Taormina, un Festival con poco cinema

La 53° edizione del Taormina FilmFest ha chiuso i battenti, portandosi dietro inevitabili polemiche e approvazioni, consensi e delusione per un Festival sempre più chiuso nella conchiglia del piccolo paesino sul mare in cui il glamour – più del cinema – la fa da padrone. Perché quest’anno, nonostante le indiscutibili migliorie dell’organizzazione, in sostanza le cose non sono cambiate poi così tanto: mentre le feste “privatissime” nella lussuosa terrazza dell’Hotel Timeo si sono protratte per l’intera settimana, di cinema se n’è visto poco.
 
Esclusa la ricca rassegna dei film di Tornatore, indubbiamente la parte più completa e più organizzata del Festival, i film in concorso nella rassegna “Mediterranea”, proiettati ogni giorno al Palazzo dei Congressi, sono stati appena sette, più altri sette della rassegna “Oltre il Mediterraneo”. Nulla a che vedere con le decine di proiezioni giornaliere al Festival di Venezia o di Cannes. Inoltre c’è da notare che le proiezioni non erano sempre così affollate: colpa del poco interesse del pubblico siciliano verso il cinema? O piuttosto colpa della distanza, del costo della trasferta a Taormina e soprattutto dei parcheggi? E allora, se l’intenzione è quella di aprire il Festival a tutti, perché non spostare qualche proiezione nelle città vicine, Catania o Messina, in modo da permettere a molta più gente di vivere il Festival senza dover spendere decine di euro per fermarsi qualche ora a Taormina?

E anche sulla retrospettiva di Tornatore potremmo fare un appunto, in particolare sulla tanto pubblicizzata mostra fotografica allestita al Palazzo dei Congressi: pochi scatti del dietro le quinte e delle scene più famose dei suoi film, in cui mancava ogni riferimento temporale e spaziale: lacuna ingiustificata, che obbligava lo spettatore ad una rapida e continua rassegna mentale dell’intera filmografia del regista siciliano per cercare di indovinare di quale pellicola si trattasse o dove fosse girata la scena.

Neanche nell’ultima serata la macchina organizzativa è stata impeccabile. Fortunatamente lo splendido scenario del Teatro Antico ha distolto, in parte, le centinaia di spettatori che hanno dovuto attendere ben 45 minuti di ritardo prima dell’inizio dello spettacolo. I presentatori, la giornalista Virginie Vassart e Luca Vasile, non hanno retto il confronto con la verve e l’humour dell’attore Beppe Fiorello, protagonista della serata inaugurale. Memorabili poi le “papere” e la confusione creata dalle traduzioni dei dialoghi nelle varie lingue ad opera di presentatrice e traduttrice, evidentemente in disaccordo su chi delle due dovesse tradurre dal francese all’inglese e all’italiano il discorso del regista Nouri Bouzid, costretto alla fine a pronunciare qualche timida parola direttamente in italiano pur di rompere l’empasse
 
Il momento più intenso della serata è stato sicuramente l’omaggio al regista premio Oscar Giuseppe Tornatore di Ennio Morricone, che ha diretto l’Orchestra sinfonica del Conservatorio Corelli di Messina (nella foto). Le note delle colonne sonore di Nuovo cinema paradiso, Malèna, La leggenda del pianista sull’oceano e La sconosciuta hanno emozionato il pubblico per quindici brevi ma intensi minuti. Minuti che hanno reso lo splendido scenario del Teatro Antico di Taormina ancora più bello e suggestivo. Al termine del tributo a Tornatore, l’immancabile standing ovation ha reso un doveroso omaggio ad uno dei compositori italiani più apprezzati e conosciuti nel mondo intero. Sul palco, insieme a Tornatore, il vice sindaco di Taormina Eligio Giardina ha consegnato il premio speciale “Le colonne della città di Taormina” al maestro. Insieme, i due premi Oscar, hanno raccontato in poche battute la genesi del matrimonio musiche-film: «Di solito – racconta Tornatore – viene prima il film e poi la musica, ma alcune volte mi è capitatoo di modificare alcuni elementi del montaggio per meglio assecondare il connubio tra la musica e le immagini. In genere io porto le idee per il film, il soggetto – continua avvolgendo con un braccio le spalle di Morricone – e con Ennio cominciamo a lavorare già dal momento in cui io sto scrivendo la sceneggiatura. Poi lui mi supera, però comincio io», conclude ridendo.
 
