Via Imera, il lento ritiro di Sis dal cantiere del passante «I lavori non saranno mai terminati e si allagherà tutto»

«Questo sarà un cantiere abbandonato. Non si finisce». Una previsione catastrofica quella di alcuni degli ultimi operai della Sis rimasti nel cantiere per il passante ferroviario in via Imera, probabilmente il punto più problematico dell’intero progetto, con una galleria continuamente minacciata dallo scorrere sotterraneo del fiume Papireto e il grosso incidente di percorso: i cedimenti che hanno portato all’evacuazione delle abitazioni di vicolo Bernava. L’azienda, che ha deciso di farsi da parte e rescindere il contratto dopo il braccio di ferro con Rfi, avrebbe già ieri mattina iniziato la smobilitazione. «Sono venuti a caricare tutto il materiale che poteva servire per il cantiere, comprese tutte le centine, essenziali per scavare gli ultimi 60 metri di galleria rimasti» proseguono i dipendenti.

Da par suo, Ferrovie dello Stato, è consapevole del ritiro di Sis dal cantiere e conferma che i lavori per quel tratto di rete ferrata, essenziale per la realizzazione del doppio binario sulla linea del passante ferroviario che dalla stazione centrale porta all’aeroporto di Punta Raisi, verranno riassegnati con una gara d’appalto che dovrebbe essere in via di definizione, con importanti novità che potrebbero arrivare già in aprile, ma è proprio questo che spaventa chi nel cantiere ci ha lavorato ogni giorno: «Questo è un tratto geologicamente pericoloso – spiegano -. In un giorno estraiamo anche cinquemila metri cubi d’acqua che viene dalle gallerie. Se quest’acqua non viene pompata, qui diventa automaticamente un lago. Noi la estraiamo in continuazione, notte e giorno, ma se i lavori si dovessero fermare si fermeranno anche le pompe. E i tempi di assegnazione di un nuovo appalto non sono certo brevi, tra pubblicazione, gara ed eventuali ricorsi. E poi, chi si prenderebbe carico di questo rischio per soli sessanta metri di galleria?». 

«Nell’ultima riunione in assessorato – proseguono i lavoratori – c’era stato un piccolo spiraglio per poter definire questo lavoro con l’abbattimento di vicolo Bernava e il completamento degli ultimi sessanta metri di galleria che consentirebbero la posa del doppio binario». Ma alla fine i discorsi si sono tradotti in un nulla di fatto. E proprio vicolo Bernava resta il più grande nodo dell’intera opera. Il problema relativo al cedimento e alla necessità di demolire i palazzi è stato uno dei principali responsabili della lievitazione dei costi dell’appalto. «I palazzi di vicolo Bernava si dovevano demolire, ma ancora non è successo niente. La situazione non è così ben nota come sembra, da sotto quegli edifici continuano ogni giorno a uscire acqua e sabbia e non si sa a cosa si va incontro: più tempo si perde, più si svuota il sottosuolo, perché tutta la sabbia che togliamo, da qualche parte dovrà pur mancare».

E poi resta sul piatto la questione degli allagamenti, che si ripresenta a ogni pioggia, con la chiusura ormai sistematica di via Imera che si trasforma in un acquitrino, con gli interventi dei vigili del fuoco di cui da mesi si è perso il conto. «Non si sarebbe dovuto arrivare a tanto – concludono gli operai –  Il problema dell’acqua è costante e negli ultimi cinque anni non è cambiato niente, perché se non si chiude questa benedetta fermata, con una canalizzazione del corso d’acqua del fiume Papireto con il bypass previsto da progetto, non si potrà risolvere niente. Dato che il corso naturale dell’acqua è a metà galleria, appena si fermano le pompe l’acqua risale e invade tutto. E se adesso ci vuole un investimento economico importante per chiudere quanto meno il tratto, tra due o tre anni l’importo sarà moltiplicato esponenzialmente». 


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