Nel nuovo rapporto presentato dall'Agenzia per lo sviluppo del Mezzogiorno l'Isola ne esce male in quasi tutti gli indici. E si scopre che a fare peggio nell'occupazione femminile è soltanto un arcipelago tra Mozambico e Madagascar
Svimez, la nuova sconfortante fotografia della Sicilia Pil in leggera risalita, ma male lavoro e fondi europei
Peggio della Sicilia fa soltanto l’arcipelago di Mayotte. Che, per quanti non lo sapessero, pur facendo parte del dipartimento francese d’oltremare si trova tra il Madagascar e il Mozambico. Il parallelo, impietoso, riguarda la percentuale di occupazione femminile tra i territori europei ed è citato all’interno dell’ultimo rapporto della Svimez, l’agenzia per lo sviluppo del Mezzogiorno.
Anche quest’anno il documento, presentato stamattina a Roma, accende i riflettori sul generale stato di arretratezza della Sicilia all’interno del contesto meridionale, anche quando confrontato con le altre regioni italiane. Parlando di lavoro, le donne che nell’Isola hanno un impiego sono soltanto il 29,1 per cento. Dato inferiore di oltre trenta punti rispetto alla media europea e, tra le 277 regioni prese in considerazione, migliore soltanto di Mayotte, dove a lavorare è solo il 25,4 per cento delle donne.
A calare comunque è l’occupazione in generale: nei primi sei mesi dell’anno, il lavoro in Sicilia si è ridotto. Tra le persone d’età compresa tra 15 e 34 anni, l’occupazione è bassissima: appena il 29 per cento. «Un dato senza paragoni in Europa», si legge nel rapporto della Svimez. A riprova di come la ripresa dalla famigerata crisi di fine anni Duemila non sia avvenuta: confrontando i livelli occupazionali con quelli precedenti al 2008 in Sicilia si registra un – 7,8 per cento. Il dato peggiore tra le regioni meridionali.
Tutto ciò nonostante nel 2018 il Pil in Sicilia sia cresciuto dello 0,5 per cento, in controtendenza rispetto al 2017 quando l’anno si concluse con un saldo negativo dello 0,3 per cento. A crescere, nello specifico, sono l’industria (+5,9 per cento) e le costruzioni (+4,3). Mentre il settore terziario segna appena lo 0,1 per cento in più. Male, invece, l’agricoltura (- 4,2).
Il contesto economico è alla base del fenomeno migratorio. Per quanto la Sicilia abbia il terzo tasso di natalità tra le regioni italiane, la crescita totale, che tiene conto anche della scelta di andare a vivere altrove, è negativo. Il – 5,4 per cento rappresenta il dato peggiore in Italia dopo quello del Molise. Andando avanti di questo passo nel 2065 la popolazione nell’Isola dovrebbe scendere a poco più di 3,9 milioni di persone. Oltre un milione in meno rispetto a oggi.
Interessanti anche i dati sul reddito di cittadinanza. In Sicilia sono state più di 224mila le domande presentate. Considerando quelle accolte il numero dei nuclei familiari beneficiari ammonta a 165mila persone. Con un importo medio che si aggira sui 529 euro mensili, la seconda cifra più alta in Italia dopo la Campania.
Per quanto riguarda l’istruzione, dal rapporto Invalsi viene fuori che il gap di competenze cresce da Nord a Sud e man mano che si va avanti con l’età scolare. «I divari relativamente piccoli nella scuola primaria crescono nella secondaria inferiore e ancor di più in quella superiore. Tra le regioni del Sud i livelli mediamente più bassi si rilevano per Campania, Calabria, Sicilia e Sardegna», si legge. Nell’Isola a essere messe male sono anche le strutture scolastiche: «Quasi il 98,4 per cento delle scuole ha bisogno di manutenzione urgente», avverta la Svimez.
Un antidoto alla povertà potrebbe arrivare, potenzialmente, dai fondi europei. Ma come più volte ribadito, anche in questo caso la Sicilia non spicca, con una capacità di impegnare le risorse limitata e dati relativi ai pagamenti ancora molto bassi. Nell’Isola, su cinque miliardi di euro di risorse programmate nell’ambito della finestra 2014-2020, ne sono stati impegnati poco più di un miliardo e mezzo. La percentuale di pagamenti finora effettuata è la più bassa d’Italia: appena il 17,69 per cento. E restano ancora da certificare 603 milioni.