Una catanese crea un tessuto con le arance «Orange fiber, sostenibile ed economico»

«Volevo creare una nuova fibra tessile, che derivasse da una biomassa (la parte biodegradabile di sostanze biologiche, vegetali o animali, ndr) e che fosse sostenibile: sono catanese e la prima cosa che m’è venuta in mente è stata l’arancia». Adriana Santanocito, 34 anni, parla di Orange fiber, la sua invenzione come di una cosa semplicissima. In breve, lei ha creato un tessuto partendo dagli scarti dell’industria agrumicola siciliana. E, visto che ha studiato da stilista, con il suo prodotto ha realizzato una collezione modaiola che prevede 15 capi.

«Dovevo cominciare a lavorare alla mia tesi di laurea – racconta Adriana – e ho deciso di assecondare le mie passioni: ho sempre trovato molto interessante lo studio dei materiali e avevo una gran voglia di mettere in piedi qualcosa di nuovo». Così si è messa a pensare alla sostenibilità e, da catanese emigrata a Milano da quattro anni, ha cercato di trovare «un ponte tra la Sicilia e il lavoro». «Ho coinvolto due amici di sempre affinché dessero un valore aggiunto al mio progetto, mettendo insieme le professionalità di tutti», spiega la giovane. Così su Orange fiber hanno lavorato sin dall’inizio anche Enrica Arena, 26 anni, laureata in Cooperazione internazionale («Perché con qualunque progetto non si può pensare di restare in Italia»), e Giovanni Pezzino Di Geronimo, 31 anni, imprenditore agricolo («Per via della sua profonda conoscenza del territorio siciliano e delle sue criticità»). L’idea di fare qualcosa con le arance «ci è parsa subito ottima».

Abito realizzato con Orange fiber

«Le arance sono essenzialmente destinate a tre scopi: la vendita diretta, la lavorazione per farne dei succhi o quella relativa alla cosmesi – gli oli essenziali, per esempio». Ma non ogni frutto che viene raccolto viene usato: «Oltre agli scarti dei derivati, c’è una grande parte di prodotto che non viene venduta: scartata per via della buccia troppo spessa, o del fatto che è stata intaccata dalla grandine, oppure perché colorito e dimensioni la rendono inadatta al mercato alimentare». «Orange fiber – dice la stilista – usa tutto quello che viene normalmente considerato uno scarto». Una partnership con il Politecnico di Milano le ha permesso di fare ricerche approfondite, di estrarre direttamente la cellulosa buona per essere filata. «È un processo economico – puntualizza Santanocito – Pensiamo al cotone biologico: ha bisogno di tantissima acqua, mentre noi non sprechiamo materie prima, né intacchiamo prodotti alimentari».

In più, Orange fiber, secondo Adriana Santanocito, potrebbe diventare un’occasione per la Sicilia e le sue aziende. «Vogliamo fare delle partnership con le aziende del comparto agrumicolo e inventarci un nuovo settore di investimento». In più, in laboratorio hanno studiato dei modi per rendere i loro prodotti accattivanti anche sul mercato internazionale: «Usiamo le nanotecnologie, mettiamo nei tessuti delle microcapsule che rilascino vitamine A, E e C a contatto con la pelle: i benefici per l’utente sono immediati».

«Mi fa soffrire il fatto che per mandare avanti la mia idea io abbia dovuto trasferirmi», afferma la ragazza. «Per questo immagino un futuro con due basi: una creativa a Milano e una produttiva in Sicilia». Parlare di moda al Sud «è impossibile» e «con quello che ho adesso sono felice». Del resto, perfino il Comune del capoluogo lombardo ha trovato innovativo il lavoro di Adriana e l’ha premiato offrendo al team 1000 euro e sei mesi di pre-incubazione: «Ci hanno dato uno spazio in cui lavorare, le attrezzature e ci hanno fatto affiancare da alcuni professionisti che ci hanno indirizzati per farci andare avanti al meglio». «Tutto molto bello – conclude Santanocito – ma se potessi tornerei a casa».

Luisa Santangelo

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