«Noi ci crediamo». Un motto semplice, ma neanche troppo scontato se pronunciato da chi si appresta a creare lavoro e speranza per delle giovani donne cresciute in un territorio fragile e con alle spalle storie importanti, vicende che le hanno poste in una posizione particolarmente vulnerabile all’interno della società. Ancora più difficile se si pensa che questo progetto, un’iniziativa di agricoltura sociale, si svolgerà sui terreni di Bernardo Brusca, il defunto patriarca della mafia di San Giuseppe Jato, alleato di ferro dei corleonesi Riina, Ligio e Greco e padre di quel Giovanni Brusca, che lo sostituì alla guida del mandamento e che fu protagonista nelle vicende che ruotarono attorno alle terribili stragi di mafia degli anni ’90 e assassino del piccolo Giuseppe Di Matteo, di cui il terreno, da tempo confiscato, porta il nome.
“Chi semina racconta”, questo il nome del progetto realizzato dalla Cooperativa sociale Placido Rizzotto (capofila), da Libera Palermo, da Orizzonte Donna onlus e dalla Rete delle Fattorie sociali Sicilia grazie a un finanziamento della Presidenza del Consiglio dei ministri, che si propone di aiutare all’inserimento nel mondo del lavoro di dieci giovani donne a rischio marginalità: disoccupate, che vivono condizioni di disagio o che si trovano a dover crescere da sole un figlio. Le protagoniste saranno formate, nell’arco dei 18 mesi, per organizzare e gestire attività di agricoltura sociale.
«Un luogo carico di valore e di una storia così dolorosa – dice Francesco Galante, presidente della Cooperativa Placido Rizzotto – viene riconsegnata ai giovani che potranno apprendere l’amore per la terra e per i frutti che abbiamo imparato a coltivare». «Vogliamo essere vicini a chi vive solitudini forzate dettate da disagio socio-economico-culturale» ha aggiunto Antonella Massimino, vicepresidente di Orizzonte Donna onlus.
Il progetto, per cui sono stati erogati 219 mila euro nell’ambito dell’avviso promosso dal Governo nazionale “Giovani per la valorizzazione dei beni pubblici”, prevede anche, in un secondo momento, il coinvolgimento di oltre 60 minori ospitati in comunità alloggio o che hanno commesso reati e giovani affetti da sindrome di Down, che saranno impegnati in attività educative e ricreative e a praticare la pet therapy. «Le esperienze di agricoltura sociale in Sicilia – racconta Salvatore Cacciola, presidente della Rete delle Fattorie sociali Sicilia – sono in continua crescita e sempre più giovani, organizzati in cooperative sociali e imprese a conduzione familiare, declinano un’idea di multifunzionalità dell’azienda agricola realizzando programmi di inclusione sociale, di educazione, servizi per la riabilitazione e la promozione della salute».
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