"Terra ca nun senti": riprendiamo da La Sicilia la cronaca di un esperto della musica di Rosa Balistreri. Le migliori interpreti della musica e del teatro nazionali tutte insieme per cantare e raccontare la raggia, lamuri e lu duluri, lo sdegno e lingiustizia dei tempi di Rosa che sono gli stessi di oggi
Un miracolo più che un evento
«Troppa grazia, santAntonio!», avrà sbottato ieri sera Rosa Balistreri guardando dallalto dei cieli quello che accadeva in piazza Università. «Troppa grazia» per una popolana morta quasi in miseria e dimenticata da molti perché scomoda ancora oggi. Sì, troppa grazia: undici rose rosso fuoco, meravigliose e aulentissime. Undici picciuotte, perché la carta didentità non conta, impegnate con passione e ardore in un tributo alla pasionaria di Licata. Troppa grazia, mai vista prima. Le migliori interpreti della musica e del teatro nazionali tutte insieme per la cantattrice agrigentina, per cantare e raccontare la raggia, lamuri e lu duluri, lo sdegno e lingiustizia dei tempi di Rosa che sono gli stessi di oggi.
Un miracolo, più che un evento. Un esempio di amicizia e di amore. Per Rosa, per la sua storia di donna e di artista. Carmen Consoli, in primis. Perché è stata lei lideatrice, spendendo sei mesi di fatica insieme con Francesco Barbaro per realizzare questo sogno. Perché è stata la prima rosa a fiorire sul palco, calando nel rock Buttana di to ma e arricchendo di echi balcanici Rosa canta e cunta. Rita Botto, poi, secondo lordine di apparizione. La sacerdotessa, sacrale in Curri cavaddu curri, ipnotica e ossessiva in A tirannia. Dalla Toscana è scesa Nada per tuffare la lingua di Dante nel mar Ionio e digrignare A riti, rabbiosa e solare. La veneta Patrizia Laquidara ha rivangato le sue origini siciliane, attingendo alle voci ed ai suoni della Pescheria, con una sensuale interpretazione di A curuna. Dalla Germania è tornata Etta Scollo per dare voce a una trascinante Olì olì olà.
LEtna Orchestra diretta da Salvo Cantone arricchisce di profumi, colori, suoni il giardino di rose. Le letture che si scambiano le protagoniste della serata raccontano il diario di viaggio e del dramma di Rosa Balistreri. Non è soltanto un concerto, un recital, è uno spettacolo multimediale, in cui le canzoni sintersecano con le parole, con le immagini, con la prosa. E Ornella Vanoni apre la parentesi teatrale, complice Carmen Consoli nel ruolo di direttore dorchestra, riportando la sua amica Rosa fra le nebbie milanesi, ai tempi degli spettacoli di Dario Fo Ci ragiono e canto. Regale, elegante, ironica nellesecuzione di Mi votu e mi rivotu. E contenta come una bambina per «avercela fatta», come ha gioito venerdì sera nella prova generale.
«Troppa grazia», avrà ripetuto Rosa. Che in uno spettacolo tutto di uomini si sarebbe vestita da maschio. E qui, in uno show tutto al femminile, può accadere che Alfio Antico, che negli anni Ottanta accompagnò la cantattrice in alcuni concerti, invada il palcoscenico nei panni di malafemmina. Travolgente con i suoi tamburi, «ma Rosa li chiamava tammuri», snocciola Proverbi siciliani «che lei cantava a mo di stornelli e che io invece ho portato in minore». Coinvolge in una sorta di divertente sabba anche Carmen Consoli, sua nuova allieva nellarte del tamburo.
«Troppa grazia», si sarà di nuovo commossa Rosa riascoltando dal megaschermo le parole di Ignazio Buttitta, recuperate in un raro filmato dallopera certosina di Sebastiano Gesù. E commovente, struggente, sofferta, passionale, carnale, è Paola Turci, straordinaria interprete di Cu ti lu dissi. Lattualità di canzoni mai invecchiate e che suscitano profonde emozioni ancora oggi è ribadita da Marina Rei che dà una briosità rock a Mafia e parrini.
E che Rosa sia stato un personaggio scomodo lo sottolinea la divertente, dissacrante e lasciva perla teatrale creata da Emma Dante, lundicesima palermitana. Le anime di Rosa e della sorella (Manuela Lo Sicco ed Ersilia Lombardo) davanti alla tentazione peccaminosa e diabolica di un paio di scarpe rosse con il tacco a spillo, le stesse che calza un prete falso penitente, interpretato da Massimo Vinti.
«Troppa grazia!», avrà esclamato Rosa, restando a bocca aperta davanti al fantastico duello di melodie e armonie fra il mandolino e la voce di Giorgia nella rilettura di Amuri senza amuri, un superbo saggio di bravura. Mentre Tosca proietta Rosa Rosa nel mondo felliniano, la compara a Gabriella Ferri, unaltra popolana come lei, unaltra donna che ha sofferto come lei.
«Troppa grazia», avrà pianto al regalo finale, alla realizzazione di quel sogno che le fu negato vivere a Sanremo nel 1973: suonare davanti a una grande orchestra. Ed eccola apparire fra le immagini di una Licata anni Sessanta, fra volti di anziani e bambini, carrettieri e sindacalisti. Ed eccola cantare quella canzone esclusa allultimo momento, per motivi politici, dal Festival, accompagnata dalla grande, strepitosa, Etna Orchestra. Sul leggio una rosa, negli occhi di molti una lacrima, nellaria la sua voce e le note e le parole di Terra ca nun senti.
Terra ca nun senti, titolo anche della serata che avrebbe meritato uno scenario ancor più prestigioso e maestoso per la rarità di poter trovare insieme tante eccellenze della scena artistica nazionale e per la complessità dello spettacolo. Ma che anche Rosa avrebbe messo in scena in piazza, fra la gente, il popolo. Lovazione finale è per le undici donne protagoniste, per la malafemmina e per lOrchestra. Ma soprattutto per Rosa. «Troppa grazia, santAntonio!».
[Pubblicato sul La Sicilia di domenica 1 giugno 2008, col titolo: Lamuri, la raggia, lu duluri e dodici «rose» aulentissime.]