Ha due figlie femmine laureate e due figli maschi che ancora studiano. Per 37 anni ha insegnato latino, greco e storia al liceo classico a Milano, Rho e Desenzano. Dal 2000 è in pensione, ma non ha interrotto il suo contatto con gli studenti: gira per le scuole dItalia a parlare di poesia e musica. Roberto Vecchioni, 64 anni compiuti a giugno, contento di essere dello stesso segno zodiacale di Marcel Proust e di Antonio Gramsci (Cancro), ha vissuto dallaltra parte della barricata, quella dei professori, tre decenni di scuola, di contestazioni, di riflusso, di rapporti con il potere, di problematiche insegnanti-genitori, di riforme fatte e annunciate.
Se cè uno, dunque, che può parlare con cognizione di causa di come era, come è e come dovrebbe essere listruzione elementare, media inferiore e media superiore in Italia, è il popolare cantante autore di Luci a San Siro e di Samarcanda. A ottobre, il mese in cui una volta iniziava la scuola, escono un suo libro di poesie per leditore Frassinelli e, martedì 23, lultima fatica musicale: 13 brani per unora di durata. Cè tutto in questo disco, dice Vecchioni, pop, rock, rabbia, delusioni, gioie immense. Potrebbe essere lultimo. Quasi un annuncio che lex professore lascia nellaria, mentre seduto su una seggiola di paglia nel giardino della sua casa di Barcuzzi, riflette sui temi dello studio e della scuola, godendosi una vista mozzafiato sul Lago di Garda. Forse sono diventato un parruccone e pretendo sempre di più. Ma penso che sia giunto il momento di mettere un freno al permissivismo dilagante e tornare al rigore del metodo, al sacrificio dellapprendimento.
Professor Vecchioni, che cosa pensa della scuola di oggi? Funziona bene secondo lei?
Il funzionamento è un dettaglio, per paradosso. I nodi sono molti, e sistemici. A cominciare da uninterpretazione sbagliata dellistruzione da parte dello Stato italiano. Manca la voglia di essere primi nel mondo, di eccellere nelle arti come nelle scienze e nella tecnologia. LItalia dovrebbe dare lesempio perché ha più cultura di tutti, più storia di tutti. Non sono un teorico, naturalmente, parlo di stomaco. Ma qualcosa bisogna fare.
Cosa le suggerisce il suo stomaco?
Di ritornare indietro. Come dire? Un ritorno avanti. Oppure: avanti con ricordo. In concreto: ripartire dal linguaggio, dalla logica, dalla sua applicazione
il linguaggio, la meticolosità delluso della parola significano attenzione; la logica permette di andare oltre la superficie, di capire cosa si sta facendo; lapplicazione costringe al rigore. Ripeto, con letà pretendo sempre di più. Ma come si fa ad essere competitivi se non cè una base? Per esempio: oggi abbiamo scoperto la tecnologia. Ma siamo i padroni o i suoi servi? Secondo me, i giovani sono servi del computer. Come sono schiavi di tutto ciò che facilità la vita. Eppure penso che i ragazzi di oggi siano bravi
Allora qual è il problema?
È che si fermano al come. Non affrontano il perché, fondamento che è diretto a ogni cosa. Questo deve dare la scuola: il senso, il significato. Non solo Umanismo, ovvero essere usati o semplicemente aiutati dalla scienza, ma anche Umanesimo, cioè capire il senso, avere il fine.
Quindi lei vede degli studenti di liceo superficiali, svogliati, pigri
No, no. Penso che si limitino a chiedersi come fare un progetto, come perorare una causa, come studiare
non fanno il salto successivo: perché realizzo questo progetto, perché è giusto perorare una causa, perché studio
Però gli studenti elaborano quello che trovano a scuola
Attenzione: non è colpa degli insegnanti. Loro si battono. È il vertice, diciamo così, politico che non è sensibile, che presta poca attenzione alla struttura e al sistema scolastico di un paese, lItalia, che dovrebbe essere un esempio in questo campo. In realtà, non si è fatto proprio nulla. Bisogna ricominciare da capo e fare scuola, farla pesantemente, con gli esami a settembre, la meritocrazia. Credo che questa sia democrazia, non il demagogico permissivismo. Uno Stato deve aiutare chi è capace, chi ha meriti. Anche il mondo delleconomia dovrebbe farsi sotto: quattro anni fa ho fatto un giro per le industrie con un gruppo di ragazzi napoletani. Industriali, perché non andate nelle scuole e prendete i più bravi?
