Strage di Capaci, auto della scorta torna a Palermo «Non li hanno uccisi, macinano ancora chilometri»

Di quell’automobile, la Quarto Savona 15, resta ancora visibile uno pneumatico, i resti di un sedile e quel contachilometri fermo al numero 100 mila e 287. Eppure, anche se ridotta a un groviglio di lamiere marrone, continua a viaggiare per le strade d’Italia. Fino a Palermo, dove arriverà il 21 maggio: alle 11.30 il Movimento dei poliziotti e duecento ciclisti la accoglieranno alla rotonda di via Oreto. Sarà scortata fino alla caserma Pietro Lungaro, dove sosterà fino a domenica pomeriggio. Alle 8.30 del 23 maggio raggiungerà il Giardino della memoria, in occasione del 25esimo anniversario della strage di Capaci, giorno in cui a perdere la vita insieme al giudice Giovanni Falcone e alla moglie Francesca Morvillo furono anche gli agenti di scorta a borda di quell’auto. «È un’idea che parte sicuramente da me, ma tutta l’organizzazione si è potuta mettere in piedi grazie alla polizia di Stato, che mi sta accompagnando in questo viaggio da Nord a Sud. Proprio adesso sono in autostrada, e viaggio dietro la Croma blindata». 

Lei è Tina Montinaro, vedova di Antonio, il capo della scorta del giudice Falcone, morto prima ancora di compiere 30 anni. «La prima volta che l’ho vista con i miei occhi, questa macchina, è stato circa cinque anni fa. È lì che mi sono resa conto che di fatto di Antonio, Vito e Rocco non potevamo trovare nulla, visto com’è ridotta l’auto, che fu presa in pieno dal tritolo». La Croma marrone su cui viaggiava Montinaro insieme ai due agenti Vito Schifani alla guida e Rocco Dicillo seduto dietro, infatti, si trovava davanti e fu la prima a essere investita dalla violenza della deflagrazione, seguita a ruota dalla Croma bianca con a bordo il giudice Falcone, la moglie Francesca e l’autista Giuseppe Costanza. A chiudere la fila la Croma azzurra, con gli altri agenti di scorta Paolo Capuzza, Angelo Corbo e Gaspare Cervello, sopravvissuto all’attentato. Le tre auto blindate provenivano dall’aeroporto di Punta Raisi e saltarono in aria sulla A29 all’altezza di Capaci.

«Ho preso la macchina da Peschiera del Garda, nella scuola della polizia, giorno 1 maggio e da lì è iniziata questa memoria in marcia», racconta Tina. Prima di arrivare a Palermo, si fermerà a Riccione, Napoli, Vibo Valentia e Locri. L’auto viaggia in strada sul carro attrezzi della polizia, custodita all’interno di una teca di vetro. Le condizioni in cui si trova da quel giorno, quindi, sono subito visibili a chiunque. Tuttavia, non è un’idea ispirata semplicemente dalla ricorrenza del 25esimo anniversario della strage di Capaci: «Anche in passato ho fatto muovere la macchina, perché penso che Antonio, Rocco, Vito non si debbano fermare – continua – Per una ventina d’anni l’auto è stata custodita dentro l’autoparco della polizia di Stato a Messina, poi l’abbiamo presa e l’abbiamo trasferita nella scuola di polizia di Peschiera del Garda, da dove a inizio mese è partito il suo viaggio fino a Palermo».

«Mi aspetto che quest’auto venga guardata come la guardo io, come la guarda la polizia, per fare in modo che determinate cose non accadano più e per fare capire cosa sono stati capaci di fare», dice ancora Tina. «E poi mi aspetto sicuramente rispetto per questi tre poliziotti. Per me simboleggia la tomba di Antonio, Vito e Rocco. Ma non è portatrice di un messaggio di morte, tutt’altro, è proprio per questo che la portiamo in giro, per dimostrare che i mafiosi non li hanno uccisi, perché la macchina continua a macinare chilometri».


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