Eastwood regista e attore di un dramma privato sullo sfondo di unAmerica multirazziale. La recensione di Gran Torino realizzata nellambito del Madialab Giornalismo culturale
The dark side of America
Nell’America di oggi può capitarti di sentirti emarginato, pure se sei bianco, hai sputato sangue in una fabbrica per quarant’anni e hai servito il tuo Paese in guerra. Può capitare se abiti in una periferia di una città del Michigan, un tempo tempio dell’industria automobilistica e adesso appendice scomoda e infetta di un paese dove gli affari, ormai, si fanno solo in giacca e cravatta.
E’ un quartiere multi-etnico e multi-conflittuale quello che Eastwood racconta nel suo ultimo capolavoro, “Gran Torino”, un quartiere dove nessun bianco dotato di buon senso si sognerebbe più di abitare, tanto pullula di asiatici, ispanici, neri.
Nessuno, tranne Walt Eastwood Kowalsky, coriaceo vecchiaccio tutto d’un pezzo, che ha in odio il mondo intero ma che, suo malgrado, conserva in sé un fortissimo senso dell’onore e della giustizia. Solo, scansato persino dai familiari per la sua indole burbera e scostante, ha come unici compagni la fedele cagna e la sua Gran Torino, auto d’epoca che lucida con maniacale pazienza e che è per lui una sorta di feticcio.
Mentre l’America celebra l’elezione del primo presidente nero della storia, Eastwood sceglie di raccontare quanto difficile e problematica può essere la convivenza fra culture diverse, e pone al centro della sua storia un eroe scomodo, emblema del politicamente scorretto, che non teme di manifestare il suo razzismo ma che nondimeno è capace di allacciare rapporti sinceri e ruvidamente teneri con due fratelli coreani suoi vicini di casa. Mentre i due giovani riescono pian piano a scuoterlo dalla sua solitudine e misantropia, il vecchio li difenderà dai soprusi di una gang, divenendo, con esiti a tratti comici e paradossali, l’eroe di quartiere.
Walt scoprirà che si possono avere più cose in comune con persone venute dall’altro capo del mondo che con la propria famiglia e che in nome dell’amicizia e della giustizia si può giungere a compiere il sacrificio estremo, soprattutto se nel proprio passato si ha qualche colpa da redimere. Già, perché l’integerrimo Walt ha compiuto, in nome della tanto amata patria, azioni quanto mai riprovevoli, il cui ricordo non manca di tormentargli la coscienza. Ed è così che il suo atto di redenzione sembra riecheggiare la purificazione da quelle colpe che l’America tutta ha da farsi perdonare.