Quando lei dice che è necessario tornare indietro, intende alla scuola degli anni Cinquanta e Sessanta?
Dal punto di vista del metodo sì. La linearità della scuola di 40 anni fa non andava cambiata, bastava abolire leccessivo nozionismo. Ma per il rigore e la serietà non ho dubbi: i ragazzi devono faticare. Basta accarezzarli, fategli il culo fin da piccoli. Sono loro che vogliono così: chiedono che gli si dica dei no. Hanno voglia di impegni più gravosi. Fare sacrifici è unottima parola chiave. Per i ragazzi, dico, non per gli insegnanti che ne fanno già abbastanza. Mi sembra che lItalia non riesca ad avere una cultura delleducazione rigorosa. Invece è un valore aggiunto che dovrebbe avere ogni tipo di studio, dai licei agli istituti professionali: non esistono più scuole di serie A e di serie B.
Un esempio di sacrificio scolastico?
Dare il tempo al sacrificio della letteratura. Tolstoj, Dante
Io sono cattolico, però da ragazzo andare a messa, secondo me, era una perdita di tempo. Poi ho capito che quello era il luogo.
Chissà se i genitori sono daccordo con lei. In fin dei conti partecipano allepoca del permissivismo
Guardi, io ho visto per 37 anni che cosa succede nella triangolazione insegnanti-figli-genitori
Che cosa succede?
Che gli insegnanti conoscono il ragazzo in un modo, i genitori in un altro modo. Quante volte parlando con le madri mi dicevo: questo di cui stiamo parlando non è il ragazzo che conosco io, è unaltra persona. Soprattutto nelle grandi città in provincia è un po meglio. A Milano il genitore vuole spiegarti comè suo figlio. A desenzano e a Rho, invece, ti chiedono semplicemente comè a scuola.
E allora come dovrebbero articolarsi i rapporti tra le famiglie e la scuola?
Secondo me, la relazione insegnanti-genitori va interpretata come il militare: qual è la mamma che va a parlare con il tenente? Preciso: sono pacifista e contro la guerra. Ma la prima regola è avere fiducia nei professori. E se vostro figlio torna a casa e dice di essere stravolto, non credetegli, non esistono insegnanti che li stravolgono. I giovani studenti devono sapere che il futuro loro e degli altri dipende dalla formazione di base. E, quindi, devono sbattersi. Se vogliono battere le macchine, devono avere una cultura. Ecco perché non è più accettabile alcun permissivismo. Certo, lesempio deve arrivare dalla società.
E invece?
Invece, con quello che abbiamo sotto gli occhi i giovani non possono che arrabattarsi.
E la scuola che cosa dovrebbe fare?
Dare a tutti, fino a 16 anni, la possibilità di capire cosa, come (e perché) stanno facendo. Negli ultimi tre anni di insegnamento mi sembrava tutto inutile. Sentivo che da parte dei miei studenti lascolto era molto basso. Non riuscivano a capire come materie che a loro sembravano inutili, tipo la storia, il greco e il latino, in realtà siano una straordinaria carezza dellanima. Ecco, alla scuola chiederei innanzi tutto di insegnare che cosa è bello, di divulgare larmonia, di spiegare il senso dei valori. Lo studente risponda scoprendo la pazienza, non abbia mai paura che tutto finisca. Mi rendo conto che è difficile oggi, viso che il massimo dei valori è inviare 100 sms al giorno o mangiare i gelati sulla spiaggia. In effetti, secondo me, bisogna che il ministero intervenga drasticamente per abolire ogni facilitazione.
Lei, allora, come immagina che possa riprendere slancio listruzione italiana?
Penso che a scuola vada introdotta una tirannide attenta e meditata: è un bruttissimo momento perché non cè preparazione di base, nello stesso tempo causa e conseguenza del fatto che i ragazzi non riescono a innamorarsi di quello che stanno facendo. Voglio dire che, certo, è importante studiare linglese. Ma forse è ancor più importante conoscere lorigine delle nostre parole, lanalisi logica, la logica matematica
se succedesse, beh, ci si potrebbe innamorare anche della tecnologia, del computer.
Secondo lei, dunque, a scuola si va tanto per andarci, al limite per imparare qualche cosa di utile per il lavoro?
Esatto. Come dicevo prima: non basta il come, serve il perché, il senso di quello che si sta studiando
E allora vediamo che cosa risponde a questa domanda. Se lo studio non deve servire ad apprendere qualcosa di utile, perché si va a scuola?
Per diventare una persona.
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