Il mezzofondista classe '67 di Salemi ha conquistato in occasione della Palermo International Half Marathon il suo decimo titolo italiano paralimpico nella categoria T45 che si riferisce agli amputati bilaterali. Ad aprile a Siracusa ha centrato due record nazionali
Viaggio alla scoperta dell’atleta Renato Adamo «Arrivare alle Paralimpiadi? Sognare è lecito»
Si chiamano sliding doors. Ognuno di noi segue un percorso che ha un certo tipo di indirizzo a seconda del verificarsi o meno, in precedenza, di una determinata situazione. Nel caso di Renato Adamo, che in occasione dell’ottava edizione della Palermo International Half Marathon ha conquistato il suo decimo titolo italiano paralimpico, non è difficile individuare l’evento che ha modificato la direzione della sua parabola. La data spartiacque è il 4 dicembre 1996, giorno in cui il mezzofondista classe 1967 a causa di un incidente sul lavoro (una fortissima scarica elettrica) ha perso entrambe le mani. Ci si trova davanti a un bivio: reagire e andare avanti o lasciarsi prendere dallo sconforto. Fortunatamente Adamo, nato a Salemi, ha scelto la prima opzione e grazie ai consigli del cognato e della moglie, anche lei mezzofondista, ha scoperto l’amore per l’atletica. Disciplina che lo ha aiutato a combattere la sedentarietà e a trovare nuovi sbocchi verso i quali canalizzare le proprie energie.
«Dopo l’incidente mi ero chiuso – racconta a MeridioNews – poi, invece, mi sono lasciato coinvolgere da mia moglie e in poco tempo sono entrato a far parte di un’associazione podistica. Adesso ho in pratica due tesseramenti: quello con la Podistica Salemitana (di cui è anche membro del Consiglio direttivo, ndr) con la quale mi confronto in gara con i normodotati e, in qualità di paralimpico, quello con la scuola targata Luigi Bentivegna, la Dilettantistica Parco Sport Altofonte». La categoria di riferimento, in questo caso, è la T45 che si riferisce agli amputati bilaterali e con la quale ha lasciato il segno a Palermo con il tempo di 1:42:37 nella kermesse valida quest’anno anche come titolo italiano paralimpico di mezza maratona: «Pensavo di fare un tempo migliore ma questo decimo titolo rappresenta comunque una bella soddisfazione anche perché da giugno mi porto dietro uno strappo muscolare che si ripresenta a intermittenza». Il successo ottenuto nel capoluogo siciliano è una nuova perla da aggiungere a una collana costruita finora con grande abnegazione e spirito di sacrificio. Tratti distintivi di un atleta poliedrico come Adamo che spazia dalla velocità su pista – lo scorso 25 aprile a Siracusa ha ottenuto due record nazionali, nei 200 metri con il tempo di 31.30 e nei 400 con 1.08 – alla mezza maratona.
«Dal 2011 (anno in cui è iniziata di fatto la carriera dell’atleta nella cui bacheca spiccano anche due medaglie d’oro, ndr) ho disputato quasi 200 gare molte delle quali confrontandomi con i normodotati. Il mio palmares? Ricordo con piacere un terzo posto Fidal, il secondo posto Uisp in ambito regionale e per due volte il primo posto regionale Uisp». In agenda sono già segnati i prossimi appuntamenti. Già oggi Adamo avrebbe dovuto correre al Gran Prix di San Giovanni La Punta sui dieci chilometri, un’altra gara nella quale il corridore siciliano – memore dei risultati confortanti ottenuti due anni fa ad Avola, l’anno scorso a Barletta con il record nazionale di 1.31 e circa quindici giorni fa a Gravellona Toce (1.42) nella finale paralimpica a squadre – avrebbe voluto recitare un ruolo da protagonista. La corsa però è stata rinviata a dicembre come segno di lutto dopo l’assassinio di Lucrezia Di Prima, la 37enne uccisa dal fratello. Così il prossimo appuntamento sarà il Gran Prix 9 Km Fidal in programma il 7 novembre a Sciacca.
Ha fame di successi l’atleta di Salemi, sposato e con due figlie di 27 e 8 anni, abituato a navigare a vista con un cassetto dei sogni, tuttavia, costantemente aperto: «Amo l’atletica ma mi piacerebbe anche iniziare a praticare il nuoto – ha rivelato – Paralimpiadi come obiettivo? Bisogna ammettere che i più giovani hanno in questo caso la precedenza ma è altrettanto vero che nella mia categoria, ovvero la T45, siamo pochi in Europa. Motivo per cui è lecito sperare che si possa fare qualcosa in più».