Terremoto nella Formazione: il Consiglio di Stato mette in discussione il recupero coatto e lo stesso Avviso 20

CON LA SENTENZA DELLA MAGISTRATURA AMMINISTRATIVA N.5086/2014 TORNA PROPOTENTEMENTE D’ATTUALITA’ LA VICENDA DEGLI EXTRABUDGET E SI METTE IN DISCUSSIONE TUTTO L’IMPIANTO CHE VA IN SCENA DAL 2012. IL DUBBIO E’ CHE LA REGIONE ABBIA UTILIZZATO MALE I FONDI EUROPEI CON UNA FORZATURA CHE POTREBBE RIVELARSI ILLEGITTIMA

Terremoto nella Formazione professionale siciliana. Il la Regione potrebbe trovarsi a dover ritornare indietro agli enti formativi circa 25 milioni di euro per effetto di una sentenza del Consiglio di Stato che ha sancito il rapporto di natura concessorio tra l’Amministrazione regionale, l’ente di formazione e l’utente finale del percorso formativo finanziato con fondi pubblici.

Torna d’attualità lo scandalo relativo agli extrabudget riconosciuti negli anni a cavallo tra il 2005 ed il 2010 ad una trentina di enti di formazione professionale per l’erogazione del servizio pubblico costituito dal corso di formazione professionale.

Somme frettolosamente recuperate con atti unilaterali e senza contraddittorio dall’Amministrazione regionale e per le quali non si ha contezza circa il loro destino ed utilizzo.

Operazione che è stata posta in essere dall’Amministrazione regionale in autotutela per scongiurare il danno alle ‘casse’ dell’erario pubblico e che ha portato al recupero coatto di 8,5 milioni di euro ed all’accertamento di ulteriori 16,5 milioni di euro.

A tale conclusione attenti osservatori ed esperti del settore arriverebbero a seguito dell’attenta lettura della sentenza del Consiglio di Stato n. n.5086 del 14 ottobre 2014.

Secondo quanto contenuto nel citato provvedimento emesso dal ‘Giudice speciale amministrativo’, “l’attività di formazione costituisce un pubblico servizio, il cui affidamento ad un soggetto privato dà vita ad un rapporto di tipo concessorio”.

Per il Consiglio di Stato, il rapporto trilaterale intercorrente tra Regione siciliana, ente di formazione e utenza deve essere ricondotto alla fattispecie di cui all’articolo 12 della legge 241 del 1990.

Difatti, secondo quanto richiamato dalla sentenza n.5086/2014, “l’ente di formazione, lungi dallo svolgere un’attività di impresa a vantaggio dell’Amministrazione, ha ricevuto fondi per rendere un servizio di interesse generale a vantaggio degli utenti, operando quale ‘longa manus’ dell’Amministrazione stessa, e cioè alla concessione di sovvenzioni e non a quella dell’appalto di servizi. È quindi sottoposto alle disposizioni contenute nella legge fondamentale sul procedimento amministrativo”.

Anche la giurisprudenza della Suprema Corte, peraltro, ha avuto modo di osservare, al riguardo, che “l’attività di formazione costituisce un pubblico servizio, il cui affidamento ad un soggetto privato dà vita ad un rapporto di tipo concessorio indipendentemente dalla veste formale e dalla terminologia in concreto utilizzate”, come deciso dalla Cassazione Civile, Sezioni Unite con sentenza n.25118/2008.

Preso atto di quanto deciso dal Supremo organo giurisdizionale amministrativo in ordine al riconoscimento del rapporto di tipo concessorio (concessione amministrativa) tra Regione ed ente formativo, non è peregrino affermare che l’Amministrazione ha il dovere di coprire tutte le spese riconosciute in sede di rendicontazione e sostenute per l’erogazione del servizio pubblico che si sostanzia con il corso di formazione professionale in favore dell’utente.

Un rapporto trilaterale che fa decadere l’intero impianto amministrativo posto in essere dal precedente Governo regionale dell’allora presidente Raffaele Lombardo e proseguito dall’attuale esecutivo guidato dal Governatore Rosario Crocetta.

In particolare, piombano dubbi sull’Avviso 20/2011 centrato sull’appalto pubblico e non sulla concessione amministrativa autorizzata a soggetti senza finalità di lucro che ricoprono il ruolo di enti strumentali della Regione siciliana.

Un fatto emerge con chiarezza dal principio sancito dal Consiglio di Stato: le spese sostenute dagli enti formativi accreditati all’attività formativa dall’Amministrazione regionale devono essere coperte fino al raggiungimento di quanto necessario per arrivare agli obiettivi pianificati e autorizzati attraverso l’atto concessorio.

Le maggiori spese per la copertura degli oneri introdotti in sede di rinnovo del Contratto collettivo di lavoro della categoria in favore dei lavoratori debbono essere riconosciute.

Le compensazioni attraverso l’emissione dei cosiddetti mandati verdi, con i quali l’Amministrazione regionale ha recuperato risorse sottraendole agli enti formativi, per un ammontare di 8,5 milioni di euro, sono legittime?

