«Come mai in 40 anni non è mai stato fatto un film su Piersanti Mattarella, nemmeno una fiction televisiva?». Comincia subito ponendo una domanda, che probabilmente rimarrà senza risposta, Aurelio Grimaldi, il regista del film Il delitto Mattarella, nel giorno dell’ultimo ciak a Mondello. Dopo alcuni ritardi, infatti, le riprese della pellicola co-prodotta da Cine 1 Italia e cominciate ai primi di marzo con un ricco cast siciliano, volgono al termine. È il tempo dei bilanci, e l’occasione è la conferenza stampa prevista ai Cantieri Culturali della Zisa a cui stamane hanno partecipato anche attori del cast, sindaci dei Comuni dove sono state girate alcune scene, e persino il presidente della Regione Nello Musumeci e dell’Ars Gianfranco Micciché. Tornando al quesito iniziale, Grimaldi ha spiegato: «Per me è un grande onore e onere che nessuno se ne sia occupato. Un grande onere perché credo che la famiglia Mattarella, oggi lo possiamo dire, è una famiglia che ha dato moltissimo al Paese. Il mio auspicio è che possa riconoscersi ed emozionarsi in questo film che è anche un esempio di volontà di memoria storica».
Un vero e proprio tributo alla memoria del presidente della Regione siciliana ucciso il 6 gennaio del 1980 – episodio sul quale aleggiano ancora molte ombre, a partire dagli esecutori materiali, come è stato più volte ricordato anche dal regista che tra le piste ha privilegiato quella della destra stragista – non solo nella scelta del sofferto soggetto, ma anche nella selezione degli attori siciliani coinvolti nel progetto che si avvale, a sua volta, di una troupe interamente locale. «Ammetto di aver cominciato a pensare a questo film tanti anni fa – ha rivelato – uno dei tanti progetti su cui raccoglievo materiali, e con l’elezione del presidente della Repubblica Sergio Mattarella ho pensato: ‘ora o mai più’. Vorrei fosse chiaro una volta per tutte che non si è tratto di un film di genere perché non é sulla mafia, ma è un film impegnato, militante, alla Francesco Rosi, un film che parte dai documenti e, laddove ci sono dei buchi, interviene secondo procedimenti logici non arbitrari».
La ricostruzione storica, quasi un chiodo fisso per il regista che ha speso anni in ricerca e documentazione, è stata l’ossatura da cui ha preso forma la sceneggiatura, poi finita al centro di una singolare polemica, subito sgonfiata sul nascere. «Ho inviato la sceneggiatura ai membri della famiglia Mattarella per pura onestà intellettuale – ha puntualizzato – Dopo di che, non ho chiesto alcun avallo perché Piersanti é un personaggio storico. In passato ho anche incontrato il figlio Bernardo che con estrema gentilezza ha risposto alle mie domande dandomi una dritta – ha proseguito Grimaldi – Oggi girerò l’ultima scena dove Michele Sindona è ospitato da Spatola. Questa consiglio nasce proprio dal confronto con Bernardo al quale sono grato per avermi dato informazioni preziosissime anche sulla figura di Rosario Nicoletti, la più difficile e complessa di tutto il film magistralmente interpretata da Leo Gullotta».
E sempre a proposito di polemiche, qualcuno ha ricordato le critiche sollevate dal M5s di fronte «all’ennesimo film di mafia», anche questa volta immediatamente stoppate da Grimaldi: «Girare a Corleone è stata un’esperienza molto bella, la popolazione e la giunta ci hanno aiutato tantissimo. I corleonesi sono una splendida comunità e credo che non solo da oggi, ma da anni, Corleone sia una città della legalità e della trasparenza». E poi ha rivelato: «Dopo ho incontrato il capogruppo dei 5 Stelle, Pascucci, ed è stato un incontro franco: non c’era alcun problema sul film ma nei riguardi dell’amministrazione». A riprova del clima sereno con l’amministrazione locale, sul palco c’era anche il sindaco Nicolò Nicolosi: «Mattarella è l’emblema della bella politica che si spende per il bene e che cade per il bene comune, un evento troppo speciale per non essere celebrato. Anche i corleonesi, che hanno vissuto tanti anni chiusi nel loro mondo perché costretti dalla mafia, ora hanno capito che anche loro devono abbracciare la causa di Mattarella».
Infine, c’è stato anche il tempo per un siparietto tra Grimaldi e Micciché che si è prestato perfino per un cameo, indossando i panni del presidente dell’Ars all’epoca dei fatti. «Se qualcuno mi avesse chiesto un parere su Micciché avrei detto che è un mio nemico politico – ha ammesso senza peli sulla lingua il regista, che in una lettera ha chiesto e ottenuto di poter girare tra i banchi di Sala d’Ercole – Eppure, mentre preparavo il film, sono rimasto colpito ascoltando una sua dichiarazione temeraria in tv dove attaccava il ministro Salvini sui migranti. Non me l’aspettavo». Non da meno è stato l’esponente di Forza Italia che non ha fatto mistero delle sue antipatie. «Quando un registra di sinistra decide di fare un film a Palermo ho sempre paura che si faccia demagogia – ha risposto a sua volta – ma quando mi è arrivata la lettera di Grimaldi ne ho riconosciuto la buona fede e l’onestà intellettuale tant’e’ che poi gli ho telefonato per ringraziarlo».
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