Un museo della pomice per non cancellare la storia di Lipari «Dopo anni di immobilismo Regione costretta a muoversi»

Una roccia di origine vulcanica che è il simbolo dell’isola di Lipari, la maggiore delle sorelle che compongono l’arcipelago della Eolie, nel mar Tirreno. La pietra pomice non è soltanto un segno distintivo del territorio ma per secoli è stata anche volano dell’economica locale come risorsa naturale estratta dalle cave presenti nell’isola. Così richiesta da invadere tutto il territorio nazionale ed europeo. Terminata la storia industriale per la pietra pomice è cominciata quella che fa rima con abbandono e degrado. Una svolta però potrebbe arrivare con l’istituzione del museo della Pomice e la nascita del parco geominerario. A puntarci, dopo anni di silenzio, sembra essere la Ragione Siciliana con una delibera di giunta firmata nei giorni scorsi. «Affinché tale patrimonio immateriale non si disperda – si legge nel documento – ma anzi venga adeguatamente tutelato e valorizzato, si impone l’avvio di tutte le attività necessarie alla realizzazione del progetto di istituzione del museo».

«Il progetto potrà anche riguardare attività e azioni rivolte alle ex aree di cava – continua il documento di giunta – sia per quel che riguarda lo stato di sicurezza e conservazione dei luoghi che di proposte finalizzate alla riqualificazione e restituzione a visitatori e comunità isolana». Da queste indicazioni generiche però bisognerà passare ad azioni concrete. Sul punto non ha dubbi Nino Paino, direttore del Centro studi Eoliano, avamposto che dal 1981 promuove e valorizza il patrimonio culturale delle Eolie. «Quella del museo è un’idea nata 20 anni fa – spiega Paino a MeridioNews – ma c’è sempre stato un silenzio assoluto da parte delle istituzioni». La svolta in questa storia sarebbe arrivata grazie a un lungo articolo pubblicato a maggio di quest’anno da Gian Antonio Stella sul Corriere della Sera. «Gli abbiamo scritto privatamente per chiedere aiuto e rendere la questione nazionale – continua Paino – Di fatto è stato sollevato un polverone e la Regione è stata costretta a occuparsi del caso dando mandato alla Sovrintendenza di Messina».

Per capire come tramutare i documenti in qualcosa di concreto Paino annuncia l’intenzione di convocare, per i primi giorni di agosto, una conferenza nei locali del centro studi. «Bisogna creare un gruppo di lavoro specifico e superare dei grossi problemi burocratici». Al centro della vicenda c’è il nodo Pumex, dal nome di una delle aziende più importanti nell’esportazione della pietra pomice. La società, dichiarata fallita e controllata da un liquidatore, nel 2007 venne sequestrata perché avrebbe continuato a estrarre la pietra pomice nonostante lo stop imposto nel 2000 dalla dichiarazione dell’isola di Lipari a patrimonio mondiale dell’Unesco. Così oltre alle cave anche gli immobili di Pumex sono rimasti abbandonati. «Gli immobili sono stati lasciati al loro destino e sono spesso oggetto di atti vandalici – continua Paino – Bisogna stoppare le vendite. La Regione intervenga altrimenti il messaggio è che non si ha interesse nel conservare la memoria storica di Lipari».

Prima della Pumex non aveva avuto epilogo migliore la Società Eoliana, fondata a fine ‘800 proprio per la gestione delle estrazioni. «Per noi quella del parco geominerario è una questione importante, abbiamo grandi aspettative dopo un percorso lento», aggiunge il sindaco di Lipari Marco Giorgianni. Anche il primo cittadino si sofferma sul nodo Pumex: «Sosteniamo – dice – che molte aree siano di proprietà demaniale e non private». Cosa ne sarà di tutto questo lo stabilirà il tempo. Sperando di non perdere un patrimonio che non può essere cancellato. 


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