Tra i cieli e i colori di Palazzolo Acreide

Oggi continuiamo la nostra rubrica sul cinema in Sicilia intervistando Dominick Tambasco, regista di un film caro ai siciliani, ‘Nati Stanchi’, che è anche stato il primo film di una certa notorietà per Salvatore Ficarra e Valentino Picone e il cui cast è praticamente tutto di attori siciliani. ‘Nati Stanchi’ nel 2002 ebbe un tale successo in Sicilia che le sale cinematografiche di tutta l’Isola lo tennero in visione, sempre con il pienone, per due mesi e più. Purtroppo non ebbe lo stesso successo di pubblico nel resto d’Italia, anche se recentemente è stato apprezzato dal pubblico italiano grazie a numerose visioni in Tv. Ma per Dominick quella non era la prima esperienza in Sicilia: già prima aveva collaborato con un grande autore palermitano, Aurelio Grimaldi, nel “sequel” di ‘Mery per Sempre’, ossia il notissimo film “Ragazzi Fuori”, dove Dominick è stato l’aiuto-regista di Marco Risi.

Quindi hai lavorato molto in Sicilia e sei stato apprezzato molto proprio dai siciliani, come dimostrano le presenze di pubblico nelle sale dell’Isola per ‘Nati Stanchi’… Ricordiamoci esattamente cosa hai fatto in Sicilia.

“In Sicilia ho girato come regista solo, ‘Nati Stanchi’ nel 2002. Ma come aiuto-regista ho girato due film: “Ragazzi Fuori” di Marco Risi, scritto e sceneggiato da Marco insieme ad Aurelio Grimaldi, ed anche ‘Storia di Capinera’ di Zeffirelli, (del 1993) con Valentina Cortese, John Castle e Vanessa Redgrave. La prima parte di quest’ultimo, fu girata a Palazzolo Acreide, in provincia di Siracusa, che poi scelsi come location per girare nel 2002, proprio con ‘Nati Stanchi’, perché Palazzolo Acreide mi piacque molto”.   

‘Ragazzi Fuori’ invece fu girato tutto a Palermo…

“Sì. A Palermo nei quartieri ZEN e CEP, abbiamo girato qualche scena anche alla Vucciria. Ci sono scene anche al parco della Favorita”.

Che impressione hai avuto della Sicilia del cinema in queste esperienze?

“Ragazzi Fuori’, come molti ricorderanno, è stato il seguito di ‘Mery per Sempre’. Nel film si segue la loro vita fuori dall’istituto di correzione minorile. Li troviamo nei loro contesti. Abbiamo ripercorso le marginalità sociali dei giovani comuni e sbandati di una città particolare: Palermo. Un città che anche nella sua unicità, ha molto in comune con altre metropoli meridionali. Benché viva a Roma da tempo, anche io sono un uomo del Sud (provincia di Salerno, n.d.r.) e quindi ho avuto il piacere di fare l’aiuto per un ‘racconto’ di cose che sono nel mio background conoscitivo fin dall’infanzia. Se vai in un quartiere ‘difficile’ di Napoli è la stessa cosa: il Sud è il Sud. La cosa bella e particolare della Sicilia è, soprattutto, nella produzione e nel lavoro di regia, perché le persone sono tutte estremamente cortesi e disponibili, cosa che non sempre succede ad esempio a Roma o nel Nord Italia, dove il cinema è spesso visto un po’ come un’invasione, un fastidio. Invece la cittadinanza di Palermo e della Sicilia ti accoglie bene e chi collabora per la realizzazione è sempre molto laborioso, si dà da fare: c’è un’efficienza straordinaria, c’è una passione che non si trova dappertutto. Il che permette non solo di lavorare con costi sostenibili ma anche con piacere”.

Che mi dici sui molti attori siciliani con cui hai avuto il piacere di lavorare?

“Mentre in ‘Nati Stanchi’ erano attori tutti professionisti e d’esperienza, in ‘Ragazzi Fuori’ la maggior parte erano attori non professionisti. A Palermo come a Napoli le persone hanno la recitazione quasi innata e quindi c’è un’ampia scelta anche tra i non professionisti. Il livello dei professionisti è di altissima qualità sia di talento che tecnica: mentre a Roma molti attori fanno questo lavoro perché ci si sono ritrovati ed hanno comunque molte opportunità. Inoltre, in Sicilia trovi visi ed espressioni antiche e originali, per il cinema questo conta molto. Almeno due degli attori, allora dilettanti, di ‘Ragazzi Fuori’ sono poi diventati professionisti: Francesco Benigni, Maurizio Prollo. Poi l’architettura che c’è in Sicilia è straordinaria, l’aria stessa, la luce è unica. Non c’è da nessun’altra parte d’Italia quella luce lì. Montalbano, ad esempio, ha un grande successo anche perché, insieme a tante altre cose, c’è un contesto scenografico e di luce semplicemente unico. Senza tralasciare i capolavori che maestri come Coppola e Wenders e tanti altri hanno girato nell’Isola”.

Come vedi il futuro del cinema in Sicilia e siciliano? E secondo te cosa dovrebbe fare la Sicilia per sfruttare ancora di più le propria potenzialità?

