Torino Film Fest, 30° edizione al giro di boa «Mostra per cinefili e spettatori normali»

Arrivato al giro di boa il 30° Torino Film Festival (al quarto e ultimo anno a direzione Gianni Amelio), che è iniziato venerdì 23 novembre e si concluderà sabato 1 dicembre. Raggiungendo l’obbiettivo (che d’altronde difficilmente ha mancato nei suoi trent’anni di storia) di mobilitare un’intera città intorno a sé e di portare un grandissimo numero di spettatori nelle sale che lo ospitano, Massimo, Reposi e Lux, tutte nel bellissimo centro storico di Torino.

Tra lunghi, medi e cortometraggi, il ToFF presenta in mostra – concorso e non – la bellezza di più di 240 opere tra film indipendenti, internazionali, sperimentali, avantgardee cult d’epoca. Ovviamente non tutti possono considerarsi dei capolavori (anzi qualcuna delle opere viste è stata decisamente più che mediocre) ma la capacità del Torino Film Fest di presentare ogni anno un programma di grande vastità e varietà (capace di attirare non solo il cinefilo di qualsiasi orientamento ma anche il normale spettatore) è il valore aggiunto di cui il festival torinese si può vantare di avere in più rispetto alle altre rassegne nostrane sulla carta (e solo su quella) più blasonate (vedi Venezia, Roma, Taormina).

Venendo alla cronaca più stretta: nel concorso ufficiale (Torino 30) da segnalare sino ad ora Smettere di fumare fumando di Gipi (pseudonimo di Gian Alfonso Pacinotti) che decide di raccontare se stesso con l’ironia caustica e l’eccentricità che lo contraddistinguono (Gipi è un fumettista che ha esordito come regista nel 2011 con il film L’ultimo terrestre in concorso a Venezia) riprendendosi per i dieci giorni che lo portarono a smettere di fumare (per farlo usa solo una GoPro, una Canon 5D ed un iPhone). Altro film interessante è stato Shell di Scott Graham, che racconta con silente profondità della solitudine e della incomunicabilità che unisce e divide un padre e una figlia in una piccola stazione di servizio persa tra le Highlands scozzesi. Da segnalare anche Una noche di Lucy Mulloy, che narra tragicamente della poco poetica Cuba dei giorni nostri (tra fame, repressione e disperazione) e del percorso (interiore ed esteriore) di tre ragazzi per riempire lo spazio di novanta miglia tra l’Havana e Miami fatto di angoscia e illusione su una zattera di fortuna. Decisamente di valore appare Call Girl di Mikael Marcimain che racconta in stile Tutti gli uomini del presidente dello scandalo (tenuto per alcuni anni segreto e realmente accaduto) che investì la classe dirigente svedese (politici e professionisti) nella metà degli anni settanta, intenta a intrattenere se stessa con un giro di prostituzione minorile d’alto bordo in un periodo di crisi dell’economia e di cambiamenti (forse eccessivi) dei costumi sessuali. Ultima segnalazione per il concorso ufficiale è per il piccolo ma molto poetico racconto, in lingua e costumi sardi e in stile Rashomon di Kurosawa, della passione di Cristo, basata sui Vangeli e sulla loro lettura sinottica, personalmente reinterpretata dal regista Giovanni Columbu in Su Re

Per quanto riguarda la categoria dedicata all’indiefilm internazionale (Festa Mobile) interessante è stato De jueves a domingo di Dominga Sotomayor, diario emotivo on the road della decenne Lucìa, in viaggio in macchina con la famiglia (padre madre e fratello) attraverso il Cile dei giorni nostri in un’atmosfera di scomposizione familiare isolata tra i bellissimi paesaggi sudamericani. L’ultimo pastore di Marco Bonfanti è l’altro film in questa categoria che merita decisamente una nota. Il film narra in stile donchisciottesco a metà tra cartoon e musical, tra fiction e documento di Renato Zucchelli, pastore poetico e stralunato che un giorno decide di portare il suo gregge di pecore dalle Alpi sino a Piazza Duomo a Milano all’interno di una società ormai smarrita per raccontarci con leggerezza e garbo favolistico che progresso non vuol dire necessariamente felicità.

Ultima sezione, tra le tante del Torino Film Festival, che voglio segnalare è quella dedicata al cinema sperimentale e all’avantegarde, tra corti e mediometraggi (Onde). Il fotograficamente spettacolare Tenir les murs del francese Medhi Meddaci che ha come tema delle proprie bellissime immagini quelli dell’assenza e dell’attesa del movimento e Crazy and Thief del californiano Cory McAbee, che racconta della favola moderna di Willa/Crazy di sette anni e di suo fratellino Johnny/Thief di tre anni (ambedue figli dello stesso regista) che, seguendo una mappa di stelle da loro stessi disegnata, cercano di raggiungere, da una sognante New York, la città di Bethlehem in Pennsylvania (e non in Galilea) alla ricerca di una confusa natività e di una mitica macchina del tempo.

Questo è quanto, ad oggi, per la trentesima edizione del Torino Film Festival. Sino al sabato molte altre pellicole in concorso e non, e poi rush finale con vincitori e vinti delle varie categorie. Non vi allontanate!


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Il festival del cinema della città della Mole spegne 30 candeline e anche quest'anno propone al pubblico, tra lunghi, medi e cortometraggi, oltre 240 pellicole indipendenti, internazionali, sperimentali, avantgardee cult d’epoca. Con un programma, secondo il nostro esperto cinematografico Davide Brusà, che gli regala un «valore aggiunto rispetto ad altre rassegne nostrane come Venezia, Roma, Taormina, più blasonate solo sulla carta»

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