Le ustioni di secondo e terzo grado sul 60 per cento del corpo rendevano la sua situazione gravissima dall’inizio. Ma poche ore fa alcune complicazioni l’hanno peggiorata ulteriormente. È morto alle otto di stamattina per «insufficienza multi-organo» Salvatore La Fata, nel suo letto di terapia intensiva post-operatoria all’ospedale Cannizzaro, dopo undici giorni di coma farmacologico. L’uomo, ex operaio edile disoccupato da due anni, si era dato fuoco lo scorso 19 settembre, dopo che la polizia municipale, nel corso di un controllo antiabusivismo, gli aveva sequestrato la frutta e la verdura che vendeva su una bancarella abusiva, in piazza Risorgimento. Domenica i medici avevano provato a risvegliarlo, interrompendo la somministrazione dei sedativi, ma lui non aveva risposto ad alcuno stimolo. Poteva capitare, aveva detto il personale sanitario alla famiglia, forse era colpa delle tossine della benzina ancora in circolo nel sangue. Ma la situazione non è migliorata, fino al crollo, questa mattina. E adesso, alla denuncia per istigazione al suicidio e omissione di soccorso, formulata dall’avvocato della famiglia La Fata contro i vigili urbani, sarà integrata quella per omicidio colposo.
«Quello che è accaduto stamattina è un fatto tragico», dichiara Francesco Maria Marchese, legale dei fratelli e della moglie della vittima. «A questo punto, ci auguriamo almeno che la morte di quest’uomo possa smuovere le coscienze e spingere i testimoni a mettersi in contatto con noi». Il riferimento è all’accusa fatta da alcuni lavoratori dell’area di piazza Risorgimento, che erano lì quel venerdì mattina e che hanno raccontato di aver sentito gli agenti sottovalutare le intenzioni di La Fata. «Lui ha minacciato di darsi fuoco e quelli gli hanno risposto “Sì, ma spostati più in là”», ha dichiarato un testimone, che ha preferito rimanere anonimo. A essere intenzionata a raccontare la sua versione dei fatti è solo una donna che stava facendo alcuni acquisti da Salvatore La Fata al momento dell’arrivo delle forze dell’ordine. Ad aggiungersi a quella di istigazione c’è l’accusa di omissione di soccorso: «Ha bruciato per almeno una quarantina di secondi, era una torcia umana, e nessuno ha fatto niente», continuavano i resoconti dei presenti. L’ambulante si sarebbe spento da solo, gettandosi addosso un secchio pieno dell’acqua che usava per bagnare la frutta e verdura in vendita.
Adesso alle precedenti accuse si aggiunge quella di omicidio colposo. «Faremo un’integrazione alla nostra querela spiega Marchese La morte di questo lavoratore è una conseguenza diretta dell’istigazione prima e del mancato aiuto poi». «Era già grave che la procura non avesse aperto nessun fascicolo prima, ma adesso l’inchiesta dovrebbe avviarsi da sé», conclude.
I sindacati Cgil, Cisl e Uil, in un comunicato congiunto scrivono: «Il lutto non basta, le frasi di circostanza suonano stonate. Salvatore La Fata è morto stamattina al Cannizzaro, dopo undici giorni di agonia, vittima della crisi del settore edile e dellinerzia parolaia delle istituzioni politiche. È una tragedia che colpisce tutte le nostre famiglie. E impone di mettere al centro di ogni dibattito azioni immediate per far ripartire il lavoro produttivo». Invitano quindi il prefetto, il presidente della Regione e al sindaco di Catania a «un incontro urgente per definire le iniziative di contrasto al fenomeno delle incompiute, che oggi più di ieri appaiono come unoffesa alla tragedia di migliaia di famiglie a Catania e in provincia. Lurlo disperato di Salvatore La Fata non sia una voce nel deserto. Ben 13 mila sono i posti perduti in edilizia dal 2008 a oggi in terra dEtna. Ora, è più urgente uno SbloccaCatania».
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