“Con ‘Agrodolce’ si è persa un’occasione. Si è voluto ripetere l’esperienza di ‘Un posto al sole’ di Napoli, ma non si è riusciti a dare una propria identità. Ha ricalcato forse troppo il cliché già messo in essere e che c’è in ‘Un posto al sole’. Secondo me in ‘Agrodolce’, si doveva sperimentare un ‘racconto popolare’ con più innovazione con un punto di vista più originale: per esempio, poteva calcare più sui toni della commedia, invece di puntare su uno scontato melodramma. Con la crisi di identità culturale che la RAI sta vivendo, ha lasciato che la politica la facesse da padrone e i risultati sono sotto gli occhi di tutti. In ‘Agrodolce’ gli attori erano comunque di buon livello, forse il problema era nella scrittura dove non c’era nulla di veramente innovativo. E’ stata anche un’occasione persa perché se si fosse fatto un prodotto più originale avrebbe avuto risultati ben diversi, anche di pubblico. La Sicilia è un posto che ha sceneggiatori che possono rappresentare meglio l’anima dell’Isola. Invece si è finito per fare una cosa un po’ convenzionale. Ecco, credo che la storia di ‘Agrodolce’ è troppo ‘romanocentrica’. Il Cinema del grande schermo invece, essendo un investimento di privati, può essere più indipendente, o almeno potrebbe esserlo…”.

Se dovessi dare un consiglio a chi si occupa di promuovere e sviluppare il cinema in Sicilia, anche quello televisivo, cosa diresti?

“Cosa c’è in Sicilia: Montalbano, ‘La squadra antimafia’, ‘Il capo dei capi’… Si devono superare queste grandi esperienze, che però risultano essere anche, involontariamente, limitazioni…”.

Allora, m’inviti a nozze con la domanda che faccio sempre su questa rubrica: la Sicilia secondo te è “condannata” a fare quasi esclusivamente film sulla mafia, oppure si potrebbe e dovrebbe fare altro con altrettanto successo? Fermo restando che, ovviamente, i film sulla mafia sono sempre da fare, se non altro per un discorso di continuazione nella costruzione dell’antimafia.

“Ovviamente ci sono già grandi registi siciliani, da Tornatore a Crialese, che hanno parlato della Sicilia da un punto di vista siciliano, senza necessariamente centrare il loro messaggio su un ‘core’ della ‘storia di mafia’. Ma già ci sono spunti di commedia importanti, e da tempo: la tradizione di molte commedie che sono state al centro di molte esperienze nella storia del cinema e della TV italiane… non c’è nemmeno bisogno di citare esempi di questa tradizione che è molto lunga, anche se spesso, almeno nei decenni passati, trattata più che altro da non-siciliani, con una visione non-siciliana della Sicilia, ‘esterna’ diciamo. E quindi abbiamo: Mafia e Commedia certamente già da tempo. Ultimamente tra le cose maggiormente apprezzate dal pubblico anche nazionale, sul grande schermo, ci sono stati quasi esclusivamente Ficarra e Picone, che hanno sostituito in una maniera tutta loro, quello che erano per Palermo e la Sicilia Franco e Ciccio. Nell’ultimo film girato a Torino (La regione Piemonte paradossalmente è riuscita a strappare anche Ficarra e Picone alla Sicilia!) Ficarra e Picone, pur rimanendo la coppia comica più brava in Italia, hanno corso il rischio di snaturarsi a causa del contesto poco ‘Siculo’ in cui hanno ambientato la storia, e ho sentito la mancanza del gusto per il paradosso così siciliano culturalmente”.

D’altronde, la vera chiave del successo di “Montalbano” è che è una serie gialla contemporanea semplicemente ambientata in Sicilia con annessi e connessi…

“Ecco, alla serie Montalbano, oltre al superlativo giallo raccontato da Camilleri, ha giovato soprattutto la presenza della ‘Commedia siciliana’, ciò che non è riuscita a fare ‘Agrodolce’ nel suo campo specifico”.

Allora hai ancora progetti su quella che definisci “Commedia Siciliana”?

“In effetti il lavoro che sto facendo per adesso ‘18’ è una sit com che sta avendo molto successo su youtube. Sarebbe una di quelle cose che fatta in Sicilia gioverebbe: recupererebbe la potenzialità, il talento comito siciliano e la vedrei molto bene se ambientata in Sicilia. Una cosa importante di ‘118’ è che non mette mai il dito sulla malasanità: i due attori protagonisti sono molto bravi, il malato che entra nell’ambulanza porta uno spaccato della realtà in cui vive, della società e del costume, un problema sociale, etc., e quindi questo sarebbe molto interessante proprio per raccontare nella commedia del tipo sit com, aspetti sociali di Palermo, Catania o altrove in Sicilia, senza necessariamente raccontare della solita malasanità meridionale, ma vedendo come nelle persone di ogni giorno si interagisce tra lavoratori della sanità onesti e competenti e i pazienti di ogni giorno che manifestato la loro realtà sociale. Potrebbe anche essere la prima sit com in Sicilia, con attori siciliani, e abbordabile per produzioni siciliane grazie ai costi limitati”.

Allora, auguri Dominick per la tua sit com “118”, e magari con alcune puntate girate in Sicilia!

Gabriele Bonafede

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