Un viaggio che parte dal Bangladesh e attraversa cinque stati: India, Pakistan, Iran, Turchia e Grecia. Poi finalmente l’Italia, Napoli. Da qui Khalifa, bengalese e all’epoca 17enne, poi raggiunge Palermo perché sa che c’è una grande comunità che proviene dal suo Paese e che lo accoglierà. Khalifa è stremato: due mesi in balia dei trafficanti con poco cibo, dormendo quasi niente e cambiando spesso mezzi. Durante il viaggio si va a piedi, in treno, si sale sui barconi, infine il traghetto che lo porterà in Italia in un luogo ancora non ben definito, non sa che arriverà qui. Non ne ha idea. «I trafficanti ci dissero che la destinazione era l’Europa ma non specificarono qual era il Paese – racconta Kahlifa, che ora di anni ne ha 19 – per il viaggio abbiamo pagato circa ottomila euro» .
Arrivato a Palermo, già confuso e stanco, Khalifa, ancora minorenne, è finito in una comunità per minori non accompagnati, la Stellaria. Dopo otto mesi però è diventato maggiorenne. «Mi hanno detto che dovevo andare via – continua il ragazzo – ma avevo fatto richiesta d’asilo politico per motivi umanitari e alla fine sono finito in uno Sprar in Corso Vittorio Emanuele, Casa San Francesco». Da qui la richiesta del permesso di soggiorno, Khalifa ricorda con esattezza il giorno preciso, 27 maggio, e dopo un anno la bella notizia: permesso di soggiorno concesso. «Ancora non l’ho ritirato», si affretta a precisare.
Un altro motivo per pensare finalmente con ottimismo al futuro. Khalifa ha fatto un corso di due mesi per diventare mediatore culturale e già ha fatto esperienza in due comunità. tra poco ne inizierà un’altra in una nuova struttura. Anche se le premesse ci sono, lui alza lo sguardo e si dice ancora incerto su ciò che farà. Se la sua esperienza da mediatore non desse i frutti sperati, dice, «potrei forse aprire un negozio qui o andare in Francia, dove sono già alcuni miei amici». Dopo tutta la fatica, la paura e l’impegno il bilancio per Khalifa non è proprio positivo. In Bangladesh ha lasciato la famiglia: papà, mamma e due fratelli più piccoli. Anche loro partiranno? «No resteranno a casa, non glielo consiglio, con il senno di poi, tutto questo ».
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