Pochi giorni e sull’Etna sarà
tempo di vendemmia. Ma in uno dei terreni sul versante nord della montagna, dove prosperano i vigneti, si attende con trepidazione tutt’altro tipo di raccolto. Egualmente rigoglioso, a sentire i proprietari, e remunerativo: almeno 5-600 chili di fiori di canapa, le infiorescenze con il loro contenuto psicoattivo che le rende illegali. Ma non in questo caso. Non sempre possedere o assumere della cannabis è un reato. In Italia è così da un anno circa, grazie all’avvento legislativo della cannabis light, la misura che ha reso possibile coltivare e commercializzare i fiori che provengono da piante con un tasso di thc (il principio attivo della marijuana) non superiore allo 0,2 per cento. Tutto ciò ha avuto subito l’odore di una ghiotta opportunità economica. Lo confermano i ragazzi che a Linguaglossa, in contrada Arrigo, hanno avviato da qualche mese la coltura di quella pianta dalle mille risorse e dai mille impieghi, la canapa appunto, messa finora all’indice dal proibizionismo. Sul vulcano è spuntato il marchio Canapa dell’Etna, e nei tre ettari dei fratelli Michele e Carmelo D’Agostino c’è tutto un via vai di idee, braccia e curiosità per i traguardi che, di questo passo, potrebbero arrivare presto. Per adesso ci sono tanti floridi arbusti che prendono piede nel cuore di un’impresa agricola finora tutta centrata sulla produzione e la vendita di funghi.
«Da quando abbiamo piantato la cannabis è cambiato tutto», racconta Michele D’Agostino a MeridioNews. C’è lui in prima linea assieme al fratello e ad altri due soci di Piedimonte Etneo. Tanto che la tentazione di spostare interamente l’azienda sulla produzione di cannabis light esiste già, anche se «solo pensarci sembra una follia». Ma adesso che la canapa è legale tutto sembra diventare possibile. Come dar nuova prova della fertilità fuori dal comune della terra dell’Etna. «Non ne abbiamo ancora la certezza, ma sembra proprio che il nostro terreno lavico faccia davvero bene alle piante, risponde ottimamente. Sapremo di più con il raccolto di settembre», spiega Michele. Che si è affidato a un esperto spagnolo per avviare la coltivazione e approfondire la conoscenza di pregi ed esigenze della canapa, coltura di antica tradizione in Italia, assai diffusa fino alla Seconda guerra mondiale. «Anche trovare agronomi preparati su questa pianta è complicato visto che tutto, fino a poco tempo fa, era illegale». E nel 2018, con la canapa dell’Etna, che si fa? «Un utilizzo soprattutto alimentare e ricreativo, vendiamo le infiorescenze ai tanti shop che stanno nascendo». Sui banconi dei negozi si trova di tutto, anche oli e paste all’aroma di cannabis. Le infiorescenze si trovano in barattolo. C’è poi il filone dell‘utilizzo tessile e anche nella bioedilizia.
E gli spinelli? I fiori, in teoria, non vanno fumati ma la legge 242 del 2016 lascia spazio ad alcune ambiguità. A dispetto delle incertezze, intanto, il mercato è partito in quarta. «Qui non c’è nulla di criminale – ripete D’Agostino – solo tante potenzialità». Fiutate, a quanto sembra, anche dai Paesi esteri. «Siamo in contatto con imprenditori da Canada, Svizzera e Malta, molto interessati a capire cosa si può sbloccare in Sicilia intorno a questo commercio», aggiunge il coltivatore. Le condizioni climatiche, la disponibilità di terreni, parrebbero dunque stuzzicare anche l’intraprendenza degli stranieri. «Uno di loro è venuto qui per proporci di comprare tutto, volevano rilevare un’azienda già avviata come la nostra – racconta ancora Michele – anche se la produzione di funghi non l’abbiamo accantonata». C’è poi l’interesse domestico: «Molti ragazzi vengono qui e dicono di voler fare un lavoro di questo tipo». D’Agostino accarezza questa particolare variante del ritorno all’agricoltura spesso predicato per il Mezzogiorno: «Coinvolgere i ragazzi a spasso è una delle nostre idee – conclude – tanti terreni oggi abbandonati potrebbero essere recuperati con la canapa e coltivati da chi ha voglia di impegnarsi».
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