Via Etnea e i semafori che per i ciechi restano sempre rossi «Per attraversare costretti ad ascoltare i rumori del traffico»

«Per qualcuno questo semaforo è sempre rossoQua manca il segnalatore acustico, come ca**o fanno ciechi e ipovedenti?!». Adesivi rossi, con disegnati tre grandi occhi bianchi sbarrati e un qr code da inquadrare con il cellulare, sono comparsi sui pali dei semafori agli incroci di via Etnea a Catania. Posizionandosi con la fotocamera sul codice a barre bidimensionale, si viene reindirizzati sul sito allacieca.com che spiega che si tratta di una iniziativa «volutamente aggressiva per una campagna di guerrilla marketing senza precedenti» che si è diffusa spontaneamente in diversi territori d’Italia e che è sbarcata anche nel capoluogo etneo. Anche qui, infatti, per ciechi e ipovedenti «circolare tranquillamente in città diventa un incubo tutte le volte che bisogna attraversare le strisce pedonali regolate da semaforo senza segnalatore acustico». E a Catania sono così anche quelli disseminati lungo la via principale del centro storico

«Questa iniziativa è una provocazione intelligente – commenta a MeridioNews il presidente dell’Unione ciechi di Catania Pino Nobile – ma il paradosso è che, per come sono fatti, questi adesivi non possono essere notati dalle persone cieche». Un controsenso che avrebbe potuto essere superato «realizzando una scritta in una cornice in rilievo all’altezza del pulsante del semaforo – spiega Nobile – in modo tale che anche un non vedente avrebbe potuto sapere di questo messaggio senza bisogno che sia una persona vedente a comunicarglielo». Un paradosso superabile se si pensa alle barriere (non solo architettoniche) con cui i disabili sensoriali sono costretti a fare i conti ogni giorno in città. «È assurdo che un cieco – lamenta il presidente – non possa attraversare da solo la strada più centrale di Catania. Deve sempre essere accompagnato o chiedere una mano a qualche passante o, addirittura, fermarsi ad ascoltare i rumori del traffico per intuire quando è possibile scendere il gradino del marciapiede e avviarsi sulle strisce pedonali per passare dall’altro lato della strada senza rischiare di essere investiti». 

Situazioni che non mettono le persone disabili in condizioni di vivere a pieno il proprio territorio. Eppure, per superare certi limiti, sarebbero necessari anche soltanto piccoli accorgimenti. «Ricordo che circa cinque anni fa, lo Stato aveva messo a disposizione dei fondi per i Comuni – ricostruisce Nobile – per attrezzare i semafori con i segnalatori acustici». Una proposta con cui il governo si sarebbe fatto carico della metà delle spese che gli enti locali avrebbero dovuto sostenere per l’adeguamento. «Un’occasione che qui a Catania, però – lamenta il presidente – non è stata colta. E non bisogna pensare che ci sarebbe stata la necessità di investire delle cifre esorbitanti. Basterebbe partire con poco e sistemare almeno i collegamenti principali del centro storico». Magari prendendo spunto da alcune delle eccellenze di accessibilità che in città ci sono già, primo tra tutti il Polo tattile multimediale di via Etnea. «Un luogo in cui siamo riusciti ad abbattere ogni barriera architettonica e sensoriale – dice Nobile che è anche il presidente della Stamperia regionale braille – Così come abbiamo fatto anni fa quando, a Catania, abbiamo realizzato il primo intero supermercato tutto con qr code per permettere anche ai ciechi di fare la spesa in piena autonomia». 

Competenze specifiche maturate negli anni che, adesso, l’Unione ciechi è pronta a mettere a disposizione. «Servirebbe innanzitutto un incontro al Comune per cominciare a gettare le basi per una progettazione programmata – suggerisce Nobile – Per partire bisogna che ci sia, in primis, l’intenzione di volerlo fare e la caparbietà per portare a termine un progetto che farebbe fare un salto alla qualità di vita di persone cieche, ipovedenti e anche anziane». Un primo passo per abbattere gli ostacoli potrebbe proprio essere un segnale sonoro che avverta che nel semaforo è scattato il verde e si può attraversare la strada. «A questa mancanza – continua – si aggiunge anche l’assurdità di alcuni pavimenti tattilo-plantari (quelle strisce sopraelevate che ci sono su alcuni marciapiede, ndr) che, come per esempio in corso Italia, finiscono a muro e rischiano di fare sbattere un non vedente. Una città in cui non c’è nessuna attenzione per alcune cose che diventano veri e propri pericoli – conclude – è semplicemente ingiusta». 

Marta Silvestre

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