Gli affari di droga gestiti attraverso gruppi Telegram e WhatsApp: è questo uno dei profili che emergono attorno alla figura di Mario Macaluso, tra i 50 indagati della procura di Palermo nell’ultimo blitz su mafia e narcotraffico nel capoluogo siciliano. Secondo gli inquirenti, l’uomo sarebbe stato particolarmente attivo nonostante si trovasse ai domiciliari. Quando viene […]
I «taxi della droga» a Palermo e i clienti gestiti con i volantini digitali
Gli affari di droga gestiti attraverso gruppi Telegram e WhatsApp: è questo uno dei profili che emergono attorno alla figura di Mario Macaluso, tra i 50 indagati della procura di Palermo nell’ultimo blitz su mafia e narcotraffico nel capoluogo siciliano. Secondo gli inquirenti, l’uomo sarebbe stato particolarmente attivo nonostante si trovasse ai domiciliari. Quando viene arrestato, a fine agosto 2024, la polizia trova nella sua abitazione cocaina, marijuana e 30 panetti di hashish. Ma l’elemento decisivo non è la droga, bensì un Samsung Galaxy A52.
L’analisi del telefono e l’installazione di un trojan sul nuovo cellulare permettono agli investigatori di ricostruire un sistema di vendita capillare. Macaluso avrebbe operato su Telegram usando diversi pseudonimi – «Daniele Ribaudo», «Daniele Ribaudo 2» e «Cristian Randazzo» – attivi in canali creati appositamente per commercializzare droga. Aveva persino ideato dei volantini digitali, simili a quelli dei supermercati, con foto e prezzi: «Si parla solo di qualità», scriveva in uno dei messaggi, accompagnando offerte come 20 euro per due grammi di cocaina o 15 euro per cinque grammi di hashish.
Volantini digitali e pseudonimi: il marketing della droga su Telegram
Il meccanismo sarebbe stato talmente rodato che, a fronte di un debito di 20mila euro per una fornitura, Macaluso avrebbe ceduto un telefono contenente «migliaia di contatti/acquirenti» registrati sull’app. Accanto al sistema di vendita online, i magistrati hanno ricostruito anche la fase della consegna al dettaglio, affidata – secondo l’accusa – anche Salvatore Candura, figura già nota nelle cronache giudiziarie per il suo ruolo di falso pentito nella vicenda della strage di via D’Amelio. Candura, arrestato nel 1992 e poi autore di una ritrattazione clamorosa sul furto della Fiat 126 utilizzata come auto bomba per uccidere Paolo Borsellino e cinque componenti della scorta. Nella nuova indagine Candura sarebbe diventato una sorta di delivery della droga operando stabilmente in via Rizzotto, a Palermo.
Il taxi della droga e il ruolo di Candura nelle consegne
Le consegne sarebbero avvenute all’interno della sua auto, soprannominata dagli investigatori il taxi della droga. Per il lavoro di spaccio sarebbe stato ingaggiato anche un giovane pagato 400 euro a settimana. «Gli ho scritto: Sangù, vuoi lavorare con noi per fare le consegne?», diceva Macaluso in un’intercettazione. Il ragazzo si sarebbe mostrato disponibile, pronto a spostarsi con una bicicletta elettrica dotata di due batterie. «Se il problema è un’altra batteria, ce l’abbiamo noi. L’importante è la serietà», spiegava ancora Macaluso. Secondo gli inquirenti, il sistema avrebbe funzionato al punto da ricevere persino le recensioni dai clienti: «Grazie vita, qualità e quantità top. Il ragazzo puntualissimo e gentilissimo», si legge in una delle chat intercettate.