Tunisia, il Governo spara sui manifestanti

Lo ammettiamo. Anche a noi è sfuggito il più recente e spaventoso capitolo della tragedia tunisina. La scorsa settimana è scesa in piazza un’intera cittadina, quella di Siliana (25000 abitanti, a 120 Km dalla capitale, Tunisi). La popolazione è scesa in piazza per giorni interi come hanno recentemente fatto i greci, gli spagnoli, gli italiani… e per gli stessi motivi: la pressione economica congiunta alla crisi e alle politiche economiche del rigore a senso unico è tutta sulle classi più deboli. E’ ovvio che le regioni e le province più povere ne paghino le conseguenze più degli altri. (a destra, un ragazzo tunisino ferito: foto tratta da proletaricomunisti.blogspot.com)

Siliana è allo stremo, proprio come la Grecia e la Spagna…

Ma mentre da noi i ragazzini delle scuole che scendono in piazza vengono “solo” presi a manganellate in faccia, a colpi di bombe lacrimogene dalle finestre dei ministeri e poi inseguiti per centinaia di metri da poliziotti imbizzarriti, in Tunisia le truppe antisommossa prendono i manifestanti a fucilate, con proiettili da caccia grossa, per la precisione proiettili per la caccia ai cinghiali. Sono centinaia i manifestanti feriti pochi giorni fa a Siliana e almeno venti di loro perderanno sicuramente la vista. La notizia è riportata ieri da Repubblica (http://www.repubblica.it/esteri/2012/12/04/news/tunisia_villaggio_in_marcia-48037381/) e ha avuto una eco molto limitata nel panorama giornalistico italiano e siciliano, nonostante la vicinanza del Paese nordafricano.

Lo sciopero generale e la rivolta della regione di Siliana sono nate come quella del 2011: per la miseria estrema. A quasi due anni dalla ‘Primavera’ araba, nessun vero problema economico è stato risolto in Tunisia. Anche là, la politica del rigore miete vittime e crea ulteriori ingiustizie e incolmabili differenze sociali. (a sinistra, foto tratta da lantidiplomatico.it)

I cittadini di Siliana mirano a ottenere le dimissioni del governatore della loro regione Ennahdha (partito islamista), “giudicato incapace di fronteggiare la situazione economica nella regione”, come riportato dall’articolo di Sabrina Ambrogi su Repubblica online. Lo sciopero generale si è fermato solo due giorni fa dopo un parziale accordo dei sindacati, che però molti cittadini hanno criticato, come si legge in un approfondimento del giornale tunisino La Presse, versione online (http://www.lapresse.tn/03122012/59092/la-greve-generale-suspendue.html).

In Italia la durezza della repressione è ignorata e dimenticata, come se fosse normale nel XXI secolo che un governo democraticamente eletto mandi le forze dell’ordine a sparare sulla folla… Forse perché la vicina barbarie trae origine dalle stesse politiche economiche autolesioniste e del rigore a senso unico che si portano avanti in Italia e in Europa?

E non è tutto. Il giornale tunisino “Le Temps” (nella sua versione online) ci informa sulla pesante e perdurante situazione di pericolo in cui si trovano i giornalisti tunisini nonostante l’avvento della democrazia parlamentare dopo decenni di dittatura. Le Temps titola (http://www.letemps.com.tn/article-71990.html) “Le aggressioni contro i giornalisti… ricominciano ancora più forti”.

La Tunisia è ancora nel bel mezzo del guado dalla dittatura alla democrazia. Guado reso complicato dalla crisi internazionale, aggravata anche là da una politica economica dettata dalle trojke di turno che imperversano al di qua e aldilà del Mediterraneo…

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