Strage Capaci, l’appello di Maria Falcone e dell’Unci «Fiat Croma sia esposta al Giardino della Memoria»

La cultura della legalità si nutre di simboli. Ne è certa Maria Falcone, sorella del magistrato ucciso dal tritolo di Cosa nostra nella strage di Capaci, insieme alla moglie Francesca Morvillo e gli agenti di scorta Vito Schifani, Rocco Dicillo, Antonio Montinaro. Così da Palermo lancia il suo appello, insieme all’Unci, al ministro della Giustizia Andrea Orlando: la Fiat Croma di Giovanni Falcone, «simbolo doloroso» dell’eccidio sia esposta nel Giardino della Memoria di Ciaculli, a Palermo. 

Le ragioni per accogliere la Croma distrutta nell’attentato mafioso sono nelle parole di Maria Falcone. «Il forte impatto dell’auto di Giovanni accartocciata dall’esplosivo – dice – rafforza la memoria dei martiri della lotta alla mafia». Un tributo alla memoria di chi non c’è più, ma anche un invito a ricordare «l’impegno di chi continua a lavorare con onestà e abnegazione». Di più. Per Maria Falcone quel simbolo «sarà da monito per le giovani generazioni che la visiteranno con le scuole, contribuendo a diffondere la cultura della legalità, che per i giovani si nutre anche di simboli a forte carica emotiva». 

Quell’auto accartocciata sotto il peso del tritolo di Cosa nostra e dell’asfalto dell’autostrada squarciata è oggi nella disponibilità del dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria che fa capo al ministero di via Arenula. Nei giorni scorsi era stato il giornalista Sandro Ruotolo ad accendere i riflettori sulla faccenda. Sul suo profilo Facebook aveva spiegato: «È esposta in una enorme teca di vetro in uno dei cortili della scuola di polizia penitenziaria a Roma. A due passi dal raccordo anulare. Come potrete ben capire non è aperta al pubblico e l’accesso non è per tutti». Così su Change.org era partita una petizione per chiedere di esporre pubblicamente quell’auto, simbolo della lotta alla mafia e di un intero Paese. 

«Rivolgiamo l’accorato appello al ministro Orlando – dice adesso il presidente dell’Unione nazionale cronisti italiani, Alessandro Galimberti – consapevoli della forza simbolica e della cultura dei valori civili e democratici che il Giardino di Ciaculli oggi rappresenta per l’intero Paese». Nel Giardino della Memoria crescono decine di alberi piantati in ricordo di chi ha offerto la vita per la libertà dalla mafia. Tra i visitatori che hanno reso omaggio negli anni alla memoria collettiva ci sono il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, all’epoca giudice costituzionale, il predecessore Giorgio Napolitano, l’ex presidente del Consiglio Mario Monti durante il suo incarico, il presidente della Commissione nazionale antimafia, Rosy Bindi, oltre ai vertici nazionali della Polizia, dei Carabinieri, della Guardia di finanza, della Dia e dell’Esercito. 

Secondo il vicepresidente dell’Unci, Leone Zingales, Palermo può costituire «la sede naturale per un reperto così simbolico dell’aggressione di Capaci, da cui è partita la riscossa dello Stato. La visione di quell’auto accartocciata dal tritolo servirà ai tantissimi giovani che già frequentano il Giardino della Memoria per non dimenticare le terribili vicende di quegli anni». Sulla stessa lunghezza d’onda anche il sindaco di Palermo, Leoluca Orlando. «Quella macchina – spiega – rappresenta non soltanto la strage di Capaci e non soltanto il sacrificio di Giovanni Falcone, Francesca Morvillo e degli agenti della scorta, ma rappresenta la strage di decine e decine di uomini e donne, servitori dello Stato e semplici cittadini, che hanno dato la loro vita per combattere il crimine ed ogni forma di convivenza tra mafia e politica». Così accogliere quella macchina al Giardino della Memoria, «simbolo della vita che rinasce e dell’importanza di tenere vivo il ricordo dei caduti contro la mafia, – conclude il sindaco – avrebbe un ancor maggiore valore simbolico».


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Nei giorni scorsi era stato il giornalista Sandro Ruotolo ad accendere i riflettori sulla faccenda. «È esposta in una enorme teca di vetro in uno dei cortili della scuola di polizia penitenziaria a Roma - aveva detto -. Non è accessibile a tutti». Immediata era scattata una petizione on line su Change.org

Nei giorni scorsi era stato il giornalista Sandro Ruotolo ad accendere i riflettori sulla faccenda. «È esposta in una enorme teca di vetro in uno dei cortili della scuola di polizia penitenziaria a Roma - aveva detto -. Non è accessibile a tutti». Immediata era scattata una petizione on line su Change.org

Nei giorni scorsi era stato il giornalista Sandro Ruotolo ad accendere i riflettori sulla faccenda. «È esposta in una enorme teca di vetro in uno dei cortili della scuola di polizia penitenziaria a Roma - aveva detto -. Non è accessibile a tutti». Immediata era scattata una petizione on line su Change.org

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