A quel punto la parola è andata a Morricone: «Io dico che la collaborazione che noi abbiamo mi pare proprio buona, nel senso che c’è uno scambio di idee, uno scambio di riflessioni, e poi partendo da quello mi chiudo dentro la mia riflessione e propongo. Questa proposta può essere accettata o non accettata; in genere va abbastanza bene, però qualche volta non funziona e ricomincio a riflettere. La musica è un’opera molto importante nel cinema, ma comunque un’opera secondaria, complementare: l’opera principale è quella del regista. C’è da notare che per i film di Peppuccio io ho preso quattro, cinque Nastri d’Argento e quattro David di Donatello. Cosa vuol dire? Il merito non è solo mio, è lui che ha “missato” bene, perché questa è l’opera del regista. Alcuni registi pensano che il missaggio sia l’ultima cosa, che una volta finito di girare il film non si debba cambiare niente. E invece no. Il suono è il 50% del film e quindi se il regista “missa” bene il film andrà bene». In conclusione Morricone ha voluto intrattenere gli spettatori raccontando un aneddoto della serata in cui ha vinto il Premio Oscar alla carriera, e a forte emozione provata nell’assistere alla standing ovation che il pubblico gli ha tributato: «Mi è preso un nodo alla gola, che il medico ha attribuito ad un attacco di panico, e non sono riuscito a ripetere il discorso esatto che avevamo preparato prima. Così c’era Clint Eastwood che traduceva parole diverse da quelle che io stavo realmente dicendo e chi capiva un po’ d’italiano rideva in platea».     
 
Prima di scendere dal palco, Tornatore ha voluto ringraziare il direttore del Festival Deborah Young per aver voluto dedicare tanta attenzione al suo cinema. «Quando mi è stato comunicato di voler realizzare una retrospettiva dei miei lavori per questa edizione del Festival di Taormina – ha confessato il regista – sono rimasto molto stupito, anche perché il nome “retrospettiva” fa un po’ impressione. Quando mi hanno fatto vedere in anteprima tutto il materiale che volevano includervi mi sono sorpreso: non mi sembrava di aver fatto così tanto, ma posso assolutamente dire che ho lavorato sempre con un’attenzione costante, che tutto quello che ho realizzato l’ho fatto con amore e dedizione per questo lavoro. Questa retrospettiva mi ha fatto capire questo»   
 
Ma veniamo ai premi. La serata è iniziata con la premiazione dei Corti Siciliani: il “N.I.C.E. – Intel Centrino Duo Award” per il Miglior cortometraggio siciliano, decretato dalla giuria popolare, è andato a Red Line di Francesco Cannavà, che sarà diffuso e proiettato in giro per il mondo. Il premio “Intel Centrino Duo Award” per il cortometraggio siciliano più ciccato sul sito del Taormina FilmFest è andato invece a Pisci di Broru di Paolo Santangelo.
 
Il premio per il Miglior Film della rassegna “Oltre il Mediterraneo” è stato assegnato a Pazachyt Na Myrtvite (Warden of the dead), del regista bulgaro Ilian Simeonov. Ha ritirato il premio, un medaglione raffigurante Partenope, il giurato Goran Paskaljevic.
 
Akher film (Making of), del regista tunisino Nouri Bouzid si è aggiudicato due premi: il più prestigioso, il Golden tauro, per il Miglior Film, e il premio speciale della giuria per la Migliore Interpretazione a Lofti Abdelli, già premiato al Tribeca Film festival «per il dinamismo del giovane interprete la cui energia ed intensità ha fortemente impressionato la giuria», ha detto uno dei giurati saliti sul palco per la premiazione. Il film, ambientato nel 2003 durante l’invasione americana in Iraq, racconta la storia agghiacciante della nascita di un terrorista kamikaze, Lofti Abdelli, break dancer tunisino che sogna di fuggire in Europa plagiato da un gruppo di fondamentalisti.
 
Per la Migliore Regia è stato premiato David Volach per il film Hofshat kaits (My Father My Lord), opera prima del regista israeliano che ha vinto quest’anno anche il Tribeca Film Festival come Miglior film: la storia toccante e commovente dei danni provocati dagli estremismi religiosi portati verso conseguenze disumane.
 
Il premio per la Migliore Sceneggiatura è andato invece all’unico film italiano in concorso, L’uomo di vetro, uscito nelle sale proprio in questi giorni. Sul palco Stefano Incerti, il regista, Salvatore Parlagreco, autore del libro omonimo da cui è tratto il film, e Heidrun Schleef hanno ritirato il premio tra gli applausi e l’entusiasmo del pubblico, per una pellicola che narra la storia del primo uomo che ha deciso di pentirsi e di rompere il muro dell’omertà denunciando alla magistratura il sistema mafioso. Si tratta di Leonardo Vitale, che per questo fu ucciso nel 1984, dopo 12 anni vissuti tra il carcere e il manicomio giudiziario «perché – gli dicevano – solo un folle può tradire la mafia».

Appuntamento rinviato, quindi, al prossimo anno. Con la speranza che le cose vadano meglio e che si dia la giusta attenzione ai film e al pubblico.

C. N.

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