Erano in molti a piegarsi alle richieste del racket, secondo quel che è emerso dall’operazione Maredolce2. «Chiudendo tutte cose dovremmo arrivare ad agganciare sopra i tremila euro». E se i soldi non bastavano, si pretendevano anche le cassate
Sui pizzini di Brancaccio l’elenco di chi estorcere «Per questo Natale li hanno portati tutti i picciuli»
«Autosalone, abbigliamento, panificio». Sono tanti, tutti simili, i nomi trovati sui pizzini del mandamento mafioso di Brancaccio. Erano le tappe fisse dei soldati che passavano di là per riscuotere i picciuli per le feste o a titolo di «pensierino per i cristiani nelle celle». «All’ultimo mi deve dare i soldi! Se non è possibile questo mese, poi il mese entrante», si dicono, intercettati, alcuni del mandamento. Consigliandosi anche di girare da soli, visto che «i cristiani siamo assai sotto osservazione». Anche per questo, tra le raccomandazioni che si fanno tra loro, c’è quella di girare come minimo con i documenti in regola, in caso di incappare in qualche banale controllo per strada. Mentre alla luce del giorno portano avanti i propri affari per tutto il quartiere. Corso dei Mille, via Sant’Alberto degli Abbati, via Messina Marine, via Buonriposo, via Belmonte Chiavelli, viale dei Picciotti. Tante le zone sotto controllo. Ma era via Maurizio Quadrio la prediletta, invece, per incontrarsi e discutere dei loro piani.
«E allora…Io ho quasi finito tutto il giro! Io sono andato da questo dei mobili e il tappezziere. Più sopra, lui me l’aveva detto che forse… comunque…non ce l’hanno», alludendo a un commerciante che avrebbe detto di non avere soldi per loro. «Chiudendo tutte cose dovremmo arrivare ad agganciare sopra i tremila euro – risponde un altro, più ottimista -. Ho avuto una storia con quello…delle scarpe. Questo che ogni volta deve babbiare, è vastaso». Dice di uno che si sarebbe addirittura permesso di suggerirgli che giri fare e da chi andare. «Gli ho detto “vedi di darti una controllata!”. Siccome c’ha le telecamere, noi annaghiamo i picciuli e ce ne siamo andati!». E se, visto la crisi, qualcuno non poteva versare le somme di denaro richieste, c’era sempre una possibile soluzione alternativa per non rimanere a mani vuote. Come nel caso di un pasticcere della zona.
«Sono andato a fare il carabiniere pure con le cassate – si sente nelle intercettazioni -. Gli ho detto “Zi Ni!… Ma lei sempre a che dire ha? È lei solo che mi mette tutte queste storie! Ma cortesemente…lei fa un pensierino che lei fa…se non lo vuole fare niente”. Per quanto riguarda questo Natale tutti li hanno portati i picciuli». Che siano soldi o dolci o altra merce, lo scopo rimane sempre lo stesso, quello di marcare il territorio per affermare e ribadire il proprio controllo. Persino attraverso la pretesa di qualche cassata senza pagarla. «La vicenda rischia quasi di destare ilarità se non fosse che dietro quella richiesta vi è l’essenza predatoria dell’imposizione mafiosa tesa ad affermare la propria presenza sul territorio ottenendo il riconoscimento degli esercenti; un riconoscimento di qualsiasi tipo», per dirla con le carte dell’inchiesta.
Negozi di detersivi, mobilifici, c’è stata per un po’ anche una pescheria di corso dei Mille in elenco. Ma quest’affare è stato poi messo da parte. «Là ci livamu manu, quest’anno zu Ni… troppo mali cuosi ci sono, scunzavu… il fatto di questo discorso che si deve prendere per forza la tunnina a Sant’Erasmo a tre euro come dicevano loro e io scunzavu…Dice “mi devi dare un euro a chilo, quanto è il pesce? Mi devi dare duecentocinquanta euro”. Sono andato a chiamare a mio zio e accurdaru il discorso … Siccome già con questa persona abbiamo avuto a che dire che a Carmelo glie’ho tolto dalle mani che gli stava appizzannu il legno qua… prima che arriviamo a mali discorsi, evitiamo e abbiamo smontato tutte cose, che dobbiamo fare? ». Mafiosi che sanno rinunciare, sembrerebbe. Meglio non attirare troppo l’attenzione. Specie se, volente o nolente, a piegarsi alle loro richiesta è praticamente l’intero quartiere.