A distanza di tre decenni, l'indagine che ha portato all'operazione Samael è nata «da un momento di crisi finanziaria dell'organizzazione che ha cominciato a intaccare gli investimenti storici», ricostruiscono gli inquirenti. Guarda il video e le foto
Stangata al patrimonio trentennale dei Santapaola Prestanome insospettabili e società salvadanaio
«Un’indagine un po’ particolare». È così che il vicecomandante del Ros dei carabinieri di Catania, Giancarlo Scafuri, ha definito l’operazione Samael (nome che, nella tradizione ebraica indica un angelo caduto dal suo stato di grazia) che ha portato all’arresto di nove persone – accusate a vario titolo di associazione mafiosa, concorso esterno, estorsione, riciclaggio, trasferimento fraudolento di valori e illecita concorrenza con minaccia – e al sequestro di un patrimonio di 12 milioni e 660mila euro fatto di società e beni immobili. «Un’indagine tipicamente patrimoniale – spiega – che ha consentito una ricostruzione certosina di circa trent’anni di investimenti fatti dal clan Santapaola-Ercolano quando c’era ancora la vecchia lira e gestiti, pure bene, da prestanome anche insospettabili».
A distanza di tre decenni si ricostruisce la storia di un patrimonio enorme risalente a vecchi investimenti fatti da Benedetto Santapaola, Aldo Ercolano e Francesco Mangion e sulla gestione da parte di imprenditori che si sarebbero prestati a ricevere capitali di provenienza illecita e a reinvestirli in attività lecite. L’indagine nasce «da un momento di crisi finanziaria del clan che comincia a intaccare anche gli investimenti storici», illustrano gli inquirenti.
Il principale indagato è
Giuseppe Cesarotti. Ritenuto uomo d’onore che aveva dato sostegno logistico durante la latitanza di Benedetto Santapaola. «Lui aveva ancora il privilegio di potersi interfacciare direttamente con la famiglia di sangue – sottolinea il comandante del Ros – e, in virtù del suo antico legame di fiducia, costituiva la cinghia di collegamento per il clan». Degli originari investitori era lui l’unico libero e vivente. Per rientrare in possesso del denaro a suo tempo investito, Cesarotti sarebbe anche diventato il garante degli interessi di chi «è nell’altra vita» dice lui stesso riferendosi a Mangion e di «coloro che sono sepolti vivi», ovvero gli ergastolani Santapaola e Ercolano.
È dalle sue conversazioni con
Giuseppe Mangion (detto Enzo), figlio del defunto Francesco detto Ciuzzu u firraru e già consigliere di Nitto Santapaola, che partono gli investigatori. Stando a quanto ricostruito, Cesarotti avrebbe consegnato a Mangion cospicue somme di denaro contante, una parte delle quali era destinata ai figli di Santapaola e alla moglie di Ercolano (che è la sorella di Enzo Mangion). Seguendo il filo rosso dei contatti tra Cesarotti e Mangion è emerso che l’imprenditore farmaceutico Mario Palermo, tra gli anni Ottanta e Novanta, come titolare fittizio della società Tropical Agricola Srl (oggi sequestrata e già Antoniocostruzioni Srl) avrebbe acquistato beni immobili con fondi provenienti da Santapaola, Ercolano, Mangion e Cesarotti (effettivo titolare della società). Sarebbe stato lui poi, negli anni Novanta, a curare la latitanza di Ercolano e Mangion. Nel corso dell’indagine sarebbe emerso il suo impegno, in concorso con Cesarotti e Mangion, nell’alienazione a favore di terzi in buona fede del patrimonio immobiliare della società. L’ammontare dell’originario investimento è stato quantificato in due milioni di vecchie lire.
A disposizione dell’organizzazione sarebbe stato anche
Francesco Geremia che «vestito da consulente e presentandosi come delegato della società, era il faccendiere che curava una parte degli interessi della Tropical Agricola, società che è stata il salvadanaio del clan Santapaola-Ercolano». Sarebbe stato lui a curare, per conto degli associati, i rapporti con le pubbliche amministrazioni e, in particolare, con il Comune di
Catania
.
Negli anni Novanta Santapaola, Ercolano, Mangion e Cesarotti, tramite la società
Mascali Srl, acquistano un rilevante appezzamento
di terreno sul quale
realizzare immobili. Negli anni 2000, la società viene venduta a ignari imprenditori
che diventano oggetto di richieste
estorsive
formulate da Cesarotti per recuperare così le somme investite. Dopo la pretesa dell’intestazione di un appartamento, per sollecitare gli imprenditori a pagare, Cesarotti avrebbe ordinato l’incendio dello stabilimento balneare di Mascali Jaanta Bi, avvenuto la notte tra il 24 e il 25 agosto del 2017.
Minacce e aggressioni fisiche per tentare di rientrare in possesso della quota degli investimenti (quantificata in un milione e 800mila lire). Nello specifico, dopo la cessione della società, Cesarotti si sarebbe presentato dagli imprenditori come loro creditore
ottenendo il pagamento tra il 2007 e il 2011 di circa 500mila euro. Negli anni successivi, le richieste e le pressioni sarebbero continuate fino all’incendio. Di questa vicenda si trova traccia anche nella sentenza Orsa Maggiore: «I Cesarotti provvedevano a reinvestire i proventi illeciti per conto della
famiglia Santapaola,
sfruttando le loro conoscenze con il sindaco di Mascali Biagio Susinni per
conto di Santapaola dovevano acquistare dei terreni agricoli che presto sarebbero diventati
edificabili
».
Altri beni immobili erano stati acquistati, sempre negli anni Novanta, tramite la società
Co.Invest Srl. Per questo, è stato disposto il sequestro di beni riconducibili a Cesarotti: circa 20 ettari di terreni a Belpasso e villette a Marina di Gioiosa (in provincia di Reggio Calabria). Durante l’indagine, è stato inoltre accertato che Giuseppe e Salvatore Cesarotti, anche se formalmente estranei
agli assetti della
Lt Logistica e Trasporti Srl e della Gr Transport Logistics Srl (adesso tutte e tre sequestrate), avrebbero «personalmente curato e fatto fronte, con metodo mafioso, alle vicissitudini aziendali, intervenendo
tanto sui committenti quanto sugli altri operatori del settore dei trasporti» per acquisire una
posizione di monopolio sul
mercato anche con minacce e intimidazioni
.
Elenco degli arresti
Con custodia cautelare in carcere
1.
Giuseppe Cesarotti (classe 1944)
2.
Salvatore Cesarotti (figlio di Giuseppe, classe 1965)
3.
Orazio Di Grazia (classe 1982)
4.
Francesco Antonino Geremia (classe 1960)
5.
Giuseppe Mangion, detto Enzo (classe 1959)
6.
Armando Pulvirenti (classe 1955)
7.
Cateno Russo (classe 1981)
Agli arresti domiciliari
8.
Mario Palermo (classe 1944)
9.
Vincenzo Pulvirenti (classe 1952)