La contestazione contro il vicepremier è diventata una gara di creatività - con tanto di gruppo FB. Sono decine gli striscioni comparsi sin dall'alba, nonostante la possibile rimozione della digos, come già avvenuto in altre parti d'Italia. Guarda le foto
Tante lenzuola contro Salvini sui balconi della città «L’unico straniero a Palermo? Il ministro dell’Interno»
Dopo la strage di Capaci uno dei primi segnali di ribellione alla mattanza di Cosa nostra fu l’esposizione di lenzuoli bianchi sui balconi della città. E oggi, a distanza di 27 anni, torna quella forma di protesta. Ma questa volta, come già nei giorni passati in altre città d’Italia, contro il ministro degli Interni e vicepremier del governo Lega-5stelle Matteo Salvini. Il quale è appena giunta in aula bunker, alla commemorazione ufficiale del giudice Giovanni Falcone, della moglie Francesca Morvillo e degli uomini della sua scorta: una cerimonia, però, segnata dalle pesante defezioni del presidente della Regione Nello Musumeci e del deputato all’Ars Claudio Fava.
Proprio sulla strada che dal porto di Palermo conduce all’Ucciardone è comparso uno striscione che riporta la scritta Non ti vogliamo. Più in generale, come era facile immaginare, la contestazione contro Salvini è diventata una gara di creatività. Ha dato il via una scritta apparsa ieri nella centralissima via Roma, che recitava Contro il ministro delle interiora, 49 milioni di stigghiola: complicata ma azzeccata fusione tra la vicenda dei 49 milioni di euro incassati dalla Lega, secondo l’accusa, in maniera fraudolenta dal 2008 al 2010 e uno dei cibi più tipici della Palermo popolare. Sono decine gli striscioni comparsi sin dall’alba, nonostante la possibile rimozione della digos, che nelle altre città è intervenuta immediata – non senza polemiche.
E c’è anche un gruppo Fb, intitolato Rivoluzione delle lenzuola, che indica l’hashtag da usare (#salvinitoglianchequesti) e dà delle indicazioni per evitare l’intervento della digos. «Semplicemente niente offese, parolacce o minacce – si legge – Il rischio altrimenti è quello di commettere il delitto di diffamazione, punito dall’art. 595 del codice penale. Quindi sì a ironie, rime e frasi di solidarietà alle vittime delle politiche del governo, ma comunque rispettose».