Cinquecento euro a un agente per potere introdurre in carcere gli apparecchi telefonici, che venivano utilizzati anche per continuare a gestire il commercio degli stupefacenti
Un agente corrotto, droga e telefoni in carcere Cinque provvedimenti restrittivi all’Ucciardone
Agenti corrotti, droga e telefoni in carcere. Sembra uno scenario da film quello scoperto dalla polizia penitenziaria all’interno del carcere Ucciardone di Palermo. Protagonisti Fabrizio Tre Re, in carcere per l’omicidio di Andrea Cusimano, freddato tra le bancarelle del mercato del Capo nel 2017, e Giuseppe Scafidi, agente proprio della polizia penitenziaria. Quest’ultimo avrebbe accettato una mazzetta da 500 euro dalla moglie di Tre Re, Teresa Altieri, per fare entrare in carcere uno smartphone e due mini telefoni cellulari.
Telefoni che non sono mai arrivati a Tre Re, grazie all’intervento del servizio investigativo della polizia penitenziaria che ha sequestrato gli apparecchi. Attraverso intercettazioni telefoniche e ambientali sono stati in oltre acquisiti ulteriori elementi di prova relativi ad un commercio di sostanze stupefacenti. È stato, infatti, possibile documentare alcuni episodi in cui telefonini introdotti in carcere sono stati utilizzati dai detenuti per la vendita di droga. Di uno di questi episodi si è reso responsabile lo stesso Tre Re che ha trattato telefonicamente con James Burgio, detenuto nel carcere di Augusta, la vendita a dei complici in libertà di una partita di circa cinque chili di droga.
Il gip di Palermo ha firmato i provvedimenti di custodia cautelare in carcere nei confronti di Scafidi e Tre Re, di Teresa Altieri, di Rosario Di Fiore, che avrebbe fatto funzione di intermediario tra la donna e l’agente e di James Burgio. Scafidi, Tre Re, Altieri e Di Fiore devono rispondere di corruzione; Tre Re e Burgio sono indagati anche per commercio illecito di sostanze stupefacenti.