da Giuseppe Scianò, Corrado Mirto e Giovanni Basile
riceviamo e pubblichiamo e volentieri pubblichiamo
“Gli Indipendentisti di lu Frunti Nazziunali Sicilianu “Sicilia Indipinnenti” ribadiscono, con umiltà ma con fermezza, che gli Organi di informazione, i Sindacati, i Partiti politici, i Politicanti stessi e le Istituzioni non possono e non debbono accettare nè agevolare con l’immobilismo – o addirittura con la rispettiva complicità – il “DECLASSAMENTO” in corso, o peggio la prevedibile condanna a morte, del Cantiere Navale di Palermo. Del quale occorre, invece, rilanciare, rivalutare ed “ALLARGARE” il ruolo, le strutture, le professionalità, i servizi e l’indotto. Ed anche il livello occupazionale.
Occorre, intanto, in “scala” siciliana, avere il coraggio di dire: BASTA ALL’OPERA DI DEINDUSTRIALIZZAZIONE! BASTA ALLA SPECULAZIONI FINANZIARIE, POLITICHE, ECONOMICHE ED URBANASTICHE (Sì: urbanistiche!) ALLE QUALI FAREBBE COMODO LA DISTRUZIONE E/O LA DELOCALIZZAZIONE DELL’INDUSTRIA CANTIERISTICA SICILIANA!
Né possono rimanere “SECRETATE” d inascoltate le conclusioni della recente inchiesta giornalistica di GIOVANNI PATERNA (vedi “IL CAFFE'” dell’11 gennaio u.s.). Dal contenuto dell’INCHIESTA appare doveroso trarre molte logiche deduzioni, come quella secondo la quale, anche se non più di proprietà siciliana, non si può negare che lo stesso Cantiere rimanga una delle pochissime industrie – (ed anche la maggiore) – fra quelle che incidono sostanzialmente sulla “produttività”, sul lavoro, sulla “cultura del lavoro”, e sull’Economia dell’intera Sicilia.
Per quanto riguarda il solo coinvolgimento della Città di Palermo, dal punto di vista OCCUPAZIONALE, scrive ancora il Paterna: 400 operai specializzati, 145 impiegati, un INDOTTO INTERNO di 1.200 persone ed uno ESTERNO di circa 700. >> Non è poco, soprattutto in una Palermo, in una Sicilia, dove il pubblico impiego (1) (nel senso lato del termine, per comprendere tutto ciò che grava sull’ERARIO PUBBLICO), già di dimensioni elefentiache, viene, spesso e volentieri, pompato, gonfiato, usato e strumentalizzato, soprattutto per ossessionanti finalità clientelari ed elettoralistiche. Un’opera che si esegue senza alcun riferimento, nè rispetto, per la “produttività”, per le professionalità e per le finalità istituzionali. Nonchè per l’esigenza dfi fornire quei servizi al cittadino, alla Comunità Siciliana, alla Società, che il SETTORE “PUBBLICO” dovrebbe curare di fornire, innanzitutto.
Non solo: il pubblico impiego viene CONTRABBANDATO per sbocco occupazionale di alto contenuto sociale. Mentre, come si sa, è, molto più spesso, l’esatto contrario, diventando PRIVILEGI ed INGIUSTIZIE SOCIALI. In tale contesto, nel quale dominano la “CULTURA” del parassitismo, del voto di scambio, dell’ANTISICILIA ad ogni costo, è probabilmente più facile, per chi opera appunto in malafede, ASSASSINARE UNA INDUSTRIA PRODUTTIVA E/O TRASFERIRNE GLI IMPIANTI E LE POTENZIALI “COMMESSE” FUORI DALLA SICILIA.
Come ha, a sua volta, dichiarato sull’argomento il Prof. Fabio CANNIZZARO, in un attivo dell’FNS svoltosi di recente a Messina: ” A tutti ricordiamo che l’eventuale, probabile “scomparsa” del Cantiere Navale finirebbe per rendere più povera, economicamente e socialmente l’intera Sicilia. A nessuno può e deve sfuggire, se in buona fede, quanto importante sia stato e sia ancora la presenza di un presidio industriale ed operaio nella Capitale della nostra amata Sicilia. Un presidio di lavoro, speranza, legalità da opporre e contrapporre a modelli invirtuosi come quello mafioso. La vertenza per il Cantiere Navale è, dunque, la vertenza di tutti i Palermitani,di tutti i Siciliani”.
L’FNS, insomma, ritiene che ogni eventuale tentativo di assassinare il Cantiere Navale di Palermo, e lo stesso settore della CANTIERISTICA SICILIANA, debba essere quantomeno portato a conoscenza dell’opinione pubblica siciliana, oltre che di quella europea, e debba essere TEMA di un vero confronto elettorale e politico di FATTI, però, non di parole, di politichese e di sindacalese.
E a conoscenza dell’opinione pubblica siciliana, oltre che di quella europea, vada portata la SCANDALOSA realtà del “FATTO” che non esiste in Sicilia una STRATEGIA, autenticamente siciliana, -sinceramente siciliana, – per la CANTIERISTICA, appunto, Siciliana.
NOTA (1)
Sono doverose alcune puntualizzazioni.
Abbiamo adoperato il termine pubblico impiego, forse impropriamente, ma con il preciso intento di comprendere, in tale denominazione, quella miriade di ENTI, privati e pubblici, di Associazioni politiche e/o culturali, o di attività cooperativistiche, sociali, eccetera, classificate e denominate variamente, che comunque dispongano di dipendenti apparentemente a carico degli stessi Enti. Mentre, sostanzialmente, questi sono MANTENUTI, totalmente o per la maggior parte degli emolumenti percepiti con fondi provenienti, direttamente o indirettamente, dallERARIO PUBBLICO.
Abbiamo il massimo rispetto per questi Enti e per questi lavoratori, ma la realtà è quella che è, oltre che per gli oneri finanziari, anche dal punto di vista della produttività.
Dobbiamo, altresì, cogliere loccasione per ribadire che la politica occupazionale, seguita dal 1947 dalla Regione Siciliana, dirotta su questi tipi di OCCUPAZIONE anche risorse finanziarie preziose che, se utilizzate in spese di investimento, avrebbero reso grandi servigi alla Comunità Siciliana in termini di lavoro, di occupazionalità e di attività produttive.
Il risultato di questa politica, ancora oggi imperante, è OSCENO: la Sicilia è diventata, ancora di più che nel passato, un mercato di assorbimento di prodotti di ogni genere, anche elementari, che si producono altrove.
Non crediamo che tutto ciò sia avvenuto a caso e senza secondi fini.
Ne riparleremo.
Giuseppe Scianò
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