Gli avvisi di garanzia emessi dalla Procura della Repubblica preso il Tribunale di Palermo, destinati all’ex dirigente generale del dipartimento formazione professionale, Anna Rosa Corsello, ed al dirigente del Servizio Gestione della Formazione professionale, Michele Lacagnina, costituiscono, con ogni probabilità, un momento di verifica e controllo da parte della magistratura sull’operato dell’Amministrazione regionale negli ultimi due anni.

Ed allora non appare inverosimile sostenere che in regime di concessione amministrativa il personale è pagato dalla Regione siciliana per effetto di quanto previsto dall’articolo 2 della legge regionale n.25 del 1 settembre 1993.

Gli effetti della decisione del Consiglio di Stato rischiano di travolgere il Governo regionale non soltanto sul fronte del recupero coatto delle integrazioni, ma anche per la gestione dell’Avviso 20 del 2011 iniziato – con la prima annualità – nell’estate del 2012, quando a governare la Regione c’era il presidente Raffaele Lombardo con Ludovico Albert dirigente generale.

Intanto, come già accennato, gli enti autorizzati allo svolgimento dell’attività formativa operano senza finalità di lucro e non svolgono attività d’impresa. E questo è in linea con la previsione contenuta nell’articolo 4 della Legge regionale n.24 del 6 marzo 1976. Elemento che cozza con l’impostazione dell’Avviso 20/2011 destinato anche alle società e regolato dall’appalto pubblico. Sembra crollare l’impianto amministrativo posto in essere dall’allora dirigente generale Albert.

Altra domanda: sono legittimi i provvedimenti di revoca del finanziamento che hanno colpito tantissimi enti formativi con contestuale chiusura delle attività e licenziamento dei lavoratori, come accaduto, per esempio, per Cefop, Ial Sicilia e Enfap? E come mai non sono state poste in essere le procedure di tutela e salvaguardia dei livelli occupazionali contemplati nel quadro normativo regionale, non ultimo l’attivazione della mobilità interna con il ricorso al Fondo di garanzia disciplinato dall’articolo 132 della Legge regionale 16 aprile 2003, n.4?

INsomma, che diritto ha, quindi, l’Amministratore regionale di fronte ad un ente che sbaglia di chiuderlo mandando a casa i lavoratori?

Ed ancora, alla luce della richiamata sentenza n.5086/2014 del Consiglio di Stato è legittima la direttiva n.76434 dell’8 ottobre scorso, a firma di Gianni Silvia e Dario Cartabellotta, dirigenti generali, rispettivamente, del dipartimento regionale della Formazione e del dipartimento del Lavoro, nella parte in cui introduce la cosiddetta ‘mobilità orizzontale’?

La riforma legislativa del settore s’impone partendo proprio da un’attenta ricognizione su quanto fatto finora dai Governi Lombardo e Crocetta, in assoluta continuità politica ed amministrativa, per bloccare gli ulteriori possibili danni e porre rimedio a quelli già provocati fino ad oggi dall’Amministrazione regionale nei confronti dei lavoratori e del sistema formativo nella sua interezza. Si eviterebbe un grossissimo contenzioso che potrebbe anche riguardare la possibile costituzione di ‘parte civile’ dei lavoratori.

Del resto, dal 2011 ad oggi non è cambiato nulla nella gestione della Formazione professionale e i problemi sono sotto gli occhi di tutti.

Eppure la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Messina era stata chiara. Nella richiesta di autorizzazione all’esecuzione di misura cautelare personale, emessa nel marzo scorso dalla Sezione dei Giudice per le indagini preliminari, a firma di Giovanni De Marco, si inquadra la natura giuridica del rapporto fra Regione siciliana ed enti formativi e le leggi a supporto. Riportiamo a maggiore chiarimento quanto contenuto nella citata ordinanza.

“Le vicende si collocano nell’ambito dell’attività di Formazione professionale che, in Sicilia, viene realizzata dalla Regione sulla base di finanziamenti propri e statali, ma soprattutto comunitari, per il tramite di enti privati esercenti una funzione pubblica, ai quali è demandata l’elaborazione, l’organizzazione e la gestione di corsi di formazione , approvati e interamente finanziati dall’Amministrazione regionale. Invero la formazione professionale, presidiata costituzionalmente, rientra tra le specifiche attribuzioni della Regioni, che svolgono tale attività con propri organi, o stipulando apposite convenzioni, attraverso enti che non perseguono fini di lucro, ovvero attraverso operatori privati. L’attività espletata dagli enti di formazione convenzionati con la Regione, a norma della legge n.845 del 21 dicembre 1978 e della legge regionale n.24 del 6 marzo 1976, ha natura pubblicistica”.

Adesso si apre una partita nuova che impone la ricerca a tutti i livelli delle responsabilità circa gli inadempimenti e la mancata osservanza delle leggi nazionali e regionali oltre che del Contratto collettivo di lavoro. Il ritardo nell’erogazione delle spettanze ai lavoratori – ritardo che toccato anche le 27 mensilità non pagate – è anche figlio della scelta dell’Amministrazione regionale di procedere al recupero coatto.

In tale nuovo quadro così delineatosi assume sempre più incertezza la pratica adottata dagli enti formativi di ricorrere al Contratto di solidarietà per sopperire alle verosimili manchevolezze del Governo Crocetta in ordine alla totale copertura finanziaria delle attività formative.

 

 


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