Una Costituzione da salvare

La Legge fondamentale della Repubblica Italiana, entrata in vigore il 1° gennaio 1948 e mai attuata nella sua interezza, viene oggi messa in discussione da una riforma approvata, a colpi di maggioranza, da una sola parte politica. Come se, volendo usare una metafora calcistica, le regole del gioco venissero scritte da una sola delle due squadre che giocano la partita.

 

Il 25 e 26 giugno saremo chiamati a ratificare o meno le modifiche alla seconda parte della Costituzione deliberate dalla maggioranza parlamentare che ha sostenuto per cinque anni il governo di Silvio Berlusconi.

 

Si tratta di cambiamenti importanti e sostanziali, che interessano la parte della nostra Carta Costituzionale dedicata all’ordinamento della repubblica e che comprende gli articoli da 55 a 139, suddivisa in sei titoli: sul parlamento, il presidente della repubblica, il governo, la magistratura, le regioni, le province e i comuni, le garanzie costituzionali.

 

Il dibattito sulla necessità di adattare la Costituzione alle mutate esigenze sociali ed economiche del Paese non è nuovo e questo è stato uno dei temi dominanti della discussione politica, soprattutto nell’ultimo decennio. Si è persa però, da parte di coloro che oggi invitano i cittadini all’approvazione del nuovo testo costituzionale, la memoria delle ragioni storiche che sessanta anni fa ispirarono coloro che possono ben essere chiamati i Padri costituenti.

 

La loro fu una scelta precisa: una Costituzione scritta e rigida. Un vero e proprio patto sociale formalmente codificato in un documento scritto che, frutto di uno sforzo politico collettivo, potesse rappresentare un adeguato compromesso tra le varie e diverse istanze della società civile emerse successivamente alla caduta del regime totalitario fascista e alla scelta repubblicana determinata dal referendum istituzionale del 2 giugno 1946.

 

Nel quadro della rigidità che caratterizza la nostra Costituzione, il potere costituente derivato (così chiamato per distinguerlo da quello originario esercitato una volta per tutte dall’assemblea costituente) spetta al Parlamento che lo esercita modificando il testo costituzionale con maggioranze qualificate e dunque sulla base di un amplissimo consenso, e attraverso due successive manifestazioni di volontà di entrambe le camere (v. art. 138 Cost.).

 

Le conseguenze di questa scelta di rigidità sul piano politico sono:

 

a)     stabilizzazione delle regole del processo politico, che vengono così sottratte alla gestione delle forze politiche di volta in volta prevalenti e alle modificazioni per fini di parte;

b)     necessità di larghissime intese politiche affinché le modificazioni al testo costituzionale vengano realizzate.

 

Il testo che oggi viene sottoposto agli italiani perché venga definitivamente approvato, è stato deliberato in totale dispregio dei principi che ho appena evidenziato.

 

Per quanto mi riguarda, sulla base delle premesse testé enunciate, non vale neanche la pena entrare nel merito dei singoli punti di modifica della nostra Legge suprema, tuttavia a chi volesse farlo propongo la lettura di questo documento: Controdecalogo nel quale, alle risibili ragioni del dentista Calderoli (la cui firma, lo ricordiamo, è apposta in calce alla sciagurata legge elettorale che ha abolito il voto di preferenza), si contrappongono le argomentazioni giuridiche di Leopoldo Elìa, insigne studioso di diritto pubblico e costituzionale, il quale non mette in dubbio che vi sia la necessità che la Costituzione venga aggiornata per adeguarla alle mutate esigenze della società, ma ribattendo punto per punto a quanto sostenuto dal leghista Calderoli, mette in evidenza le ragioni squisitamente tecnico-giuridiche che sottendono alla necessità di respingere la riforma che oggi ci viene proposta.

 

Con il referendum approvativo, previsto e disciplinato dall’art. 138 della Costituzione, siamo chiamati ad operare una scelta tra l’approvazione e la bocciatura della riforma costituzionale proposta. Dunque si tratta di esercitare il nostro diritto di sovranità attribuito al popolo dall’art. 1 della Costituzione medesima.

 

Concludo, augurandomi che i miei concittadini siano pienamente consapevoli dell’enorme responsabilità che ricade su tutti noi, responsabilità aggravata dal fatto che, a differenza dei referendum ai quali siamo abituati (quelli c.d. abrogativi) la cui validità è subordinata alla partecipazione alla consultazione del 50%+1 degli aventi diritto al voto, in questo referendum il risultato finale sarà determinato dal semplice conteggio di tutte le schede valide. Basterà la maggioranza anche di un solo voto per l’approvazione o meno della riforma.

 

Votare NO significa invitare le forze politiche ad elaborare finalmente una riforma ampiamente condivisa, significa dare un segnale forte per superare le divisioni su questioni fondamentali, significa salvare lo spirito che, all’indomani del disastro della seconda guerra mondiale, portò all’approvazione di un testo che fino ad oggi ha garantito l’unità e la pacifica convivenza in questo Paese.

 

 

 

 

Link:

 

La Costituzione della Repubblica Italiana

 

Scarica la Costituzione in formato pdf

 

Salviamo la Costituzione – Coordinamento Nazionale

 

Associazione Libertà e Giustizia

 

Armando Spataro. Scarse garanzie. Gli obiettivi reali della Riforma della Costituzione e dell’Ordinamento giudiziarioGolem – L’indispensabile, n. 4 (Giugno 2006).

 

Paolo Pavia

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