Un breaker si racconta

Come ci spiega pazientemente Umberto, prima di descrivere la breakdance in tutte le sue sfaccettature, è opportuno sottolineare che questa è solo una delle tante facce della medaglia, tipiche di una cultura ben più vasta: quella hip hop. Infatti, oltre al breaking, l’hip hop comprende l’MC’ing (che sta ad indicare i “Master of Ceremonies”, ossia i rappers), il Writing (l’arte di abbellire le cupe zone delle città in degrado) ed il DJing, (il dj, il “fantino dei dischi”, si occupa di far passare dischi ininterrottamente ed effettuare avvisi con il microfono tra un pezzo e l’altro). E dopo averci descritto la grande famiglia alla quale ormai appartiene, Umberto è pronto a raccontarci come ha cominciato con questa disciplina.

 

Perché hai deciso di cominciare a ballare proprio con la breakdance?

Ho deciso di praticarla, perché è una disciplina alternativa alle altre, capace di mischiare l’abilità degli atleti con l’espressione dei ballerini… Insomma, è una danza fuori dal comune, anche se Maria De Filippi si ostina a giudicarla ostinatamente una non-danza. Almeno non vedrò mai un fratello umiliarsi in quel programma!

 

Come hai cominciato?

Ho scoperto il mondo della break per caso, grazie ad un mio amico. All’inizio mi affascinava guardarli ballare nelle piazze della città, ballavano in piazza Stesicoro o in Corso Sicilia senza che nessuno gli creasse problemi, ma ti parlo di tempo fa, perché purtroppo adesso le cose sono cambiate troppo…

 

Che cosa intendi dire con questo?

Purtroppo, dato che la break non è considerata una danza ufficiale, non ci sono consorzi a cui possiamo fare riferimento, quindi siamo costretti ad affittarci una palestra per allenarci con gli amici, a ballare per strada oppure a partecipare ai contests che la nostra “famiglia” organizza; manifestazioni che purtroppo sono quasi del tutto inesistenti a Catania, perché come si dice in giro “i palazzetti sono troppo occupati per ospitare qualcosa di più importante”.

 

Umberto ci racconta che il braking è nato negli anni 70 in America, nel Bronx di New York. Nella sua disciplina non è importante per nulla la tecnica, ma lo “style” (come sono soliti dire), comunicare le proprie emozioni; infatti, per vincere un contest non ci sono regole da seguire, ma bisogna solo personalizzare, riuscire ad inventare nuovi passi capaci di lasciare a bocca aperta i giudici.

Il breaking proibisce qualsiasi forma di violenza ed addirittura i ragazzi ballando cercano di risolvere i loro problemi all’interno dei cerchi.

 

Hai qualcosa da rimproverare alla tua “famiglia”?

A mio parere l’obiettivo di ogni ballerino dovrebbe essere quello di essere completo, quindi critico chi si specializza solo in una categoria, come per esempio chi si specializza nel footwork (il ballo per terra), nel powermoves (il ballo acrobatico) e nel freeze (i blocchi). Trovo ingiusto far vincere un contest ad un tizio che sappia fare solo spettacolari acrobazie quando invece, di tutto il resto non ne capisce nulla. E questo purtroppo capita spesso.

 

E qualcosa da rimproverare al mondo esterno?

Indubbiamente, la pecca di chi ci guarda da spettatore esterno è quella di non apprezzare il breaking come forma di danza, quando si dovrebbe pensare che la danza in realtà è nata come forma di espressione corporea ed è stata solo dopo infettata da quel circolo vizioso che è il business.

 

A differenza del pensiero comune, Umberto considera la sua una danza e da ballerino il suo sogno è di essere completo. Sorridendo ci rivela di esser contento che la sua danza sia discriminata, questo gli ha permesso di girare l’Italia per partecipare ad alcuni contest e presto comincerà a girare il mondo: prossima tappa il l’I.B.E. di Rotterdam e il sogno rimane l’International Breakdance Event d’America.

 

Per saperne di più, www.southinvasion.com è il sito di riferimento per tutti i b-boys siciliani, mentre umbertomakro@yahoo.com è l’indirizo email di Umberto.


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