A far scattare le indagini il rinvenimento di un tunisino, trovato morto a gennaio 2017 sul ciglio della strada. L'uomo era deceduto in seguito alla fratture provocate dai membri di due organizzazioni, che in questo modo simulavano incidenti e ottenevano così rimborsi assicurativi
Truffa alle assicurazioni, le vittime venivano mutilate Tra i fermati infermiera che procurava gli anestetici
Tossicodipendenti, persone con problemi mentali o dipendenti dall’alcol, soggetti in grave difficoltà economica: erano tutti soggetti ai margini della società le vittime delle due organizzazioni scoperte dalla polizia a Palermo che mutilavano le persone per poi truffare le assicurazioni. Soggetti che, attratti dalla promessa – mai mantenuta – di ricevere del denaro, davano il loro consenso a subire ogni tipo di violenza. Di solito chi accettava di subire le violenze lo faceva perchè aveva contratto onerosi debiti di droga. E quindi la successiva mutilazione veniva prospettata come l’unica soluzione possibile.
Al momento sono undici le persone fermate. Dalle indagini è emerso che in alcune situazioni i membri delle associazioni criminali somministravano in maniera rudimentale dosi di anestetico alle vittime, per tentare di ridurre e attenuare il dolore delle mutilazioni subite. L’anestetico veniva procurato da una delle persone fermate, un’infermiera in servizio all’ospedale Civico di Palermo.
C’è anche un tunisino che è morto tra le vittime delle due organizzazioni scoperte della polizia. Le indagini degli uomini della squadra mobile di Palermo hanno infatti accertato che il cittadino tunisino trovato morto su una strada alla periferia del capoluogo siciliano nel gennaio 2017, non era in realtà rimasto vittima di un incidente stradale ma era deceduto in seguito alle fratture provocate dai membri di una delle due organizzazioni proprio con l’obiettivo di simulare un incidente e ottenere così i rimborsi assicurativi.
A essere messa in evidenza la particolare ferocia degli adepti delle due organizzazioni che scagliavano pesanti dischi di ghisa come quelli utilizzati nelle palestre sugli arti delle vittime, in modo da procurare delle fratture che spesso menomavano le parti coinvolte costringendole anche per lunghi periodi all’uso di stampelle e a volte alla sedia a rotelle.