Strage di Capaci, il giorno delle commemorazioni Polemica sul presidente Fico che non canta l’inno

L’anno scorso ricorreva il 25esimo anniversario dalla strage di Capaci, che uccise in un colpo solo il giudice Giovanni Falcone, la moglie Francesca Morvillo, gli agenti della scorta Vito Schifani, Rocco Dicillo e Antonio Montinaro. E forse proprio per questo il ricordo del 2018 rischia di passare un po’ in sordina. I riti della memoria sono sempre quelli, ma la partecipazione della città stenta a diventare parte attiva, a distanza di 26 anni da quei tragici eventi. La presenza delle istituzioni a Palermo resta compatta, anche se di quella strage mancano ancora i nomi dei mandanti e complici.

Forse proprio per questo il neopresidente della Camera Roberto Fico ha scelto di non cantare l’inno di Mameli, restando con le mani in tasca, all’arrivo della nave della legalità al porto della città. Un gesto, quello dell’esponente pentastellato, che è stato interpretato come un segno di rottura rispetto alla retorica e al protocollo. E che ha già suscitato le prime polemiche, specie sui social. A bordo della nave i mille ragazzi che hanno viaggiato tutta la notte partendo da Civitavecchia dopo il saluto del capo dello stato Sergio Mattarella. Ad accoglierli appunto Fico, la presidente della Fondazione Falcone, Maria Falcone, il sindaco di Palermo Leoluca Orlando, il vicepresidente del Csm Giuseppe Legnini.

I ragazzi sono scesi dalla nave srotolando un manifesto con i volti e i nomi delle vittime delle stragi di Capaci e via d’Amelio. Ieri sera nel corso degli incontri con gli studenti sulla nave è intervenuta Claudia Loi, sorella dell’agente delle scorta Emanuela, che ha ribadito quanto siano importanti iniziative come queste a sostegno della legalità cosicché non debba più essere necessario morire per difendere certi valori.

«Gli insegnanti ci permettono di far camminare le idee di Giovanni sulle gambe di tanti giovani e ci danno la speranza che ce la possiamo fare. Non abbiamo ancora vinto le mafie. E le notizie degli ultimi giorni ci danno la consapevolezza che esiste una mafia silente. Vogliamo continuare a coltivare la speranza». Così la presidentessa della fondazione Falcone, Maria Falcone, ha commentato l’arrivo dei giovani da tutta l’Italia.

Il ricordo è affidato ai protagonisti del maxiprocesso, tra questi l’ex presidente del Senato Pietro Grasso. «Volevo combattere questo fenomeno violento che avevo conosciuto fin da ragazzo – dice – Per me essere al maxiprocesso era il compimento di un percorso. Volevo esserci. Tantissimi i capi di imputazione. Questo era lo scopo del pool: fare vedere il fenomeno complessivo della mafia». «Michele Greco – continua – ci augurò la pace prima che entrassimo in camera di consiglio. Io l’ho interpretata come pace nelle nostre coscienze. Così è stato». Grasso ha poi ricordato le scorte. «Ci sono dei rapporti di familiarità con le scorte, il rapporto tra magistrati e scorte è qualcosa di eccezionale. Un ragazzo che era nella scorta di Borsellino ha voluto poi essere con me, nonostante il pericolo scampato. Questo fa capire quanto tengano al loro lavoro e allo Stato».

E nell’aula bunker è tornato anche Alfonso Giordano, presidente al maxiprocesso. In un video proiettato durante la giornata della memoria per la strage di Capaci Giordano dice: «Ricordo ancora tutti quei giorni passati qui in attesa della conclusione di un processo che sembrava lontano da ogni possibilità umana. Fino a quel momento si credeva che la mafia non potesse essere giudicata». Come vuole essere ricordato Giordano? «In un solo modo – risponde – e cioè come colui che ha gestito il processo con compostezza e in pace con la propria coscienza».

«Se non combattiamo il rapporto tra mafia e politica non combatteremo mai fino in fondo le mafie e sciogliere i consigli comunali è il primo anello per farlo» dice il ministro dell’Interno, Marco Minniti. «Abbiamo sciolto 37 consigli comunali in 16 mesi per infiltrazioni, nel 2016 ne erano stati sciolti 8. Quando si fa non è una festa per la democrazia eppure sono strumenti doverosi e necessari». Tra i presenti anche il figlio di Vito Schifani, morto a 27 anni insieme a Giovanni Falcone, Francesca Morvillo e i colleghi della scorta. Antonio Emanuele, oggi tenente della Finanza, è stato chiamato sul palco nel corso della manifestazione.


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