Le dichiarazioni del cantautore milanese, l'altro giorno a Palermo sui problemi dell'Isola, hanno sollevato polemiche. Da un lato ha espresso quanto i siciliani pensano davanti alle inefficienze. Dall'altro ha allargato quel baratro di superficialità dentro il quale ci specchiamo. Un nuovo contributo al dibattito
Vecchioni ha detto quello che pensiamo della Sicilia Ma dagli eroi non si vogliono mai semplificazioni
Vecchioni ha esternato. Apriti cielo. Quando parlano gli eroi – quelli domestici di tutti i giorni, che abbiamo conosciuto nelle canzoni della nostra vita, quando magari ancora non c’erano i profili di Facebook a spiegarceli, o nei libri, quando non c’erano i post ad accorciare le distanze – si crea uno strano silenzio di attesa. L’ambiente in molti casi comincia a pulsare di un’aspettativa spesso fuori misura. Radunati insieme il curioso e l’interessato, chi cerca l’infamia e chi accarezza un pensiero qualsiasi per dire di poterlo raccontare.
Roberto Vecchioni ha messo d’accordo tutti. Ha detto quello che pensiamo attraversando l’isola delle bretelle autostradali, quando accompagniamo i figli all’aeroporto per il viaggio o la fuga da una terra senza lavoro, o quando commentiamo il telegiornale regionale ad alta voce, a cena, e la rabbia a pancia piena, addensa il rancore in una forma velenosa e priva di speranza. Ha sbagliato. Non per il contenuto, non per il posto, né per la platea. Non perché non lo potesse dire, né perché, il siciliano – impastato di presunzione e di orgoglio, entrambi spesso fuori luogo – non meriti un giudizio severo. Ha sbagliato perché ha semplificato, allargando quel baratro di superficialità dentro il quale ci specchiamo, cogliendo solo un riflesso senza sostanza dei problemi, uno spot, un promemoria da perdere in mezzo alla chiavi di casa.
Vecchioni non sa che gli Lsu, i forestali siciliani, i progetti informatici che ci hanno coperto di imbarazzo per i costi sproporzionati, sono cose che non siamo riusciti ad evitare nella carenza di una programmazione economica ed industriale che è solo colpa nostra. Vecchioni non sa che il pizzo si comincia a non pagare anche perché ci sono meno soldi, e paura e disperazione cominciano ad equivalersi. La rivoluzione morale di una terra infelice è ancora lontanissima. Ha sbagliato perché a porre problemi siamo bravi tutti, a pensare soluzioni si resta in pochi. Ha abusato di eccesso di cazzeggio, uscire dal pensatoio e dirla grossa, anche se in passato si è sempre distinto per una semplicità ed equilibrio necessari ad un artista che non è stato mai banale.
A volte gli eroi non possono parlare. Rimangono in un silenzio che non si può profanare, restituiscono una luce dentro la quale ciascuno di noi può spaziare a suo piacimento. Gli eroi sono male necessario anche se il suono comune con la parola errori, diventa quasi un presagio. Quando hanno i capelli bianchi e l’età del giudizio avanzata, li si guarda ancora con più rispetto, e desiderio di verità. Vecchioni ha sbagliato e più di lui, noi che preferiamo ancora e sempre gli «angeli della normalità» agli eroi.