Tecnico e squadra affondano nella laguna Palermo bocciato a un esame di maturità

La metafora è automatica e la suggerisce il netto 3-0 con cui si è imposto il Venezia nel primo dei due anticipi della trentottesima giornata: il Palermo affonda in Laguna. Nello specchio d’acqua che domina il capoluogo del Veneto, tra vaporetti e altri mezzi di trasporto, c’è anche il Titanic rosanero. Una barca che ha fatto acqua da tutte le parti e che è sprofondata sotto i colpi di una squadra organizzata e messa bene in campo da Pippo Inzaghi. Sono affondati tutti, nessuno escluso. Colati a picco l’allenatore, smarrito e schiacciato dal peso delle responsabilità esercitato dall’importanza della posta in palio in un momento cruciale della stagione, e i giocatori, protagonisti allo stadio Penzo di una prova pessima. Dal punto di vista tecnico-tattico (non hanno sortito effetti né l’iniziale 3-4-1-2 con Gnahoré a supporto delle punte né il 4-3-1-2 disegnato nel secondo tempo nel momento in cui l’attaccante Moreo è entrato al posto del difensore Accardi) ma soprattutto sul piano del ritmo e dell’intensità.

Mancavano giocatori importanti come Coronado e Nestorovski – e questo è un dato di fatto – ma la considerazione regge fino ad un certo punto. Nel senso che non c’entrano le assenze di due big con le clamorose disattenzioni difensive che hanno incanalato il match sui binari dei padroni di casa. Il Palermo non sa difendere e questa lacuna non dipende dalla presenza o meno del singolo. E’ un problema che riguarda i meccanismi del collettivo. Di un gruppo che, al di là degli interpreti (nel reparto arretrato, obiettivamente, ha pesato il forfait di un elemento esperto come Bellusci), sembra avere perso certezze e punti di riferimento. Da film horror l’atteggiamento dei rosanero nel primo quarto d’ora della gara. Frazione di gioco nella quale il Venezia ha creato, senza ostacoli, i presupposti per la terza vittoria consecutiva che consente peraltro alla formazione arancioneroverde di portarsi a -3 dal Palermo e consolidare la propria candidatura nella lotta per i playoff. Suciu, schierato a centrocampo come mezzala al posto dell’infortunato Pinato, al 10’ ha avuto tutto il tempo di prendere la mira e superare Pomini sotto l’incrocio con una conclusione da fuori area. E sei minuti dopo anche Stulac ha avuto a disposizione la libertà necessaria per inquadrare lo specchio della porta e battere il portiere con un rasoterra indirizzato verso il primo palo. La bravura dei due cecchini veneziani è equivalente alle sbavature di una difesa rosanero in vena di regali e in stato confusionale. In tilt come gli altri reparti di un Palermo che ha ‘aiutato’ il Venezia nell’impostazione di una gara basata su chiusure e veloci ripartenze. 

E solo per una casualità gli uomini di Inzaghi, pericolosi due volte con Litteri (da solo in area in mezzo a tante belle statuine) e una con Bruscagin, non hanno chiuso il match già nel primo tempo. Lo hanno fatto, e con merito, nella ripresa con il sigillo definitivo dell’ex di turno Andelkovic, difensore che avrebbe fatto comodo a questo Palermo e che, certamente, avrebbe fatto la sua figura in un reparto (indebolito oltretutto a gennaio con la cessione di Cionek) inaffidabile e quasi sempre incerottato. Fa riflettere, in casa rosanero, la differenza abissale tra le parole e i fatti. Tra i propositi della vigilia («Andremo a Venezia con energia e voglia di vincere» – ha dichiarato ieri Tedino) e le risposte fornite in campo dai giocatori. C’è modo e modo di perdere: una squadra che deve e soprattutto vuole andare in serie A non può perdere in questa maniera. Mantenendo un indice di pericolosità bassissimo (al netto, nella ripresa, di una chance fallita da La Gumina a tu per tu con Audero e del palo colpito da Trajkovski a tempo scaduto) e giocando senza grinta e furore agonistico. Correndo, inoltre, meno degli avversari, molto più reattivi e in grado, in ogni contrasto, di arrivare sempre primi sul pallone. Sono aspetti, sia fisici che psicologici, sui quali dovrà lavorare Tedino anche se, a questo punto, anche l’ex tecnico del Pordenone finisce inevitabilmente sul banco degli imputati. La sua posizione è fortemente a rischio. La vicinanza temporale del match casalingo con il Bari in programma lunedì sera potrebbe essere un punto a suo favore ma, al di là di tutto (e dei nomi di Stellone e De Biasi che circolano con insistenza per la successione), la partita di oggi ha detto che nel Palermo si è rotto qualcosa. E che, in un clima di confusione alimentato dall’inserimento nello staff di nuovi profili e collaboratori, anche il timoniere ha perso le coordinate.


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