in pericolo di vita, sono rimaste inevase», è la denuncia di Salvatore Di Dio, coordinatore dei pompieri etnei. La causa è la carenza d'organico che si somma alla mancanza di attrezzature e formazione
Vigili del fuoco, poco personale e centralini in tilt «Solo tre operatori per centinaia di chiamate»
Personale ridotto ai minimi termini, centralini tempestati di richieste d’intervento ma anche la mancanza dell’attrezzatura idonea per operare il soccorso in acqua. Dietro l’allerta meteo dello scorso 9 settembre c’è uno spaccato sconosciuto. Quello delle difficoltà denunciate dal coordinamento dei vigili del fuoco Cgil. Una situazione ai limiti del paradossale. «Quel giorno avevamo 140 richieste d’intervento in coda, alcune urgenti con persone in pericolo di vita. Ma con soltanto tre centralinisti, non riuscivamo a smaltirle e in parte sono rimaste inevase», racconta a MeridioNews Salvatore Di Dio, coordinatore dei pompieri etnei.
Telefoni presi d’assalto con linee perennemente occupate. «Ci sono state attese di ore ed è chiaro che chi ha un’emergenza non può stare tutto questo tempo attaccato alla cornetta» prosegue Di Dio. Il problema, quello principale, continua a restare la dotazione organica. Al momento in tutta la città di Catania si riescono a coprire interventi con una o due squadre, ognuna composta da cinque uomini. Le altre sono dislocate tra Acireale, Adrano, Randazzo, Paternò e Caltagirone. «Quando abbiamo eventi come quello appena trascorso – analizza il coordinatore – con tutta la provincia martellata dal maltempo, la nostra amministrazione si dovrebbe attivare in accordo con la prefettura per richiamare il personale libero dal servizio».
Nella lunga lista delle richieste ci sono anche le attrezzature. Carenti e in alcuni casi del tutto assenti. «Per andare a fare il soccorso in acqua dovremmo utilizzare le mute stagne che consentono il galleggiamento in aree con ostacoli naturali come tombini e avvallamenti». L’alternativa attualmente in dotazione sono i cosiddetti stivali a coscia. Una calzatura impermeabile che però limita ad altezze determinate il margine d’intervento degli operatori. «Abbiamo inoltre un solo mezzo anfibio e non c’è nemmeno il personale qualificato per poterlo utilizzare a pieno regime – spiega Di Dio -. Ecco perché chiediamo anche la corretta formazione degli operatori».
In questo quadro c’è spazio anche per quella che Di Dio definisce «la cattedrale nel deserto». Il riferimento è alla struttura che dovrebbe ospitare il distaccamento Catania nord nel quartiere di San Giovanni Galermo. Un edificio di tre livelli con uffici e alloggi che copre un’estensione di oltre 2000 metri quadrati. La posa della prima pietra risale a maggio 2009 mentre la consegna avviene nel 2014. «Non ci sono i soldi per la manutenzione e gli intonaci iniziano a staccarsi a causa delle infiltrazioni d’acqua – incalza il coordinatore -. Il problema, però, è anche qui la mancanza del personale per rendere operativa la struttura. Abbiamo fatto diverse richieste e a luglio ci hanno affidato alcuni uomini, ma siamo stati costretti a dirottarli per sopperire alle carenze che già avevamo».