Nel giorno in cui, puntuale dal 1998, compare il ricordo del vecchio capomafia sul quotidiano più diffuso in Sicilia, gli inquirenti sottolineano come si allarghino le crepe tra chi protegge la latitanza del vertice di Cosa Nostra. Emergerebbe «l'irrequietezza di alcuni affiliati sull'attuale gestione del potere criminale»
Sul Gds il necrologio di Messina Denaro padre In ambiente del boss «insofferenza per immobilismo»
«I tuoi cari». Tre parole per ricordare sul Giornale di Sicilia Francesco Messina Denaro, a 17 anni dalla morte avvenuta il 30 novembre del 1998. Il padre del boss Matteo, ritenuto il capo di Cosa Nostra siciliana, morì da latitante e il corpo fu fatto trovare nelle campagne di Castelvetrano. Si accertò che il capomafia era stato stroncato da un malore nel sonno.
Oggi, come ogni anno, sul più diffuso quotidiano siciliano, è comparso puntuale il necrologio. Più stringato rispetto a quello degli anni scorsi, quando, in alcuni casi, i parenti fecero pubblicare anche frasi in latino ed estratti del Vangelo, come: «Ti vogliamo bene, sei sempre nei nostri cuori», oppure «Spatium est ad nascendum et spatiumest ad morendum sed solum volat qui idvolt et perpetuo sublimis tuus volatusfuit» («È tempo di nascere ed è tempo di morire ma vola soltanto colui che vuole e il tuo volo è stato per sempre sublime»).
Nel frattempo oggi gli inquirenti hanno fatto luce sull’omicidio nel 2009 del pregiudicato Salvatore Lombardo, ucciso per uno sgarro a un uomo vicino a Matteo Messina Denaro: il furto di un camion destinato a un supermercato gestito da quello che è considerato un favoreggiatore del latitante. Nell’ambito di questa inchiesta, i pubblici ministeri di Palermo – Maria Teresa Principato, Carlo Marzella e Francesco Grassi – sottolineano che cresce «il senso di insofferenza» manifestato dall’ambiente di Castelvetrano vicino alla famiglia del capomafia, per i ripetuti arresti dei familiari e fiancheggiatori del latitante «e per l’immobilismo di quest’ultimo». Da quanto raccolto dalla polizia e dai carabinieri emergerebbe «l’irrequietezza espressa da alcuni affiliati sull’attuale gestione del potere criminale in Sicilia».