Studenti, docenti, sindacati a Palermo Tutti uniti contro la Buona Scuola

La sensazione a caldo è che ci si trovi di fronte a una mobilitazione di massa pari a quella che cinque anni fa osteggiò – senza successo – la riforma Gelmini. In migliaia stamattina si sono radunati in piazza Marina, a Palermo, per protestare contro la Buona Scuola del governo Renzi. Che siano o meno «una minoranza chiassosa», come l’ha definita il sottosegretario all’Istruzione, Davide Faraone, è un fatto che il pacifico serpentone dei manifestanti fosse abbastanza corposo da occupare ininterrottamente l’intero Cassaro fino a via Roma.

A sventolare bandiere, reggere striscioni e cantare cori contro il premier Matteo Renzi e il ministro Stefania Giannini si sono presentati anche dalla provincia: Capaci, Monreale, Altofonte. C’erano le parti sociali, Flc Cgil, Cisl Scuola e Uil Scuola, Snals, i Cobas e la Gilda, l’associazione nazionale dei comitati di base degli insegnanti. C’erano genitori e studenti di tutte le età, dalle elementari al liceo, e pure una rappresentanza degli universitari. C’erano il personale Ata e la Spi Cgil, il sindacato dei pensionati. E c’erano loro, presidi e docenti da tutte le scuole, dal classico allo scientifico agli istituti tecnici e comprensivi. Sono loro lo zoccolo duro della protesta che respinge al mittente uno dei punti cardine della riforma, la figura del preside manager che nomina i professori per chiamata diretta.

Intorno alle 10 il fiume umano ha lasciato piazza Marina per risalire corso Vittorio, girare per via Roma, salire ancora da via Mariano Stabile e convergere su piazza Verdi, al Teatro Massimo. Traffico impazzito alla Cala e in centro, anche perché contemporaneamente lungo via Roma si snodava l’altro corteo, quello degli studenti medi duri e puri, contrari ad ogni compromesso. Nel corteo principale erano tutti armati di fischietti e slogan. Il più gettonato è «La buona scuola siamo noi», ma anche «No ai presidi sceriffo», «Difendiamo la scuola pubblica», «Riforma sì ma non così». 

Molto alta l’adesione delle scuole. In piazza, fra gli altri, il Garibaldi, il Volta, il Nautico, l’Einaudi, l’Ernesto Basile, il Russo-Raciti, il Colozza-Bonfiglio, l’Umberto, il Saladino, il Galilei, il Montalcini, il Vittorio Emanuele II, il Principessa Elena di Napoli, l’Orestano. Ed è un elenco solo parziale. Alcuni docenti hanno in mano campanacci da mucca, «poveri come la scuola che vuole Renzi», spiegano. Altri cantano un testo alternativo, «dedicato a Matteo», di Tristezza di Ornella Vanoni.

«Oggi tutte le scuole sono chiuse per difendere il diritto allo studio e i precari – dice Franca Giannola, 56 anni, dirigente scolastico della direzione didattica La Fata di Partinico e segretaria della Flc Cgil di Palermo -. Prima di fare leggi raffazzonate e frettolose bisogna rinnovare i contratti, senza il ricatto che altrimenti i precari non entreranno di ruolo. Poi si può parlare di riforme». Per la segretaria provinciale della Gilda Unams, Giovanna Campanella «di questa riforma non funziona il potere assegnato ai presidi e sottratto al collegio docenti, non funzionano i finanziamenti alla scuola privata, non funziona tutto l’impianto. Vengono spezzati i presupposti della collaborazione e della pari responsabilità tra il dirigente e il collegio docenti, favorendo la competizione. Questo influirà anche nel rapporto con gli alunni. La scuola forma persone, non lavoratori». 

«Chiediamo una scuola basata sull’uguaglianza sociale, che includa i meno abbienti – afferma il coordinatore regionale degli studenti medi, Andrea Manerchia -. Prima di ripartire da meritocrazia e competitività bisogna pensare al diritto allo studio. Sarà fondamentale la coesione fra sindacati, studenti e insegnanti. Per questo siamo presenti in tutte le manifestazioni in giro per la Sicilia». La scuola Montegrappa ha deciso di restare chiusa domani e dopodomani per far saltare le prove Invalsi. 


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