Antonio Adamo è accusato di avere ucciso Bendetto Ganci. L'omicidio, avvenuto la sera del 5 novembre del 1998. Il presunto autore era accusato dalla vittima di avere «morbose attenzioni, anche di natura sessuale» verso le nipoti
Trapani, avrebbe ucciso il cognato per alcuni screzi Caso riaperto dopo anni grazie a figlia della vittima
Un assassinio risalente al 1998. Adesso, a distanza di oltre 20 anni i carabinieri ritengono di aver risolto il caso che al momento vede accusato per omicidio il 69enne, oggi in pensione, Antonio Adamo. L’uomo è accusato di omicidio aggravato del cognato Benedetto Ganci avvenuto la sera del 5 novembre di 23 anni fa nelle campagne di Fulgatore, piccola frazione di Trapani. Le indagini sono state riaperte dalla procura dopo che una della figlie della vittima, nell’agosto 2020, si era rivolta al comandante della stazione di Salemi affermando di nutrire dei sospetti sul presunto autore dell’omicidio.
Gli spunti offerti dalle dichiarazioni della donna, all’epoca dei fatti minorenne, hanno portato alla riapertura del caso. La vicenda infatti era stata archiviata a carico di ignoti per insufficienza di elementi a carico dell’indagato. Da un anno si è riaperta la pista, partita dall’analisi del fascicolo da cui emergeva che Ganci, dopo essere stato attirato in una zona di campagna, era stato colpito mortalmente con dei paletti di cemento. Gli inquirenti hanno dato il via a nuove intercettazioni e hanno incrociato le dichiarazioni delle persone informate sui fatti. I gravi indizi raccolti nei confronti di Adamo prendono le mosse dagli screzi che quest’ultimo aveva avuto col cognato. Ganci si era accorto che Adamo aveva delle «morbose attenzioni, anche di natura sessuale, nei confronti delle sue figlie», da quanto sostengono i carabinieri.
Ganci, quindi, sarebbe stato attirato da Adamo a tarda sera in un casolare di campagna e lì ucciso. Il gip nel suo provvedimento parla di «un’importante chiave di lettura del quadro indiziario raccolto» che ha «consentito di iscrivere in una cornice unitaria i pezzi del puzzle investigativo». Le indagini hanno messo in luce anche il possibile coinvolgimento del padre del presunto omicida, oggi morto, in quanto non avrebbe riferito all’epoca fatti ai quali aveva assistito direttamente: cioè, quando la notte dell’omicidio sorprese il figlio intento a ripulirsi da delle macchie di sangue. Il gip ha disposto il carcere per Adamo ravvisando «un concreto e attuale pericolo di inquinamento probatorio», anche tenuto conto del fatto che l’arrestato, temendo di poter essere denunciato e indagato, aveva minacciato le persone a conoscenza di elementi a suo carico. Il gip, inoltre, ha ritenuto che ci fosse un «concreto pericolo di fuga».